I Miti di Cthulhu di Robert Howard

I Miti di Cthulhu di Robert Howard

Ben ritrovati.

Oggi parleremo dell’influenza che la produzione letteraria di Howard Phillips Lovecraft ha avuto su un altro gigante del genere fantastico, Robert Erwin Howard, e come il secondo ha contributo al ciclo letterario del primo.

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Nel mese di agosto 1930 Howard scrisse all’altro Howard per complimentarsi di una recente ristampa de “I ratti nei muri” e discutere di alcune oscure allusioni all’antico gaelico contenute al suo interno. Lovecraft rispose con molta cortesia e i due intrapresero una corrispondenza consistente che durò per il resto della vita dell’autore texano.

Robert Howard scrisse nel corso della sua vita quattro storie esplicitamente ambientate nei Miti di Cthulhu, oltre a integrare alcune leggere citazioni di nomi di divinità in altre delle sue opere. La sua produzione letteraria d’altronde vide largo uso di elementi caratteristici delle ambientazioni fantastiche del suo collega di Providence: resti di civiltà preistoriche, entità preumane e culti blasfemi appaiono anche nelle saghe di Conan il cimmero, Kull di Valusia e Solomon Kane.
Howard e Lovecraft si stimavano a vicenda ed erano usi citare l’uno le creazioni narrative dell’altro, oppure sviluppare insieme determinati concetti. In “I Figli della Notte” di Howard i personaggi menzionano vari culti oscuri, sia quello di Cthulhu che di Bran Mak Morn; in “L’ombra venuta dal tempo” si menziona “il cimmero Crom-Ya” e in “Colui che sussurrava nelle tenebre” Valusia e gli Uomini Serpenti. Esiste un frammento di racconto di 300 parole di Howard intitolato “Dagon Manor” che dovrebbe essere una falsa partenza per la storia definitiva di “I Figli della notte”, siccome ne condivide personaggi e situazione.

Le creazioni fantastiche di Howard sono state in alcune casi leggermente adattate per farle entrare nei Miti di Cthulhu.

Gol-Goroth (Il Dimenticato) appare per la prima volta nel racconto “Gli dei di Bal-Sagoth”.

Esso è una divinità dall’aspetto di enorme rospo ghignante che risiede in un tempio perduto nella giungla dell’Honduras, risalente a prima dell’arrivo degli spagnoli, tempio che non ha particolari affinità con l’architettura del tempo. Secondo il Von Juntz, occorre un medaglione contenente una gemma rossa a forma di rospo per accedere al tesoro del tempio. Tuttavia la creatura è il tesoro stesso, e aprire la cripta nella quale riposa equivale a risvegliarla.

Gol-Goroth venne creato da Robert Howard e incluso nei Miti di Cthulhu da Lin Carter. Nella storia di Solomon Kane “La luna dei teschi” una divinità chiamata Golgor è menzionata assieme a Valka, Hotah e Honen.

Un contributo al Ciclo di Cthulhu di Howard è il personaggio del professor John Kirowan, che compare spesso associato a John Conrad al punto che i loro racconti sono considerati il ciclo di “Conrad & Kirowan”. Kirowan è uno studioso dei Miti che viaggia per il mondo alla ricerca di conoscenze perdute. Discende da una famiglia nobiliare irlandese e da un cavaliere medievale, Sir Michael Kirowan, famoso per aver ucciso un criminale il cui fantasma tormentava Kirowan.

Per vendicarsi del suo mentore Yosef Vrolok, per avere manipolato contro di lui l’unica donna che avesse mai amato, viaggiò per il mondo in cerca di conoscenze, conoscenze che finò per rinnegare disgustato dal loro contenuto. La storia “L’abitatore dell’anello” include anche un rimando al ciclo di Conan tramite l’anello di Toth-Amon.

Passiamo ora ad analizzare le storie di Robert Howard ambientate nei Miti di Cthulhu.

Miti di Cthulhu Robert Howard

La Pietra Nera

Il narratore incappa miracolosamente in una famigerata copia originale del “Culti innominabili” di Von Juntz, siccome – dopo avere saputo della tremenda morte del suo autore – molti possessori distrussero le copie in loro possesso, e ne esistono solo mezza dozzina al mondo.

Il libro rivela concetti inquietanti ma, ciò spaventa ancora di più, è che l’autore non osò pubblicare altre informazioni oltre a quelle già tremende presenti. In esso si narra della Pietra Nera, un sinistro monolito nascosto tra le montagne dell’Ungheria sul quale gravano oscure dicerie. Von Juntz la definiva come “una delle chiavi” in modo molto criptico, e su di essa sono riportati antichi geroglifici. Si dice che chi dorma attorno alla pietra abbia gli incubi e che qualcuno sia morto per aver visto qualcosa in quel luogo. La pietra era stata visitata dal poeta Justin Geoffrey, il quale poi è morto in manicomio. Urlando.

Il narratore giunge al villaggio di Stregoicavar (“Villaggio della strega”). Viene a sapere della storia del conte Boris Vladinoff che secoli prima combatté contro gli ottomani. A un certo punto ricevette uno scrigno con i resti dello scriba Selim Bahadur. Il contenuto lo sconcertò e poi finì sepolto dal crollo delle macerie, sotto le quali riposa ancora oggi.

Il protagonista dimora in una locanda risalente a 400 anni prima, ai tempi la base di Selim Bahadur. Nel 1526 i turchi eliminarono gli abitanti originali della valle che poi vennero sostituiti dagli antenati di quelli attuali, dalle fattezze molto più convenzionali di quelli precedenti.

Il narratore ammira la pietra, alta oltre 5 metri, e sospetta abbia delle somiglianze con un’analoga creazione nello Yucatan, che secondo lui fungeva da base per una struttura alta oltre 300 metri. Chi ha provato a distruggerla ha sempre fatto una brutta fine.


Il protagonista ha un incubo nel quale degli individui dai tratti repellenti che sacrificano una donna e un bambino sull’altare a un mostruoso rospo.

Presso i resti del conte trova lo scrigno con la pergamena, nella quale Selim racconta che i musulmani hanno ucciso un rospo mostruoso in una caverna, e nel cofanetto è presente un suo idolo.

Il protagonista getta il contenitore nel Danubio ma ormai la consapevolezza lo perseguita. La Pietra Nera è una chiave per mostruose sfere di esistenza celate sotto la montagna, come il Maestro del Monolite, che sono pronte a risorgere…

La cosa sopra il tetto

Il narratore riceve dal suo – non troppo amato – conoscente – Tussman una richiesta di aiuto per procurarsi una copia del detestabile “Culti innominabili” di Von Juntz, che teoricamente non esiste più nella versione di Dusseldorf del 1839. 

Von Juntz viaggiò molto e nel 1840 fu misteriosamente strangolato in una stanza chiusa dall’interno. 5 anni dopo venne pubblicata una versione pirata di pessima qualità da Bridewall. Nel 1909 la Golden Goblin Press la ristampò in forma censurata.

Tussman cerca una versione originale del tomo in cambio di una smentita alle accuse che aveva rivolto alla validità degli studi sullo Yucatan del narratore. Egli cerca qualcosa che non è riportato nella versione edulcorata dall’opera.

Dopo alcuni mesi il narratore recupera una copia originale del libro. 

Al suo interno si parla di una tribù scomparsa dello Yucatan che aveva adorato un antico dio. La mummia del sacerdote presenta una gemma che serve ad aprire la sala del tesoro del dio indio.

Gli indios affermano che i costruttori del tempio appartenevano a una razza di molto precedente i conquistadores.

Tussman ha già visitato il tempio e intende tornarvi per recuperare il tesoro del dio rospo che nemmeno i conquistadores trovarono. Mesi dopo invita il narratore a raggiungerlo nella sua tenuta del Sussex: qui ode un rumore di zoccoli.

L’uomo gli spiega deluso di avere raggiunto il tempio del dio rospo, collocato in una valle dimenticata, ma di non avere trovato altro tesoro che la gemma rossa al collo della mummia, legata a una catenella con incisi simboli simili a quelli della Pietra Nera in Ungheria.

La sala del tesoro si era rivelata vuota e la mummia, che l’uomo intendeva donare a un museo, era misteriosamente scomparsa. Mentre rievocano i fatti, i due avvertono un rumore come di zoccoli sul tetto.

Indagando sulle pagine del Von Juntz, approfondiscono il fatto che il popolo pre-indio adorava un dio ghignante a forma di rospo, e che il dio era il tesoro stesso.

Capiscono quindi che la chiave serviva a destare le cose dormienti nel tempio.

Il narratore corre nella stanza di Tussman e trova il suo corpo steso sul pavimento, circondato da una sorta di mucillagine, con il volto schiacciato da quello che sembra essere uno zoccolo.

Non scavatemi la fossa

Il Professor John Kirowan viene visitato dal suo amico Joe Conrad in stato di grande agitazione. Gli riferisce che il loro conoscente John Grimlan è morto improvvisamente per un attacco epilettico, in uno stato di enorme terrore. Costui viveva come un eremita nella sua casa sulla collina e si dice avere stretto in gioventù un patto con il diavolo, tanto era odiato dalla popolazione. 

Già in passato era stato colto da crisi che lo facevano piegare in modo tremendo e urlare strane esclamazioni, probabilmente un male di origini ereditarie; si dice anche che avesse visitato largamente l’oriente.

Conrad lo apprezzava per le sue conoscenze sull’occulto, e i due si recano alla sua abitazione. Egli aveva turbato Conrad accennando a tremende entità come Koth, Yog-Sothoth e Yuggoth e lasciando intendere di essere antichissimo, cercando poi di celare i suoi comportamenti deliranti. Secondo la gente da decenni Grimlan non è invecchiato affatto dall’età apparente di 50 anni.

Nella sua abitazione trovano il cadavere di Grimlan e un documento risalente al primo attacco epilettico dell’uomo dopo essere tornato dalla Mongolia.

A quanto pare nel delirio aveva chiesto a Conrad di fare a pezzi il suo cadavere e di spargerlo ai quattro venti. Secondo le disposizioni lasciate dall’occultista, il corpo di Grimlan deve essere deposto su un tavolo d’ebano circondato da sette candele e occorre leggere un determinato incantesimo.

A quanto pare ha lasciato il suo patrimonio a un certo Melek Ṭāʾūs, che però è il nome del dio del male adorato dagli Yazidi, rappresentato dal pavone d’ottone, un equivalente di Satana.

Nel testamento è riportato anche “Non scavatemi la fossa: non ne avrò bisogno”.

Trovano in un documento che attesta la sua nascita nel 1630 e la morte nel 1930, con un sigillo di pavone.

Inspiegabilmente in casa è già arrivato un orientale che intende dare il via a una cerimonia per il cadavere, ornato di un simbolo del pavone, lo stesso sulla tunica che avvolge il cadavere. Iniziano a leggere l’antica pergamena che sembra scritta con un linguaggio antico, e riporta una sorta di patto oscuro stipulato nella città perduta di Koth da Grimlan nel XVII secolo che gli ha garantito la longevità. Il mortale che decide di adempiere tali patti deve però pagarne le conseguenze e adempiere al volere del principe delle tenebre, Melektaus ovvero Satana!

Una forza misteriosa si scatena sulla stanza e, quando i due occidentali ripristinano la luce, vedono che l’orientale e il cadavere di Grimlan sono scomparsi.

Si gettano quindi alla fuga prima che la casa bruci completamente.

Scorgono una cosa orrenda che tra gli artigli regge una figura umana: colui che un tempo era noto come Grimlan…

La storia è stata adattata dalla Marvel Comics in “Journey into Mystery Vol. 2” (1972) e presenta alcuni cambiamenti dei nomi dei personaggi, oltre alla citazione di Shuma-Gorath al posto di Yog-Sothoth.

Il fuoco di Assurbanipal

L’americano Steve Clarney e il suo compagno afghano Yar Ali cercano la maledetta città dei morti nel deserto arabo. Essi hanno udito la leggenda della gemma chiamata “Il fuoco di Assurbanipal” e vogliono ritrovarla. 

Karah-Sher è una città con edifici in pietra nera su cui gravano tremende leggende che tengono lontani i beduini. I due avventurieri si riparano tra le sue rovine venendo inseguiti da dei predoni, che si rivelano essere guidati da Nureddin El Mekru, uno sceicco schiavista nemico di Clarney.

Nel tempio di Baal trovano la gemma rossa trattenuta dalla mano di un cadavere. Si dice che lo stregone Xulthan la rubò a un demone in una caverna in tempi antichissimi. Il negromante venne torturato dal re della città ma, prima di morire, evocò gli Dei Antichi e liberò il demone dalla sua prigionia. Il cadavere del re rimase a custodire la gemma maledetta.

Lo sceicco non crede che essa sia maledetta ma, quando la sfiora, un orrore tentacolato lo agguanta e lo trascina oltre la parete. I suoi uomini si danno alla fuga ma Steve e Yar Ali tentano di sopravvivere chiudendo gli occhi per non scorgere la creatura, siccome non hanno violato la pietra. Proprio all’ultimo Clarney che da un’occhiata di sfuggita  e sviene alla vista di un rospo mostruoso con le ali. Il demone evocato da Xulthan!

Quando si risveglia vorrebbe credere che si sia trattato di un sogno, ma la testa mozzata dello sceicco ricorda che nessuno può mettere le mani sul Fuoco di Assurbanipal…

E con questo è tutto. Spero che questo articolo ti abbia interessato. Noi ci vediamo alla prossima!

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