Ben ritrovati.
Oggi parleremo delle creature misteriose presenti nelle opere di Lovecraft, non riconducibili ad altre categorie già affrontate in precedenti video.

Nug e Yeb
Nug e Yeb, “le blasfemie gemelle” sono il parto di Shub-Niggurath e di Yog-Sothoth (Selected Letters 5.875), prodotti nella “nebulosa condannata di Zlykarior”.
Nug è genitore di Cthulhu e Yeb è genitore di Tsathoggua (Selected Letters 4.617) attraverso l’influenza di Yog-Sothoth, e non sono mai vissuti sulla Terra.
In “L’ultimo esperimento” il dottor Clarendon menziona di avere incontrato un vecchio uscito vivo dal deserto cremisi che aveva visitato i templi sotterranei di Nug e Yeb.
In “K’n-yan” viene riferito che nel regno omonimo sono situati templi di Nug e Yeb, le cui cerimonie turbano non poco l’esploratore spagnolo.
A Irem vi erano templi a loro dedicati: questi esseri venivano visti come una sorta di simbolico Yin e Yang.
Nug poteva essere noto come Ptmâk nella antica Hyperborea. Nelle sue lettere a R.H.Barlow infatti, Clark Ashton Smith cita Nug che è “genitore diretto di Cthulhu e della sua razza di piovre cosmiche”. Yeb di conseguenza sarebbe Cxaxukluth.
Lin Carter tentò di congiungere queste informazioni nei suoi lavori.
Secondo un altro racconto di Eibon, Cxaxukluth si scisse in due, nel maschio Nug e nella femmina Yeb, ma probabilmente va preso come un tentativo di aggiustare delle affermazioni contrastanti.
A dispetto dell’appellativo non sono gemelle, ma hanno tratti che richiamano Shub-Niggurath. Sono lunghi 10 piedi di diametro.
Nug viene detto anche “padre dei ghouls” e secondo alcuni potrebbe essere padre di Hastur.
Secondo altre fonti avrebbero creato il giardino nel quale vive Yig. I monaci di Leng insegnano che Nug e Yeb sono i nomi segreti di Lloigor e Zhar.
Nug viene ritenuto un dio fra i Ghoul e Yeb il leader del culto alieno degli Immondi di Abhoth.
Il concetto di Nug e Yeb come due prìncipi complementari viene da un’idea di Will Murray, che oltre a esprimerla in un saggio (On the nature of Nug and Yeb) sviluppò questo concept in una coppia di racconti che hanno per protagonisti i due Gemelli Blasfemi: Black Fire e To Clear the Earth. In una lettera del 1 settembre 1936 Willis Conover afferma che <<La moglie di Yog-Sothoth è l’infernale entità nebulosa Shub-Niggurath, nel cui onore culti senza nome celebrano il rito della Capra Nera dai Mille Cuccioli. Da lei ha generato due figli mostruosi, i gemelli maligni Nug e Yeb.>>
Nug e Yeb avrebbero quindi il compito di ripulire la Terra prima del ritorno degli Antichi attraverso la “Fornace di Yeb” e la “Torcia di Nug”.
In una lettera a Conover del 23/09/36, Lovecraft afferma:
<<Quanto a Nug e Yeb, sono solo trenta metri di diametro nella loro forma adulta, e sono un pochino distruttivi a volte, anche se si tratta solo di giocosa e bonaria rozzezza. Mi piace avere la loro simpatica compagnia (anche se a volte dissolvono visitatori e passanti, e causano di tanto in tanto travagliate ricerche), perché sono fondamentalmente molto amichevoli e di compagni>>.
Da questi pochi cenni sulle due entità e da altri spunti nelle lettere Will Murray ha tratto ispirazione per scrivere Black Fire e To Clear the Earth, due racconti che hanno per protagonisti la Torcia di Nug e la Fornace di Yeb, due artefatti sepolti ai poli che dovranno “ripulire la terra” prima dell’avvento degli Antichi.
Brown Jenkin
Brown Jenkin compare nel racconto di Lovecraft “I sogni della casa stregata” del 1932.
Brown Jenkin ha l’aspetto di un raccapricciante topo con una faccia umana barbuta, con denti aguzzi giallastri e pelo simile a quello dei topi; le zampe sembrano delle piccole mani. A
gisce come famiglio della strega Keziah Mason, che nel XVII secolo firmò il libro di Azathoth diventando una seguace dell’uomo nero, ovvero Nyarlathotep.
Riesce a esprimersi in ogni lingua e si nutre del sangue della sua padrona.
Questi le insegnò a travalicare i normali limiti dello spazio-tempo servendosi di particolari linee e geometrie incomprensibili ai non iniziati.
Nel 1692 la Mason, prigioniera dell’inquisizione, sparì nel nulla dopo avere tracciato linee indefinibili sulla sua cella con un liquido rosso appiccicoso. Brown Jenkin venne visto uscire dalla sua cella e avvistato da non meno di 11 persone.
Lo studente Walter Gillman inizia a pernottare nella stanza della vecchia casa di Keziah e sogna mondi di minacciose figure geometriche, tra le quali scorge Brown Jenkin. I due vogliono fargli firmare il libro nero di Azathoth e sottoporlo alla volontà di Nyarlathotep.
Nel corso di un sacrificio di un bimbo durante la notte di Valpurga, Gilman reagisce con violenza uccidendo la strega in una colluttazione e mandando all’aria la cerimonia. In seguito l’orrendo Brown Jenkin lo punisce divorandogli il cuore dall’interno. Due anni dopo la morte di Gilman nella soffitta della casa ormai crollata vengono ritrovati i resti della strega, del famiglio e dei numerosi bambini sacrificati nei secoli dal culto delle streghe.
Secondo alcune teorie, Brown Jenkin sarebbe proprio il figlio di Nyarlathotep e di Keziah Mason, oppure un essere extradimensionale che appare con tali fattezze nella nostra realtà.
Nella cultura popolare
Nella serie televisiva Salem appare un famiglio topo chiamato Brown Jenkin.
Brown Jenkin compare nel film del 2013 “H.P. Lovecraft’s The Dark Sleep” diretto da Brett Piper e nel segmento della serie televisiva Masters of Horror “H. P. Lovecraft’s Dreams in the Witch-House” diretto da Stuart Gordon.
Nel fumetto “Lovecraft” di Rodionoff e Breccia Brown Jenkin attacca Lovecraft, che riesce a ucciderlo.
Nel romanzo “The Witches” di Rohald Dahl, appare un personaggio chiamato Bruno Jenkins.
Nella miniserie a fumetti “Providence” il protagonista Robert Black incontra prima un Brown Jenkin in forma umana che gli da un passaggio in auto. Poi trova la sua padrona di casa – l’equivalente di Keziah Mason – che allatta un topo umanoide con la faccia di Jenkin.
Scappando dalla casa, rivede se stesso nella scena precedente venire portato in auto da Jenkin.
L’Innominabile
L’innominabile appare nel racconto omonimo del 1925.
Viene fatto intendere che si tratti di un essere nato nel XVII o XVIII secolo e tenuto segregato nell’attico di una casa abbandonata. Si parla di una cosa con la cataratta sull’occhio che appariva ai margini del bosco, e che aveva lasciato impronte di artigli. Possiede zoccoli fessi al posto dei piedi e corna lunghe dieci centimetri.
Ad Arkham, Carter e il suo amico Joe Manton si trovano nei pressi di una tomba a discutere di fatti ed entità troppo incomprensibili per essere descritte e nominate.
Carter è uno scrittore che spesso fa uso nei suoi scritti di visioni che lasciano i personaggi interdetti, cosa che infastidisce il suo compagno.
Il suo amico Manton invece non crede possa esistere qualcosa di innominabile da non ascrivere a determinati canoni umani, anche se accetta la presenza del soprannaturale.
Per esempio, crede che nelle finestre possono rimanere delle impronte delle presenze delle persone morte in precedenza.
Carter porta delle prove a sostentamento delle proprie tesi.
Carter ha scritto nel 1922 un racconto, “La finestra della soffitta”, che ha suscitato un certo scandalo, che narra misteriose apparizioni alle finestre suffragate da Cotton Mather nel suo Magnalia Christi Americana. In un diario del XVIII secolo di famiglia si riscontra che un suo antenato aveva subito misteriose ferite al petto.
Un ragazzo si era recato nella casa sfuggita per verificare i racconti sulla creatura che vi appariva, e ne era uscito urlando.
La cosa innominabile permarrebbe nella soffitta di una vecchia casa, dove viene vista ancora dopo secoli. Di notte apparirebbe dietro le finestre o al margine dei boschi. Si parla di attacchi a uomini che lasciano orme di artigli scimmieschi e si avvicendano testimonianze di una creatura indescrivibile.
Un solitario vecchio eccentrico venne sepolto nei pressi della lapida senza nome. Si odono strani rumori dalla soffitta sbarrata della sua abitazione.
Cocciutamente Manton sostiene che il mostro, comunque, non può essere qualcosa di indescrivibile.
In seguito l’essere sparisce, come se il fatto che nessuno parlasse più di lui ne avesse decretato la scomparsa.
Manton chiede di vedere la casa in questione. Da oltre 100 anni i vetri della casa della leggenda non ci sono.
Nei pressi della vecchia abitazione percepiscono una presenza gigantesca che li aggredisce e odono un urlo dalla lapide.
Carter e Manton vengono ritrovati in un campo isolato a un km e mezzo dal vecchio cimitero e vengono portati in ospedale. Carter ha una ferita di zoccolo e Manton sul petto ha ferite di artigli.
Era un fango, una gelatina, aveva mille forme, aveva un occhio con una cataratta, ma una faccia e dei denti come i loro. Era l’Innominabile!
La cosa della dimora Van Der Heyls (“Il diario di Alonzo Typer”)
La cosa della dimora dei Van Der Heyls appare nel racconto “Il diario di Alonzo Typer” di Lovecraft e William Lumley del 1935.
Il protagonista, l’occultista Alonzo Typer, giunge nel 1908 in una casa spettrale nello stato di New York abitata in precedenza dalla inquietante famiglia olandese Van Der Heyls.
Il suo scopo è assistere all’entità che dovrebbe essere richiamata da un rituale la notte di Valpurga.
La casa risale al 1760 ed era abitata da soggetti immigrati nel 1746 in odore di stregoneria.
Costoro si servivano di schiavi africani, parlavano poco l’inglese ed educavano i figli separatamente dagli altri, oltre a frequentare gruppi oscuri. La zona, detta Chorazin, divenne frequentata da indiani e individui poco raccomandabili. Alle spalle della dimora si erge una collina popolata da antiche pietre verticali.
Dalla dimora si odono preoccupanti urla o canti. Nel 1782 tutta la famiglia e i servitori scompaiono all’improvviso.
Con i nuovi proprietari si riscontrano sparizioni e casi di follia. Intorno al 1890 la dimora viene abbandonata e chiunque sconsigliato dall’avvicinarla.
All’interno della dimora avverte il permanere di oscure presenze, trova copie di orrendi libri proibiti quali il Necronomicon e il Libro di Eibon e il ritratto dei membri della famiglia sembrano osservarlo con occhi crudeli. Inoltre, avverte due enormi zampe seguite da polsi scagliosi che appaiono nella cantina.
All’esterno, la vegetazione è diventata così intricata da impedirgli di abbandonare la casa, se non in direzione di una collinetta presidiata da un circolo megalitico.
In particolare, Typer legge il diario di Claes van der Heyl, scritto nel XVI secolo e colmo di dettagli sulla sua devozione al soprannaturale. Il suo discendente Hendrick giunse nello stato di New York in cerca di una “cosa” senza nome.
Nel corso della sua permanenza Alonzo scopre che lui stesso è legato alla stirpe dei Van Der Heyls da parte di Adriaen Sleght, sposato a Trintje van der Heyl, e che è stato attratto là per adempiere a una oscura profezia, per mezzo di un antico essere che giace sotto la magione.
La notte del 30 aprile, la vigilia di Valpurga, scopre la verità, ma ormai per lui è troppo tardi. Due enormi zampe nere si manifestano e lo trascinano verso la cantina.
Il 12 novembre 1935 la casa crolla. John Eagle, un uomo del luogo dai tratti scimmieschi, rinviene il diario di Alonzo Typer che ci permette di apprendere tutta la storia.
Il cane
Il cane appare nel racconto omonimo di Lovecraft nel 1922.
Due ladri di tombe in cerca di oggetti di valore e di emozioni forti sono usi depredare i cadaveri antichi. Aprono la tomba di un uomo, il cui scheletro è ancora intatto dopo 500 anni, a parte il cranio che risulta devastato da qualche genere di animale non meglio identificato.
Costui sembra essere stato anch’egli uno sciacallo che rubò un amuleto da un sepolcro magico e venne dilaniato da una qualche belva terribile.
I ladri sottraggono in Olanda un amuleto dalla forma simile a un cane o a una sfinge che riconoscono menzionato nel Necronomicon come simbolo di un culto di divoratori di cadaveri dell’Asia Centrale.
L’autore lo avrebbe ricavato dalle manifestazioni delle anime di coloro che violarono i morti.
Gli sciacalli iniziano ad avvertire strane presenze, come battiti alla porta e parole in olandese.
Capiscono di essere seguiti da un cane mostruoso, che porta alla morte uno di loro due, St.John. Il suo complice parte per restituire il talismano, ma questo viene rubato da altri ladri, che a loro volta vengono uccisi. Alla fine il ladro scoperchia di nuovo la tomba e vede che l’amuleto è tornato in possesso del cadavere, che ha anche dei pezzi di carne dei malcapitati. Lo sventurato infine si suicida sparandosi.
Gli Esseri dell’Altrove (“Dall’ignoto”)
GLi esseri dell’Altrove appaiono nel racconto Dall’ignoto del 1934.
Crawford Tillinghast è il classico scienziato con ispirazioni filosofiche, prepotente e maniacale, che è giunto a deteriorarsi fisicamente e mentalmente seguendo le proprie ossessioni.
Tillinghast ha creato una macchina elettrica in grado di emettere ordine che risvegliano tratti genetici ancestrali preposti a comprendere la realtà con maggiore chiarezza di quelli concessi dai cinque sensi.
Il protagonista giunge dall’amico dove viene sottoposto alle onde ultraviolette della macchina per potenziare i suoi organi sensori, in primis la ghiandola pineale, che diviene così in grado di trasmettere segnali dall’ “altrove”. I raggi però non permettono soltanto di sentire ma anche di essere sentiti da ciò che si muove nelle altre dimensioni, e la scoperta è già costata la vita ai domestici.
Il narratore e Tillinghast, che ormai da segni di squilibrio mentale, iniziano a vedere forme e consistenti insolite, esseri gelatinosi che si sovrappongono ma tutto sommato innocui. Il problema è che Tillinghast ha evocato orrende cose che inseguono e dissolvono, e che pianifica di usarle per uccidere il narratore, che lo scienziato odia per non averlo supportato.
Prima di essere eliminato, il protagonista spara alla macchina distruggendola, con Tillinghast che muore per un colpo apoplettico. Ma i corpi dei domestici non sono più stati ritrovati, e una oscura sensazione di minaccia graverà per sempre sul narratore…
Nella cultura popolare
Nella miniserie a fumetti “Providence” il protagonista Richard Black viene accolto a Providence dal professor Tillinghast. Vediamo dal suo punto di vista che egli, grazie a lenti speciali negli occhiali, può vedere gli esseri dell’Altrove che galleggiano attorno al protagonista.
In un numero successivo Black e Lovecraft vanno a trovare la madre di questi in manicomio. Ella mostra squilibrio mentale trattando male i due, e viene mostrato che vede gli Esseri dell’Altrove attraversare i visitatori.
Ctoniani
Nel racconto “L’abitatore del buio” di Lovecraft viene menzionata un’opera dello scrittore Richard Blake intitolata “Colui che scava nella terra”, definizione poi applicata alle creature note come Cthoniani.
Vengono descritti come immensi calamari dal corpo allungato simile a vermi ricoperto da melma.
Possono provocare terremoti al loro passaggio e il loro ciclo vitale dura oltre 1.000 anni.
A dispetto dell’aspetto vivono sottoterra e l’acqua è per loro tossica. Nella parte superiore del corpo presentano un contenitore per i gangli cerebrali.
Nella mitologia greca, gli chtoniani sono l’equivalente oscuro degli dei olimpici.
Nella cultura popolare
Nel videogame Alone in the dark del 1992 appare un Cthoniano che scava nei livelli inferiori della villa Derceto: deve essere superato per proseguire nel gioco.
Il mostro vendicativo (“Alle quattro del mattino”)
Il mostro vendicativo appare nel racconto “Alle quattro del mattino” di Lovecraft e Sonia Greene
Il protagonista è tormentato dall’idea che un pazzo che lo odiava possa emergere dal cimitero nel quale è sepolto per vendicarsi, alle quattro del mattino, la stessa ora nella quale gli è capitato qualcosa.
Una notte percepisce un qualche genere di entità, grigia e gassosa, fuoriuscire dal cimitero, che diventa via via più tangibile e dalla superficie concava.
Osservandola, gli sembra un riflesso distorto della superficie di un orologio. Da esso sente fuoriuscire una creatura nera con quattro artigli lunghi e lisci protratti verso di lui, quattro come l’ora indicata sul quadrante. Gli artigli sono sovrastati da sottili tentacoli mossi da una volontà propria.
Il protagonista cerca disperatamente di tornare a dormire, ma ogni suono sembra minacciarlo.
Crede di vedere nel muro una miriade di esseri neri, grigi e bianchi, grandi e piccoli, dall’aspetto di orologi puntati sulle quattro.
Il mostro è divenuto indescrivibile, formato di un fuoco rosso maligno, avanza e arretra, agitando le forme degli orologi. Quando si avvicina per ucciderlo, il narratore appura che il suo aspetto ricorda il volto distorto ghignante del suo persecutore, proprio quando stanno per battere le quattro del mattino.
L’Albero sulla collina
L’Albero sulla collina appare nel racconto omonimo di Lovecraft e Duane W. Rimel.
Nel 1938 il narratore vive con il suo amico Theonis ad Hampden: gli aridi territori circostanti sono da secoli oggetti di leggende riguardanti demoni provenienti dall’altrove.
Risalendo un pendio erboso di un canyon, trova un albero diverso da tutti quelli che abbia mai visto.
Sembra una quercia dal tronco contorno, i rami svettano per due metri e mezzo, le foglie rotonde sono curiosamente simili tra loro, stranamente gli cresce erba intorno nonostante il deserto. Sembra quasi un albero dipinto.
Addormentandosi al suo fianco ha strane visioni, come un tempio dal colore anomalo e un cielo con tre soli. Crede di scorgere delle ombre che escono da un portale e tre occhi fiammeggianti.
Incuriosito scatta all’albero varie foto.
L’amico si accorge che per ogni elemento ci sono tre ombre, che il tronco ha un’accezione orribile e le foglie sono troppo gonfie: al narratore però non sembrava così anomalo.
Da un antico documento esoterico chiamato Le cronache di Nath Theonis scopre che nell’anno della capra nera giunse un ombra che si nutriva delle anime degli uomini. Essa assumeva false forme e ingannava gli uomini della terra dei tre soli. Solo chi può identificarla può salvarsi, ma serve un particolare gioiello per riuscirci. Esso fu perduto, ma l’ombra se ne andò spontaneamente quando fu sazia.
Questo è l’anno della capra nera che prevede il ritorno degli orrori dell’esterno.
Theonis si fa consegnare il gioiello citato nel tomo e compie studi su certi fenomeni di ritrazione.
Tempo dopo informano il narratore che l’amico è ricoverato in ospedale, dopo avere perso conoscenza. Questi afferma di avere rimandato via l’ombra, ma che occorre distruggere le foto.
Provvede a farlo, ma non riesce a evitare di guardare uno schizzo che ne era stato tratto, venendo sconvolto dal terrore.
Al posto dell’albero, ha l’impressione di vedere qualcosa simile a un artiglio protendersi per ghermire l’ombra di un uomo.
Nella cultura popolare
Nel videogame Alone in the dark del 1992 l’antagonista Pregzt appare nella forma di un albero minaccioso nel quale è infuso il suo spirito, e dal quale vuole trasmigrare in un altro corpo umano. Il giocatore deve renderlo vulnerabile apponendo un amuleto e poi dargli fuoco per sconfiggerlo.
La stirpe degenerata dei Martense (“La paura in agguato”)
La stirpe degenerata dei Martense compare nel racconto “La paura in agguato” del 1922.
La casa nella quale vivevano sormonta una alta cima delle Catskills Mountains che viene colpita frequentemente dai temporali (Tempest Mountain).
Si tratta di una antica casa in pietra in mezzo alla foresta che si dice essere accompagnata da un pericolo, un demone che aggredisce i visitatori dopo il tramonto – forse risvegliato dai temporali – e che li fa a pezzi.
Venne costruita nel 1670 da Garrit Martense, un mercante di New Amsterdam che volle realizzare per la sua famiglia una ottima residenza. La famiglia divenne nota per avere un occhio azzurro e uno castano. Un ramo regredito della famiglia si mescolò con la popolazione arretrata della valle, il resto si arroccò nella casa.
La casa da 100 anni è associata a un pericolo che si manifesta in estate, un demone che fa a pezzo le vittime nel bosco, che sembra legato a un massacro di 75 montanari del posto.
Il narratore e i suoi accompagnatori nel 1921 si stabiliscono nella casa: due degli uomini spariscono e avverte la presenza di un orrore indescrivibile. Il narratore sopravvive e sente la presenza di un’ombra indefinibile, seppure concreta.
Si unisce a un certo Munroe e scoprono che i delitti sono avvenuti quasi tutti vicino alla casa. Intuiscono che la creatura è suscettibile ai lampi dei temporali. Le indagini costano la vita a Munroe, che viene ritrovato con la faccia maciullata.
Il protagonista crede che l’essere sia il fantasma di Ian Martense, morto nel 1762, e scava nella sua tomba. Ian era stato il primo della famiglia ad allontanarsi e non temeva i temporali del luogo come i suoi simili. I parenti ne denunciano la morte per un fulmine ma un suo amico scopre che il corpo di Ian ha il cranio sfondato.
A inizio Ottocento la famiglia degenera ulteriormente e sembra scomparsa. La paura della casa maledetta rimane temuto, per la paura che il fantasma di Ian Martense la infesti.
Scavando trova un tunnel ed entra in contatto con una presenza minacciosa artigliata e dagli occhi luminosi.
La cosa preoccupante è che un’altra creatura simile sembra agire a 30 km di distanza.
Dal sottosuolo, il protagonista vede uno sciame di nani esseri scimmieschi ripugnanti propagarsi. Quando si riprende dallo shock fa abbattere la casa e chiudere le fosse.
Da allora però non tornerà più lo stesso, e resterà per sempre in preda al terrore per i tuoni.
Ha visto infatti un essere simile a un gorilla biancastro, ultimo prodotto della degenerazione e degli accoppiamenti degeneri e del cannibalismo.
Prima che morisse, si accorse che esso aveva un occhio azzurro, e l’altro castano: gli occhi dei Martense.
Le scimmie bianche
Le scimmie bianche appaiono nel racconto “Le Vicende Riguardanti Lo Scomparso Arthur Jermyn E La Sua Famiglia”.
Una grande città di pietra nel Congo è ormai dimenticata e caduta in rovina. Presenta mura e colonne gigantesche e gradini in pietra che conducono a indicibili segreti posti nelle catacombe.
La città si dice essere popolata da esseri per metà figli della giungla e per metà della città, esseri nati dopo l’arrivo delle scimmie antropomorfe, e che siano governati da un dio bianco.
La popolazione viene annientata da un conflitto con i bellicosi M’bangu, che si impadronirono della dea-scimmia imbalsamata, la quale aveva regnato come principessa tra loro.
La principessa era sposata a un qualche genere di dio bianco venuto dall’occidente che le dette un figlio: la scimmia venne mummificata e custodita in una casa di pietra. Si dice che poi il figlio la raggiunse, ignaro delle proprie origini.
Arthur Jermyn è un poeta e un intellettuale che discende da una lunga stirpe di individui fisicamente degenerati. Questa linea malsana iniziò a partire dal suo bisnonno Sir Wade, noto esploratore del Congo. Comunemente ritenuto pazzo, era sposato a una donna che nessuno aveva mai visto da vicino, e finì internato in manicomio.
Suo figlio Phillip Jermyn, agile e forzuto, scomparve dalla sua nave al largo del Congo.
Suo figlio Robert Jermyn fu un etnologo e studiò i reperti del nonno Wade. Ebbe tre figli, due dei quali troppo orribili per essere mostrati. Uno di essi, Neville, particolarmente repellente, nel 1849 ebbe un figlio, Alfred, il padre di Arthur Jermyn.
Robert raccolse informazioni sul mito di una città popolata da scimmie ibride, e a un certo punto uccise i suoi stessi tre figli.
Alfred Jermyn venne ucciso da un gorilla bianco con il quale provava una strana affinità.
Il figlio Arthur è un poeta colto a dispetto del brutto aspetto. Nel 1912 raggiunge la città perduta e riesce a entrare in possesso del corpo mummificato della principessa-scimmia.
Dopo avere aperto la cassa fugge in preda al terrore e si da fuoco: l’essere, era in realtà la moglie del suo bisnonno, dalla quale egli discendeva.
Nella cultura popolare
Nel videogame “The Sinking City”, mr. Throgmorton presenta un aspetto scimmiesco e afferma di discendere da una stirpe “benedetta”, evidentemente un rimando alla famiglia Jermyn.
La creatura indescrivibile (“Cieco, sordo e muto”)
La creatura indescrivibile compare nel racconto “Cieco, sordo e muto” del 1925, revisione di un racconto di Clifford M. Eddy.
Richard Blake poeta tornato dalla Prima Guerra Mondiale semiparalizzato, cieco, sordo e muto. In quanto disabile ha sviluppato enormemente la propria sensibilità, al punto di avvertire la presenza di qualcosa nella propria stanza. Il suo assistente infatti si è dato alla fuga, ed egli avverte tracce di fumo e una cantilena demoniaca e beffarda.
In preda al terrore, sente delle dita fredde toccare le sue tempie.
L’esperienza viene riportata nel suo manoscritto, che pietosamente censura nei contenuti più sconvolgenti.
Il suo corpo viene ritrovato dal medico che individua pupille color inchiostro, dilatate all’inverosimile, e delle protuberanze ossee sotto i capelli bianchi.
Ma la cosa più inquietante è il paragrafo finale del manoscritto, che è scritto in uno stile completamente diverso da quello del poeta. Oppure, da un’altra mano…
Il mostro della Casa Evitata
Il mostro della casa evitata appare nel racconto The Shunned House del 1924.
La casa evitata si basa su una vera casa di Providence a Rhode Island, negli Stati Uniti, ancora esistente, costruita intorno al 1763 al 135 Benefit Street. L’ispirazione giunge però da un’altra casa vecchia all’angolo nord est di Bridge Street ed Elizabeth Avenue.
La casa evitata è un edificio dall’aria triste sul lato scosceso della collina. Originariamente era una fattoria o una casa rustica realizzata nello stile colonico dell’Ottocento: ha il tetto aguzzo,la tappezzeria interna secondo il gusto dell’epoca, si affaccia a sud ed è interrata fino alle finestre del piano inferiore nel lato sud della collina, mentre la facciata posteriore guarda sulla strada.
Venne edificata oltre un secolo prima a braccetto con la nuova Benefit Street sulla quale si affaccia. Appare come una casa malsana, forse a causa del muschio, del vento e dell’acqua, oltre che per le radici di forma semi umana che la attraversano.
Gode di una fama sinistra siccome vi sono morte delle persone – presentando una anemia accentuata – e contiene strane muffe al suo interno.Sembra che al suo interno fosse stata avvistata una presenza incorporea dai denti aguzzi e dai sogni vitrei.
La cosa strana è che le persone colpite dai mali, per quanto ignoranti, esclamano oscenità in francese, e tentano di addentare i congiunti al collo.
Venne costruita nel 1763 e abitata dalla famiglia Harris. Membri della famiglia e domestici iniziarono a morire di consunzione, e nessun bambino vi nacque vivo per oltre un secolo.
Una domestica farneticava di un essere dagli occhi vitrei che ne dilaniava le carni.
Nel 1804 il consiglio comunale ne ordinò la disinfestazione siccome odorava di febbre. La casa rimase abbandonata a lungo e destata per l’odore odioso e per le strane forme semiumane delle muffe, oltre che per la voce che la voleva sorgere sui resti di vampiri.
Dal 1861 la casa non viene più affittata, fino a molti anni dopo.
Il dottor Whipple mostra al nipote i suoi appunti sulla casa, dalla quale è spaventato fin da giovane.
Il narratore, studiando la storia dell’edificio, risale alla cessione del terreno originario nel 1697 a un certo Etienne Roulet, ugonotto dedito a strane letture, dove questi seppelliva i propri morti.
40 anni dopo la morte di Roulet avvenne un qualche tipo di rivolta e la famiglia venne cacciata, probabilmente a causa del figlio Paul.
Un certo Jacques Roulet era stato tra l’altro quasi bruciato sul rogo nel 1598 per presunti omicidi sanguinosi.
Mentre il narratore indaga nella casa, nota sollevarsi da una macchia antropomorfa un vapore giallastro innaturale. Whipple e il nipote esplorano la casa armati di lanciafiamme e di emanatore di radiazioni, per difendersi da un’entità corporea o meno.
Mentre si trovano nella casa, il vecchio sogna i volti degli Harris e una presenza che lo sta invadendo, e inizia a parlare in francese.
Dal pavimento si solleva un vapore fosforescente dai contorni semiumani e semi mostruosi, dalla testa simile a un insetto, che si dilegua per il camino, non prima di avere sciolto il povero Whipple, facendogli assumere i volti degli Harris.
Il narratore si decide a scavare davanti alla casa e in profondità trova una gelatina informe, sulla quale getta dell’acido, e da cui si sprigiona un vapore orribile. La casa è finalmente libera dal male e il protagonista può piangere suo zio, essendo rimasto l’unico a sapere cosa sia successo.
La Cosa sotto le piramidi
La cosa sotto le piramidi di Chefren e Micerino appare nel racconto “Sotto le piramidi”del 1924 scritto da Lovecraft su commissione di Harry Houdini, che all’epoca possedeva una cointeressenza nella rivista “Weird Tales”.
Il protagonista, il celebre prestigiatore Harry Houdini, nel 1910 si trova in vacanza in Egitto e si imbatte in una guida dal nome di Abdul Reis El Drogman, le cui fattezze ricordano quelle di un faraone. ll nome sembra fittizio, siccome Reis individua una persona che ricopre una carica, e Drogman è semplicemente un sinonimo di guida turistica.
Si narra che sotto le piramidi di Chefren e Micerino vi siano livelli inferiori bloccati in tutta fretta da certi archeologici e che si sconsiglia di visitarli di notte.
Con l’inganno, Drogman e i suoi uomini intrappolano il mago e lo calano nelle profondità della zona archeologica delle piramidi di Chefren e Micerino, per spingerlo a confrontarsi con una magia più autentica della sua.
Grazie alle proprie portentose abilità riesce a liberarsi.
Mentre cerca un passaggio per tornare alla luce del sole, assiste a uno spettacolo orribile in una caverna: Chefren, il faraone della sfinge, vive ancora oggi nelle viscere della terra, sposato alla crudele regina Nitokris dal volto semidivorato, e governa un popolo di mummie che non sono né umane né animali, ma che hanno tratti di entrambi.
Egli assiste inorridito a una cerimonia propiziatoria tenuta da Chefren in favore di una mostruosità simile a un ippopotamo, privo di collo, con 5 teste villose di varie dimensioni, dalle quali fuoriescono tentacoli rigidi con i quali raccoglie il cibo offerto.
Davanti a quella vista, Houdini fugge in preda al terrore lungo le scalinate, e miracolosamente si ritrova fuori davanti alla Sfinge.
Houdini tenta di liquidare l’esperienza come un incubo o un allucinazione per il tentato rapimento e le suggestioni date dalle sue letture sull’Egitto, anche se non può non notare la somiglianza tra Drogman e Chefren, colui che fece scolpire la seconda piramide e sul cui volto venne modellata la Sfinge.
L’orrore di Martin’s Beach
L’orrore di Martin’s Beach appare nel racconto omonimo.
Il 17 maggio 1922 l’equipaggio del peschereccio guidato dal capitano Horne uccidono e portano a riva un mostro marino. L’essere è lungo quindi metri, largo tre metri e mezzo e ha una forma vagamente cilindrica. Appare come pesce branchiato ma munito di zampe anteriori di piedi a sei dita al posto delle pinne pettorali. Presenta pelle scagliosa e un unico occhio incavato.
I naturalisti concludono che, nonostante le enormi dimensioni, deve trattarsi di un esemplare di pochi giorni.
Il capitano Horne allestisce un museo marittimo a Martin’s Beach, in Florida, nel quale esporre la creatura marina.
Una notte di luglio la nave si disancora e sparisce tra i flutti di una tempesta.
L’8 agosto 1922 alcuni cittadini avvertono una increspatura nel mare. Un salvagente viene lanciato verso la sua origini, ed essa inizia tirare portando verso di sè i bagnini che tentano di condurla a riva. Il capitano Horne e almeno altre 5 persone cercano di fare forza sulla fune per catturare l’essere. Nonostante l’enorme forza infusa nel tentativo, l’essere marino non sembra minimamente cedere. Che si tratti di un esemplare molto più grande di quello precedente.
Con orrore, Horne e gli altri uomini si accorgono di essere incapaci di mollare la fune, e tutti vengono trascinati inesorabilmente verso i flutti. Il narratore crede di avvistare un occhio mostruoso e di udire una risata provenire dal mare…
Nella cultura popolare
Nel film del 1961 Gorgo una bestia marina gigantesca viene catturata e messa in mostra: alla sua ricerca si getta la – molto più grande – madre.
La bestia nella caverna
La bestia nella caverna appare nel racconto omonimo.
Un uomo si perde nella Caverna del Mammoth dopo avere abbandonato la sua spedizione.
A un tratto si sente raggiunto da una bestia non identificata, evidentemente prigioniera come lui, e per difendersi la colpisce con una pietra. La guida della spedizione raggiunge il narratore.
Inizialmente identificano la creatura con una scimmia antropomorfa dal pelo candido, dai lunghi artigli simili a quelli dei topi, bipede o quadrupede. Gli occhi incassati sono neri e privi di iride. Gli arti non sono prensili, forse il risultato della lunga prigionia nella caverna.
Prima che la guida le spari, la bestia emette un grugnito e muore.
Con orrore, i due si rendono conto che non era un animale, bensì un uomo.
Nella cultura popolare
La bestia nella caverna appare nel film breve “H.P. Lovecraft’s The Beast In The Cave” di Cameron McCasland.
E con questo credo di avere riepilogato tutto quello che c’è da sapere su questo argomento. Lasciami un commento, noi ci vediamo alla prossima!