Lovecraft parla di Lovecraft: un’autobiografia

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In questo sito abbiamo trattato innumerevoli volte le opere di Howard Phillips Lovecraft, e ci sembra dovuto, una volta tanto, parlare dell’uomo in sé oltre che del prodotto del suo genio.

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Conosciamo ampiamente la maggior parte dei dettagli della sua vita, ma sicuramente è interessante analizzare la narrazione degli eventi che lo riguardano riportati per sua stessa bocca, anzi, penna, siccome essi sono carichi di considerazioni riguardo al mondo e a come egli percepiva la sua stessa figura.

Lovecraft intrecciava una corrispondenza epistolare fittissima con colleghi scrittori ma anche con lettori e semplici appassionati che chiedevano la sua opinione su qualche argomento. Talvolta gli interessati gli chiedevano di raccontare qualcosa di sé, a cui Howard rispondeva con la consueta cortesia e ampiezza di dettagli. Abbiamo ottenuto così, attraverso le sue lettere, un’ampia panoramica dei fatti che sono avvenuti nella sua giovinezza e soprattutto delle emozioni che ha provato attorno a essi, dandoci modo di studiare il carattere dello scrittore, della sua visione dell’arte, del mondo che lo aveva preceduto e di quello che stava cambiando davanti ai suoi occhi.

Quella che state per ascoltare è una biografia del nostro amato Sognatore di Providence tratta dalle lettere inviate a Maurice W. Moe nel 1914,  pubblicate da Hippocampus Press, qui adattata e tradotta da Ilario Gobbi.

Autobiografia di Lovecraft

Siccome tutti gli auto-biografi che si rispettino iniziano a narrare i fatti almeno da due generazioni prima, suppongo che dovrò attingere alle mie reminescenze. I Lovecraft erano una famiglia di piccoli proprietari terrieri del Devonshire, e sebbene essi abbiano generato molti clericali in seno alla Chiesa di Inghilterra, non sono a conoscenza di nessuno di essi che sia giunto a distinguersi. 

Mi azzardo a dire che non erano altro che trascurabili signorotti rurali. Mio nonno paterno, George, che non ho mai visto, emigrò a Rochester, N.Y., nella prima metà del Diciannovesimo secolo e si impiegò in un’occupazione remunerativa. In seguito si trasferì a Mount Vernon, N.Y. e sposò Helen, figlia di Lancelot Allgood, Esq., un’altra emigrante inglese, una famiglia le cui radici ancestrali risalgono alla magione di Nunwick, vicino Hexham, nel Northumberland. 

Questa unione venne benedetta dalla nascita di tre bambini. Emma, ora moglie di Mr. Isaac Hill, amministratore della scuola superiore Pelham di New York, Mary, e Winfield, padre del presente scrittore. Mio padre venne educato sia privatamente che in una scuola militare, specializzandosi in lingue moderne.

Riguardo ai miei antenati materni, da cui deriva il mio secondo nome, abbiamo una tipica linea di Yankees del New-England. I primi Phillips di questa stirpe vennero nel Rhode Island dal Lincolnshire nella seconda parte del Diciassettesimo secolo e si stabilirono nella parte occidentale della colonia, dalle parti della città di Foster. Il mio bisnonno, Jeremiah Phillips, possedeva uno dei primi mulini a Foster , abbastanza tragicamente, morì a causa delle sue stesse macchine quando era ancora giovane, lasciando mio nonno Whipple solo, all’età di tredici anni. Mio nonno venne educato alla East Greenwich Academy e dopo una breve carriera come insegnante di scuola sposò sua cugina Miss Rhoby Place. I figli di Whipple e Rhoby Phillips sono Lilian D., ora moglie del Dr. Franklin C. Clark di Providence, Sarah S. (madre <div aldell’autobiografo) , Edwin E. e Anna, ora moglie di Mr. Edward Gamwell, Editore Associato del Boston Budget and Beacon. Mia madre e zia Lillian furono entrambe educate al Wheaton Seminary di Norton, Massachussets, e furono entrambe talentuose pittrici di paesaggi a olio. Nel 1873 mio nonno si trasferì a Providence dove si dedicò agli investimenti immobiliari. Al tempo della sua morte nel 1904 era Presidente della Owyhee Land and Irrigation Co., una compagnia dell’Idaho. Sarah S. Phillips e Winfried Lovecraft si sposarono il 12 Giugno 1899 e il 20 agosto 1890 il loro unico figlio, Howard Phillips Lovecraft, nacque nella casa dei Phillips, n. 454 di Angell Street, Providence. I Lovecraft presto presero residenza ad Auburndale, Massachussets, dove vissero con la famiglia della ben nota poetessa, Miss Louise Imogen Guiney, un’amica di mia madre, fino a quando la loro casa permanente non venne costruita.

Famiglia di Lovecraft

Nel 1892 mio padre venne colpito da un attacco di completa paralisi dovuta a insonnia e a uno stremato sistema nervoso che lo confinò in ospedale per i rimanenti 5 anni della sua vita. Non tornò mai cosciente, e i miei ricordi di lui rimangono vaghi. Ovviamente ciò distrusse i nostri piani per il futuro, portando alla vendita della nostra casa in Auburndale, e il ritorno di me e di mia madre nella casa dei Phillips a Providence. Lì trascorsi i migliori anni della mia gioventù. 

Da ragazzo ero molto sensibile e peculiare, preferendo sempre la compagnia di persone adulte a quella degli altri bambini. Non potevo stare lontano da materiale scritto.

Ho appreso l’alfabeto all’età di due anni, e a quattro leggevo con facilità, sebbene compiendo errori assurdi nella pronuncia di parole lunghe. A cinque anni aggiunsi la scrittura a mano ai miei successi. Tra i miei coetanei ero molto impopolare, giacché insistevo nel giocare a eventi storici, o recitare secondo trame complesse. Sebbene rifiutato dagli umani, trovai accoglienza tra i libri, e da essi venni doppiamente benedetto. La biblioteca era ricolma dei volumi migliori accumulati dai Phillips e dai Lovecraft, inclusi molti tomi di oltre un secolo. Mia nonna materna, che morì quando avevo sei anni, era un’accanita lettrice di astronomia, essendosi specializzata in tale materia al Laphan Seminary dove venne educata. E, sebbene lei non mi abbia mai mostrato la bellezza dei cieli, devo alla sua eccellente ma in qualche modo obsoleta collezione di libri astronomici che guadagnai il mio affetto per la scienza celeste. La sua copia della “Geografia dei Cieli” di Burritt è oggi il mio prezioso volume della mia biblioteca.

Mi domando se l’astronomia vi interessi. Essa mi affascina dall’età di 12 anni. Negli ultimi otto anni, da quando avevo sedici anni, ho contribuito alla stampa locale con una serie di articoli astronomici mensili, gli ultimi due dei quali dal Providence Evening News. Sono stato coinvolto in una campagna di invettiva e satira. Ho iniziato seriamente, con “La scienza contro la ciarlataneria” a cui è seguita “La falsità dell’astrologia”, ma alla fine la persistenza del moderno Nostradamus mi ha costretto ad adottare il ridicolo come arma. Ho pubblicato un articolo satirico nel quale ho infuso solennità alle più assurde collezioni di profezie che il mio cervello potesse concepire. Il risultato, intitolato “Astrologia e il futuro” e firmato “Isaac Bickerstaffe, Jr.” preannunciava la fine del mondo a causa di una esplosione di gas interni nell’anno 4954.

Le fiabe dei Fratelli Grimm sono state la mia delizia fino all’età di 7 anni. Da allora nacque in me una passione per la mitologia classica, che venne incrementata dalla “Età delle Fiabe” di Bulfinch. Tutto il mondo divenne l’antica Grecia per me; cercavo le Naiadi nella fontana del giardino, e veneravo gli arbusti nel timore di danneggiare le Driadi. All’età di 6 anni feci i miei primi tentativi di comporre in versi, attorno ai 7 anni tentai di frequentare la scuola, ma non fui capace di sopportarne la routine.

Quando avevo dieci anni mi cimentai nell’impresa di eliminare ogni parola moderna dal mio vocabolario, e a tale fine adottai un vecchio dizionario Walker del 1804 che per qualche tempo fu per me la sola autorità. Tutti gli autori dell’era della Regina Anna costituirono la mia dieta letteraria. Attorno a questo periodo sviluppai un interesse per la chimica, e allestii un laboratorio in cantina. Successivamente divenni molto produttivo in fatto di analisi chimiche. All’età di 12 anni il mio stile in prosa e in versi era così formato che io penso voi possiate riconoscerne gli effetti dopo avere letto i miei presenti sforzi.

Io sono un residuo dell’epoca della Regina Anna. Non so come sia possibile, ma fino a dove risalgono i miei primi ricordi, seguivo le consuetudini di due secoli fa. La mia debolezza di costituzione mi ha precluso di frequentare regolarmente la scuola, pertanto ho sviluppato un po’ di conoscenza dalla lettura indiscriminata dei volumi della mia famiglia. Abbastanza curioso, non mi sono mai sentito a mio agio se non con gli scrittori del tardo Diciassettesimo e inizio diciottesimo secolo. Longfellow, Tennyson e Browning erano alieni; Dryden, Addison e Pope erano amici intimi. Le mie conoscenze classiche erano ristrette al latino, un aspetto che mi ha legato ancora più strettamente a un periodo la cui ispirazione giungeva più dal latino che dal greco. Fu così che il mio stile si formò; non come conscio arcaismo, ma come se fossi realmente nato nel 1690 anziché nel 1890. Ogni immagine, ogni modo di dire, ogni parola che io ho acquisito, proveniva dallo stampo artificiale, regolare, definito dello stile della Regina Anna. Pertanto, potete immaginare quanto vaga, fin troppo nota, sbrigativa e amorfa la poesia moderna deve apparirmi. Il mio apprezzamento letterario inizia con Dryden e finisce con Goldsmith e il Dr. Johnson.

Nel 1902 tentai nuovamente di frequentare la scuola, stavolta con maggiore successo, perciò riuscii a diplomarmi.

Nell’agosto 1903 (sebbene non sapessi nulla delle associazioni di stampa) iniziai a pubblicare un giornale amatoriale chiamato “The R.I. Journal of Astronomy” scritto di mio pugno e duplicato tramite ectografo. Proseguii per quattro anni, prima a cadenza mensile e poi settimanale. Ora ero sotto la guida di un tutore privato. I miei due zii acquisiti, Dr. Clark e Mr. Gamwell, entrambi della Brown University, stimolarono immensamente le mie attività intellettuali.

Nel 1904, la morte del mio amato nonno materno distrusse la vita al 454 di Angell Street,  e costrinse me e mia madre a trasferirci al numero 598 della stessa via. Qui venimmo in contatto con il Reverendo James Pyke e la sua anziana madre, entrambi poeti, che già conoscevo, e che ora erano diventati i nostri vicini. Il signor Pyke non apprezzava il mio stile obsoleto di scrivere, anche se ammise che solo con difficoltà avrei potuto abbandonare una forma di espressione così naturale e spontanea per me.

Nello stesso anno entrai nella Hope Street High School, dove incontrai uno staff di insegnanti pieni di simpatia e comprensione per un giovane nervoso e ritirato. Io ero particolarmente devoto al Latino, Storia Antica, Fisica e Chimica.

Nel 1908 sarei dovuto entrare alla Brown University, ma il mio precario stato di salute rese l’idea ridicola. Ero e sono tuttora preda di mal di testa, insonnia, e problemi generali nervosi che mi precludono la possibilità di applicarmi a qualsiasi cosa. Per un periodo tentai di seguire un corso di corrispondenza in chimica, ma presto realizzai che obblighi regolari non erano fatti per me.

So che la mia istruzione è davvero molto limitata e frammentaria, al punto che non ho il diritto di essere definito “un uomo istruito”. Quasi con invidia osservavo la portata e i progressi regolari di mio cugino Phillips Gamwell. Un pensiero che mi da la sensazione di un vecchio che osserva la generazione più giovane prendere il suo posto.
Mentre mostravo grande erudizione attorno un dato argomento, potevo essere completamente all’oscuro di qualcos’altro di altrettanta importanza. Sebbene ami ascoltare la musica, non ho un reale buon gusto musicale. Ho studiato il violino per due anni, ma non riuscivo a sopportare la monotonia della pratica. Per l’arte pittorica sono negato. Del greco ho soltanto dei rudimenti, e qualcosa di più del francese. Il tedesco mi disgusta talmente tanto che non lo conosco affatto. Le poche parole che conosco di spagnolo sono di scarsa utilità, sebbene apprezzi la pronuncia castigliana. Io detesto la matematica, e soltanto uno sforzo supremo mi ha permesso di ottenere i volti più alti ad algebra e geometria a scuola. 

Autobiografia di Lovecraft

Sono obsoleto sotto ogni aspetto. La letteratura contemporanea è un totale vuoto per me, le idee politiche e sociali moderne sono ugualmente aliene. Non posso nemmeno giustificare la guerra di indipendenza degli Stati Uniti verso la Gran Bretagna, per via dell’influenza che il mio cuore avverte per l’eredità inglese nonostante la mia nascita statunitense. La mia conoscenza del mondo è quella che ci si può aspettare da uno cresciuto in isolamento. Non sono mai stato fuori dai confini dei tre Stati del Rhode Island, Massachusetts, e Connecticut! La mia secca e spiacevole conversazione mi ha alienato la popolarità sociale, e la mia esistenza da eremita che conduco mi ha reso tanto introspettivo che sono diventato inconsapevolmente un supremo egoista. Suppongo che il ritiro abbia influenzato il mio giudizio, e mi abbia spinto a considerare ogni cosa in relazione a esso.

Accolgo il giornalismo amatoriale come un mezzo possibile per ottenere una grande varietà di vedute di pensiero.

Non suppongo di poter offrire alcune scusa che giustifichi queste risme di noia. Avete chiesto per “alcuni dettagli autobiografici” e avete ricevuto un volume. Spero sinceramente che mi racconterete qualcosa della vostra carriera, della quale avverto qualche similitudine nei gusti, e sento che forse voi siete ciò che io avrei potuto essere, se la mia salute cagionevole e mio temperamento nervoso non mi avessero reso tanto eccentrico.

Ma ora devo interrompermi. Con i migliori auguri, e sperando di sentirvi nuovamente, rimango come sempre il vostro devoto servitore H.P. Lovecraft.

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