La psicologia di Batman: viaggio nella filosofia di Bruce Wayne
Storytelling FumettiA oltre ottant’anni dalla sua creazione, Batman è tuttora uno dei massimi simboli della cultura pop, approdato praticamente a qualsiasi tipo di media di intrattenimento e divenuto esso stesso sinonimo di lotta contro il crimine e di perseveranza nella difesa della vita umana.
Leggi tutto: La psicologia di Batman: viaggio nella filosofia di Bruce WayneIn una città segnata dalla violenza e dalla corruzione, Batman si erge come un simbolo di speranza e coraggio. Rispetto ad altri supereroi che perseguono i suoi stessi principi, come Superman o SpiderMan, Batman è modellato sul concetto di infondere paura in coloro che perseguono il male. Rispetto ad altri colleghi ugualmente truci come The Punisher e The Shadow, ha un incrollabile rifiuto verso l’idea di uccidere e verso l’uso delle armi da fuoco, limitazioni auto imposte che costituiscono caratteristiche iconiche tanto quanto il celeberrimo logo del pipistrello che gi orna il petto.
Ma quanto nella sua visione è guidato dai principi che si è imposto, e quanto dalle traumatiche esperienze di cui è stato vittima? Preparatevi a un tenebroso viaggio che esplorerà la psiche del cavaliere oscuro di Gotham e ne porterà alla luce quei segreti che, forse, non siamo ancora pronti per conoscere.
La psicologia di Batman
Prima di analizzare la psicologia del crociato incappucciato, dobbiamo appurare come funzioni la sua mente. Non poche volte sono state sollevate osservazioni sulla sanità mentale del personaggio, vista la maniacalità con cui persegue i propri obiettivi.
Sappiamo che Bruce è un indiscutibile genio (ha un QI di oltre 190), che ha una mente costantemente focalizzata nell’analizzare e risolvere problemi (è un detective sempre in servizio), padroneggia 127 stili di arti marziali (viene superato nell’universo soltanto da individui leggendari o superumani), e ha una conoscenza almeno di base praticamente di ogni disciplina umana. Tuttavia, questa eccellenza mentale lo fa apparire anche freddo, distaccato, maniacalmente coinvolto nei propri obiettivi, stoico, autoritario anche verso i suoi alleati, indubbiamente non incline a manifestare le proprie emozioni.
Non possiamo inoltre fare a meno di pensare che una larga parte dei nemici che muovono guerra all’uomo pipistrello sono affetti da un qualche tipo di disturbo mentale, il che porta a chiedersi se anche l’obiettivo delle loro azioni non soffra della stessa condizione.
Cosa sappiamo a conti fatti della personalità di Bruce Wayne?
A nostro giudizio – e prendetelo con tutti i limiti del caso – egli non soffre di disturbo dissociativo di personalità. Non veste di pipistrello perché crede di esserlo, ma perché esso è il simbolo attraverso cui vuole infondere paura nei criminali superstiziosi, ed eventualmente subilinare la propria fobia verso tali animali.
Non presenta attitudini narcisistiche (non usa il proprio carisma per attirare e manipolare gli altri per la propria gratificazione), né soffre di deliri allucinatori.
Addirittura, Batman ha un tale controllo sulla propria personalità da avere creato “Il Batman di Zur-En-Arrh”, una sorta di “sistema operativo di emergenza” che entra in funzione quando la personalità di Bruce viene compromessa, agendo come un Batman puro non influenzabile a livello mentale.
I problemi mentali che lo affliggono più probabilmente includono: introversione, mancanza di fiducia negli altri, disturbo post traumatico da stress (da anni continua a sognare la morte dei genitori), depressione da sindrome del sopravvissuto e dalla convinzione non riuscire mai a sradicare del tutto il male dalla sua città. Bruce è maniacalmente devoto alla propria causa, al punto che in più di un’occasione i suoi alleati gli fanno notare come rischi di autodistruggersi sotto i suoi stessi sforzi.
Allo stesso tempo Batman, per quanto possa essere amico di altre persone, è assolutamente paranoico. Nel corso della sua carriera ha innumerevoli volte mancato di fiducia verso i suoi alleati spiandoli, ha costruito un enorme satellite per controllare i supereroi della Terra, ha messo a punto piani per eliminare ogni possibile buono votatosi al male, compreso lui stesso, piani che in genere vengono poi attuati contro la sua volontà.
Anche se la portata di ciò varia da autore ad autore, Batman tende a essere autoritario nei confronti dei suoi subalterni che tratta come soldati in guerra, esigendo il massimo rigore fisico e mentale e cacciandoli fuori dalla squadra quando tradiscono la sua fiducia. Interessante notare come nessuno dei suoi figli adottivi ha – almeno all’inizio – ricoperto l’emblema del pipistrello: in “Young Justice”, Robin afferma di non provare quell’oscurità e quella determinazione verso la vittoria a ogni costo, e di non voler essere “quel Batman”.
Indubbiamente, Bruce è una persona che non è riuscita a elaborare completamente il lutto dei genitori e ad andare avanti in una direzione scollegata da essa.
Ad esempio, fa sì che la famigerata Crime Alley nella quale sono morti rimanga inalterata nonostante gli ammodernamenti di Gotham, come un museo a cielo aperto a memoria della tragedia che vi si è tenuta.
Nonostante il suo rigore non dobbiamo pensare che il nostro eroe sia un robot privo di emozioni; piuttosto, è tanto rigoroso da non lasciare che intralcino le sue azioni.
Nella storia “Venom”, soffre talmente tanto per non essere riuscito a salvare una ragazzina che accetta di assumere una droga per potenziare le sue prestazioni fisiche, divenendone in breve tempo dipendente e affrontando un doloroso percorso di disintossicazione per uscirne.
Dal punto di vista psicologico, quanto c’è di Bruce Wayne in Batman, e quanto c’è di Batman in Bruce Wayne? La risposta varia a seconda dei cicli di storie.
In “Bruce Wayne: Fuggitivo”, lo scapolo d’oro di Gotham viene ritenuto ingiustamente colpevole dell’omcidiio della sua fidanzata: giunge allora alla decisione di dismettere completamente la sua identità di Bruce Wayne e, ai suoi costernati alleati, spiega che nel suo caso è Bruce la sua vera maschera, una copertura che gli permette di muoversi in società e di sostenere la sua missione, mentre Batman è ciò che realmente è. Questo, di nuovo rapportandosi a Superman, è il contrario di quanto afferma l’azzurrone nella serie televisiva degli anni ‘90, quando afferma che “Clark Kent è ciò che sono, Superman è quello che faccio”.
Dal punto di vista della salute mentale, vi è seriamente da considerare la possibilità che Batman, a conti fatti, non sia altro che il riflesso speculare, ma dalla finalità opposta, dei criminali in costume che affronta. Un uomo che decide che le leggi non valgono per lui, che persegue i suoi obiettivi con la violenza, maniacalmente, che sublima la propria frustrazione nei confronti della vita sotto un costume che gli consente di agire senza inibizioni.
Il triste augurio che Joker gli rivolge in Arkham Asylum ancora ci risuona nelle orecchie.
“Ricorda, se le cose là fuori si facessero troppo dure, c’è sempre un posto qui per te!”
Tuttavia, per quanto condivida con i suoi nemici doti mentali ben sopra la media e una ferrea determinazione al raggiungimento dei propri obiettivi, egli è limitato da profonde convinzioni filosofiche che non lo porteranno mai a varcare una soglia troppo pericolosa.
La filosofia di Batman
L’operato di Batman ruota tutto attorno alla violenza e alla paura: minacce, terrore psicologico e percosse sono gli strumenti con cui guadagna faticosamente la strada verso la risoluzione di un caso.
Questo lo contraddistingue dal suo collega in blu, il super paladino di Metropolis che ha abbracciato pienamente la via dell’ottimismo e della ispirazione.
Potreste pensare: bella forza, quando sei praticamente un dio sceso in terra, non temi proiettili e pieghi l’acciaio con i denti. Inoltre le visioni di Superman e di Batman sono fortemente influenzate dalle rispettive esperienze personali: Clark Kent è stato cresciuto da una coppia amorevole che lo ha spinto a vedere sempre il bene nel prossimo: Bruce Wayne si è visto strappare via con la forza le due persone che amava di più al mondo e si è chiuso nel suo guscio di rancore, solitudine e sofferenza.
Dal punto di vista filosofico, quale dei due approcci è realmente funzionante nel mitigare il male che affligge una città caotica e corrotta come Gotham?
Gotham è sempre stata una città dalle influenze maligne: basta pensare che nelle sue fondamenta affondano le origini della Corte dei Gufi, una organizzazione composta dalle più ricche e depravate famiglie della società bene che compiono ogni genere di malfatte.
Prima ancora che facessero la loro comparsa i criminali in costume, la città era nelle mani di potenti famiglie mafiose, come i Falcone e i Maroni, che avevano sul libro paga larga parte della Polizia e degli organi di giustizia, assicurandosi la piena immunità. L’operato di un giovane Batman, dell’integerrimo Jim Gordon e dell’ispirato procuratore distrettuale Harvey Den contribuì a porre un freno al dilagare del malcostume, ma la corruzione permane ancora oggi.
Gotham City è una città marcia oltre ogni possibilità di redenzione? Di questo sembra essere convinto Ra’s Al Ghul, che in varie occasioni punta a distruggerla considerandolo il covo di ogni peccato sulla Terra.
Una considerazione triste a riguardo ci viene da un episodio del ciclo di storie a fumetti “Terra di Nessuno”. Gotham è sconvolta da un terremoto, e i danni sono così ingenti che lo stesso Superman è spinto a intervenire, per fermare i furfanti che tentano di fare ulteriore male. Alla fine di una serie di imprese, purtroppo, l’azzurrone constata che il suo approccio non scende in profondità nel curare il male che si è sedimentato nella metropoli, e che non sa come aiutarla.
Tuttavia, come sappiamo, il cavaliere oscuro dedica tutto se stesso al fine di salvare le vite altrui, affinché altri non debbano passare un inferno come quello che è toccato a lui.
Una testimonianza sulla personalità dell’interessato da parte di lui stesso ci giunge dalla storia “The Imposter”, nella quale un giovane Bruce confida alla sua terapista:
“Sono andato in capo al mondo per imparare a controllare il mostro. Non per eliminare la paura. O il dolore. Ma per diventarlo”.
Il suo scopo ultimo non è quello di espellere il dolore dalla propria vita, ma di rimodellarlo, per diventare qualcosa in grado di fare la differenza per i cittadini di Gotham: Batman.
Un’altra critica che viene mossa alla condotta del crociato incappucciato è che la sua presenza attira un numero sempre maggiore di criminali dalla mente deviata desiderosi di confrontarsi con lui, le cui azioni portano a un numero di morti tali da spingere a domandarsi se effettivamente questa crociata valga la pena di essere combattuta.
Chiaramente in primis viene in mente il Joker. Il principe pagliaccio del crimine spesso è volentieri è mosso dal desiderio di ammazzare o plagiare Batman, in un teatrino di scontri eterno che porta caos e distruzione a Gotham City e oltre. E il Joker è convinto che lui e Bats siano uguali, due persone che hanno attraversato una giornata storta che ha cambiato radicalmente le loro vite.
Una caratteristica fondamentale della filosofia di Batman è la sua etica rigorosa e l’assenza di compromessi. Batman si attiene a un codice morale ferreo che guida le sue azioni e le sue decisioni. Non importa quanto difficile possa essere la situazione, Batman si rifiuta di scendere a compromessi con i suoi principi.
Il Joker ha spesso messo in discussione questa convinzione, cercando di dimostrare che a conti fatti, se l’eroe non uccide lui o gli altri suoi nemici, questi hanno modo in seguito di provocare altre vittime. E che quindi, il loro sangue ricada direttamente sull’eroe.
La filosofia di Batman risponde a questa tesi con una affermazione esemplare: “Se io uccidessi, il numero di criminali in città non cambierebbe” ovvero che separare quella linea lo porrebbe a tutti gli effetti allo stesso livello di quegli individui che si è prefissato di fermare.
Batman quindi, per quanto violi la Legge per perseguire un bene superiore, non considera se stesso al di sopra di inviolabili dettami umani. Coerentemente con questa visione, per lui tutte le vite umane hanno lo stesso peso. Non importa di quali crimini si è macchiata una persona, il nostro eroe è disposto a sacrificare la sua vita per salvare quella del suo peggior nemico (letteralmente).
Alla base di questa convinzione vi è anche la paura insondabile che uccidere per lui sia troppo facile, e che soltanto i suoi scrupoli morali gli impediscano di farlo. In un episodio della serie animata, Batman perde ogni inibizione a causa del gas dello Spaventapasseri, e Robin gli fa notare che “un Batman che non ha paura, è un Batman che non ha paura di uccidere”.
Inoltre vi è una ragione ancora più nobile alla base delle sue azioni. Batman, in ultima analisi, crede nel riscatto di chiunque, e non uccide siccome è convinto che qualsiasi persona, persino un omicida di massa come il Joker, dentro di sé abbia il potenziale per un giorno redimersi.
L’eredità filosofica di questo straordinario personaggio è un richiamo alla nostra capacità di lottare per il bene e di non lasciare che le tragedie del passato ci definiscano. Batman ci insegna che anche le persone senza superpoteri possono diventare eroi e che, nonostante le ardue sfide, la luce della speranza può brillare più forte del buio.
E con questo è tutto. Speriamo che questa disamina ti abbia interessato. Se sei arrivato fino alla fine, scrivi nei commenti “Santa Psicologia, Batman!” e quale altro personaggio vorresti vedere trattato. Noi ci vediamo alla prossima!