Ben ritrovati a un nuovo episodio sugli scrittori che per tematiche e stile più si avvicinano al nostro amato Sognatore di Providence.
Oggi torneremo a parlare di Arthur Machen, già trattato nel mio video dedicato al suo romanzo “Il Grande Dio Pan” per trattare un’altra sua opera che, come vedremo, ha avuto un’indubbia influenza sulla produzione lovecraftiana: “Il romanzo del sigillo nero”.
Il romanzo del Sigillo Nero di Arthur Machen: le influenze in Lovecraft
“Il romanzo del Sigillo Nero” è una delle storie horror presenti nel romanzo a episodi “The Three Impostors” dello scrittore britannico Arthur Machen, pubblicato per la prima volta nel 1895.
Il romanzo comprende diverse storie weird legate a una società segreta di Londra devota al compimento di degenerati riti pagani.
In questa sede tratteremo la storia e le influenze lovecraftiane dell’episodio intitolato, come detto, “Il romanzo del Sigillo Nero”.
Almeno due delle storie presenti in questa raccolta, “Il romanzo del Sigillo Nero” e “Il romanzo della polvere bianca”, influenzarono il lavoro di Howard Phillips Lovecraft e questi, nel suo saggio “Supernatural Horror in Literature”, segnalò che esse rappresentano probabilmente la più alta vetta del talento di Machen nell’instillare terrore.
L’idea nel sigillo nero di una razza umanoide deforme che vive in una regione rurale viene utilizzata appunto da Lovecraft nel suo racconto “La paura in agguato”.
Arthur Machen, essendo un gallese vissuto a cavallo tra il XIX e il XX secolo, conosceva molto bene le leggende delle sue terre sulle fate e gli elfi che si nascondono nel sottosuolo, e scrisse diverse storie basate appunto sul concetto del popolo fatato che vivrebbe distinto, ma comunque vicino, a quello umano.
La trasformazione di Jervase Craddock, le cui carni mutano e si trasfigurano, è un processo inumano che già abbiamo visto in Helen Vaughan in “Il Grande Dio Pan” di cui ho parlato nel mio video dedicato. A sua volta questa trasformazione contro natura fa pensare all’inumana conformazione fisica di Wilbur Whateley in “L’orrore di Dunwich”.
L’idea di un popolo antichissimo con poteri prodigiosi che vive nel sottosuolo è presente anche nel racconto “Il tumulo” di Lovecraft, che trovi nel mio video dedicato agli Antichi.
Il romanzo del sigillo nero: la trama
La protagonista, la signorina Lally, si ritrova a Londra senza lavoro a patire la fame dopo la morte della madre che ha lungamente assistito.
A salvarla dalla disperazione ci pensa il professor Gregg, che mosso a compassione le offre un impiego come governante dei suoi figli.
La donna diventa di fatto anche la segretaria del professore, erudito studioso in fatto di antiche civiltà, il quale sogna di compiere prima o poi una scoperta sconvolgente.
La famiglia si trasferisce in campagna nel Galles, in un luogo dove si trovano antiche vestigia romane, siccome il professore è affascinato dai misteri leggendari.
A un certo punto Gregg le fa vedere un artefatto di cui è molto orgoglioso: il Sigillo Nero, una pietra dal diametro di 3 centimetri e mezzo ornata da misteriose tracce cuneiformi indecifrabili. L’oggetto, simile a un piccolo pressatabacco, risalente a 4.000 anni or sono, è stato scolpito da una civiltà ormai scomparsa e ritrovato nei pressi dell’antica Babilonia.
Il professore e la famiglia si trasferiscono nei pressi di una cittadina nell’Inghilterra Occidentale dove si trovano dei resti romani.
In un libro di Pomponio Mela la narratrice legge della Pietra Sessanta, detta così perché presenta sessanta caratteri, chiamata in lingua gallese Ixaxar. Gregg si dimostra molto interessato al fatto che nel libro si parli della pietra, ovvero il sigillo nero.
Un giorno, lo studioso comunica alla Lally la sua decisione di assumere un giovane per aiutare la cameriera, anche se è palese che questa non ne abbia bisogno.
Porta perciò a vivere con loro un certo Jervase Craddock, un quattordicenne che vive nelle vicinanze con la madre dopo la morte del padre. Si tratta di un giovane di mente semplice, per non dire ritardato, con capelli e occhi neri, dalla pelle olivastra e la voce aspra e sibilante e che spesso parla da solo.
Una notte l’attenzione di tutti viene richiamata dal fatto che il giovane Craddock viene ritrovato in stato confusionale, con il professore molto agitato, e la governante nota che un pesante busto è stato spostato, non si sa ne come ne da chi. Esso inoltre è ricoperto da una strana mucillagine e puzza come un rettilario.
La Lally diventa sempre più curiosa nei confronti del vero scopo delle ricerche del professore ma questo continua a rispondere in maniera elusiva.
Un giorno il professore manifesta l’intento di uscire senza fare intendere se e quando abbia intenzione di tornare. Poiché appunto Gregg non torna, il giardiniere consegna alla Lally un biglietto che era stato incaricato di recapitargli in caso di sua scomparsa, che spiega i retroscena della storia.
Il popolo fatato di Arthur Machen spiegato
Da anni Gregg investigava su strani accadimenti violenti nelle zone attorno alle Grey Hills, ed era venuto a sapere di un vecchio ucciso in quella zona da una strana antica scure. La sua ipotesi era che il popolo fatato rappresentato in ottica bonaria, in antichità fosse una razza distinta dal ramo evolutivo umano in possesso di doti prodigiosi, contraddistinta da un modo di parlare diverso da quello degli uomini, e che oggi potrebbe risiedere nel sottosuolo del Galles. Difatti scrittori come Pomponio Mela parlavano di antichi esseri nel Nord Africa che avevano l’aspetto di uomini ma un’altra natura.
Le antiche storie narravano di un popolo evidentemente distinto dalla razza umana, antico e dotati di poteri sorprendenti, che parlava in maniera diversa dagli umani e che potrebbe nascondersi nel sottosuolo.
Indagando tra le cronache, viene a sapere la storia di un vecchio ucciso da una scure in pietra antichissima, legata a un manico di legno, arma decisamente insolita per commettere un delitto. Dopo averla provata si avvede che l’arma sembra respingerlo e non sembra quasi maneggiabile da un essere umano.
Giunge alla conclusione che nessuno – umano – possa averla utilizzata negli ultimi 4.000 anni.
Il vecchio inoltre alludeva a certe cose prodigiose che si potevano scorgere la notte, e poco dopo venne ucciso.
Il professor Gregg ricevette poi una lettera da un suo conoscente che riportava le stesse strane scritte presenti nel sigillo nero, che lo informava di averle rinvenute su delle rocce delle Grey Hills. Si tratta di simboli in inchiostro rosso alti due o tre centimetri simili a caratteri cuneiformi, anche se l’ipotesi sembra pazzesca.
Confrontando i caratteri del sigillo nero con quelle di una pietra in un museo lo studioso scopre il significato delle scritte, che gli rivelano i metodi per riportare gli esseri umani alla loro origine rettile: terrorizzato, brucia le sue traduzioni.
La sua attenzione venne colpita dal fatto di una donna che, recatasi da un parente per riferire la scomparsa del marito, venne ritrovata in preda al terrore nei pressi delle Grey Hills. Visitata dal medico, non fece altro che gridare e venne reputata pazza, al punto che tutti credevano fosse destinata a morire a breve.
Questa tempo dopo dette alla luce un bambino, ovvero Jervase Craddock, ed essendo il marito morto non si capiva bene chi fosse il padre.
Jervase ha quindi nelle vene il sangue del piccolo popolo, e il professor Gregg – sapendo che il giovane già si incontrava con i suoi simili – ne ha la conferma quando ode dalla sua voce i segreti dell’oltretomba e, una notte, il suo corpo inizia a gonfiarsi e fuoriesce una sorta di tentacolo che afferra il busto e lo sposta, come fosse una protuberanza di una lumaca.
Il piccolo popolo della leggenda (che in italiano vengono tradotte come “fate” anche se più correttamente sono i fairies, che hanno un’accezione meno benevola di quella che crediamo) che viveva in luoghi remoti, compiva rite tra le colline. I suoi membri sono diversi dagli uomini a parte che per il volto, odiano il sole, sibilano e producono suoni aspri. Non conoscono le usanze umane, sibilano anziché parlare.
Nelle antiche tradizioni si parla appunto di trasmutazioni che avvengono nelle colline delle Grey Hills, una zona spoglia e deserta, e di queste antiche genti riconducibili ai rettili. Dall’analisi dei caratteri del sigillo l’uomo apprende il terribile segreto che permette agli uomini di regredire alla forma di rettili. Terrorizzato, brucia il frutto delle sue ricerche.
Jervase è quindi un ibrido tra umani e fatati: a contatto con il sigillo nero, le sue carni possono mutare riconducendosi alle sue origini rettili, in questo stato diventa malleabile e mutaforma e può produrre dei veri e propri tentacoli.
Il professore quindi parte per scoprire la verità ma di lui vengono ritrovati soltanto alcuni effetti personali nella zona maledetta e una pergamena con i caratteri del sigillo nero. Evidentemente, il popolo fatato è intervenuto per farlo sparire nel sottosuolo, e la sua fine deve essere stata agghiacciante.
Possiamo quindi trarre delle conclusioni sul piccolo popolo, la razza del sigillo nero, anche se non viene fisicamente mostrata nel romanzo.
Si tratta evidentemente di una specie di aspetto o di origine rettile, frutto di una deviazione genetica dagli umani o di una regressione dell’evoluzione: essi sono in grado di mutare forma per assomigliare alle creature primordiali come i molluschi e i rettili.
Anche se secondo le leggende i fatati si accoppiano con gli umani non molto del tutto compatibili (siccome Jervase ha palesi problemi mentali), sono in grado di padroneggiare qualche genere di potere e di costruire o utilizzare armi non concepite per gli standard umani (siccome due uomini non riescono a utilizzare l’antichissima ascia). Probabilmente vivono nel sottosuolo di varie aree del mondo, come il Galles e il Nord Africa, dove si sono rifugiati dopo la diffusione degli umani, e il loro linguaggio è più simile al sibilare dei serpenti
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