Il trapezoedro brillante e i manufatti misteriosi di Lovecraft

Il trapezoedro brillante e i manufatti misteriosi di Lovecraft

Oggi parleremo dei manufatti misteriosi presenti nelle opere di Lovecraft, oggetti tanto prodigiosi quanto terribili.

Il trapezoedro brillante

Il trapezoedro brillante appare nel racconto “L’abitatore del buio” di Lovecraft.

Si tratta del sequel di “L’orrore dalle stelle” di Robert Bloch: come accordo scherzoso tra i due autori, ciascuno di essi avrebbe fatto perire un personaggio raffigurante l’altro in modo orribile nella propria opera.
Il Trapezoedro brillante viene definito come “una finestra su tutto lo spazio e il tempo”.

Ha l’aspetto di una pietra angolare racchiusa in uno scrigno metallico dalle strane decorazioni, un poliedro nerastro con strane striature rosse, composto di qualche materiale minerale o cristallizzato.

I Grandi Antichi lo portarono sulla Terra da Yuggoth, ove venne forgiato.

Gli Antichi dell’Antartide lo tennero in gran conto. Gli Uomini Serpente di Valusia lo recuperarono e venne scrutato per milioni di anni dai primi umani di Lemuria.

Si inabissò con Atlantide e fortuitamente venne ripescato da un pescatore minoico che lo cedette ai mercanti di Kem.

Il faraone Nephren-Ka gli dedicò una cripta senza aperture e svolse con esso azioni tali che gli valsero il bando dalla Storia. Il nuovo faraone fece distruggere la cripta ed esso rimase sepolto tra le sabbie.

Il Trapezoedro Brillante ha la peculiarità di potere evocare un aspetto di Nyarlathotep noto come L’Abitatore del buio.

L’Abitatore del buio viene presentato come un essere onnisciente che richiede enormi sacrifici umani, che offre visioni di altri mondi e arcani segreti ai suoi adoratori.

Appare come un mostro dalla forma di un occhio alato con tre bulbi, che viene indebolito dalla luce tenue e scacciato da quella forte. 

La chiesa di Federal Hill di Providence (ex Chiesa del libero arbitrio) era il luogo nel quale una setta eretica chiamata la Chiesa della Saggezza Stellare si riuniva per evocare l’Abitatore del buio.
Il culto venne fondato nel 1844 nel Rhode Island dal professor Enoch Bowen, un archeologo e occultista. La setta si serviva del Trapezoedro Brillante per ottenere conoscenza illimitata sull’universo, in cambio di sacrifici umani.

Il culto già contava 200 aderenti quando venne pubblicamente osteggiato dalle altre confessioni religiose, anche per il fatto che misteriose sparizioni nell’area potevano essere ricondotte all’attività del culto. Quando le autorità locali intimarono la chiusura della chiesa, 181 cittadini lasciarono Providence per ovvie ragioni.
Dal 1877 la chiesa viene abbandonata e attorno al 1880 si inizia a parlare di fantasmi che la infestano.

Lo scrittore e pittore Robert Blake, tornato a Providence nel 1934 dopo anni di viaggi, sente la sua attenzione calamitata dalla inquietante chiesa neogotica di Federal Hill.

Gli abitanti del posto sono terrorizzati dalla sua presenza e, se interrogati su di essa, fanno strani gesti con le dita, accennando a un mostro che aveva lasciato il suo marchio sulla chiesa.

Al suo interno Blake trova molti detestabili libri come il Necronomicon, il Libro di Eibon e il Cult des Ghouls, e il cadavere di un giornalista, dai cui appunti ricostruisce le vicende dell’edificio. Nella cella del campanile trova un contenitore con dentro una strana pietra angolare, al cui contatto ottiene visioni di preoccupanti mondi remoti.

Blake trova un taccuino redatto in Akhlo che riesce a decifrare e scopre inquietanti rivelazioni. Da allora ha l’impressione che qualcosa lo sorvegli dal campanile della chiesa.

La riduzione dell’illuminazione cittadina fa esplodere l’isteria degli italiani, che credono che qualcosa si stia spostando dalla guglia ai piani inferiori.  Blake si sente sempre più controllato dall’entità ed è costretto a legarsi quando dorme per non abbandonare la casa.

Durante un temporale i cittadini vedono una nube lasciare la torre e si sente odore di bruciato.
Blake viene ritrovato morto, come fulminato, con un’espressione orribile sul volto.

Negli appunti di Blake si legge che sentiva la sua fine ormai vicina, e che l’essere con l’occhio da tre bulbi stava venendo a prenderlo.
Il trapezoedro brillante viene gettato dal dottor Dexter nella baia di Narragansett.

L’oggetto viene lanciato dal Dottor Dexter nella baia di Narragansett.

Nel sequel “L’ombra del campanile” a opera di Robert Bloch, il Trapezoedro Brillante riesce a servirsi dell’oscurità presente nelle profondità marine nelle quali è immerso per liberare la creatura al suo interno.
Il dottor Dexter, posseduto dal l’Abitatore del buio, diviene uno dei più rinomati scienziati atomici del mondo, impiegando le sue conoscenza in vista di prossimi scopi bellici.

Il Trapezoedro Lucente protagonista della saga appare anche, sebbene non esplicitamente menzionato, nel racconto The Bane of Byagoona di James Ambuhel, nel quale per mezzo della gemma un perfido stregone richiama sulla terra un avatar di Nyarlathotep 

Nella cultura popolare

Nella miniserie a fumetti “Providence” il protagonista Robert Black e il suo amante Howard Charles entrano nella chiesa della Stella Sapiente a Providence.
Al suo interno trovano uno strano gioiello dentro un cofanetto e hanno un rapporto sessuale in sua presenza.

Successivamente Nyarlathotep, nella forma di Johnny Carcosa, lo va a visitare, richiamato dall’energia sprigionata da quell’atto, e gli spiega che nel corso della storia lui è servito per portare a Lovecraft gli spunti necessari a creare il Ciclo di Cthulhu, e fare sì che creature come lui prendano forma nella realtà.

Dopodiché, per ringraziarlo, gli offre un servizio sessuale spaventoso che lo lascia mortalmente sconvolto. 

Nel gioco Sundered il Trapezoedro è un’arma multiscopo e strumento di comunicazione di Nyarlathotep.

Nel gioco Darkest Dungeon è presente una gemma chiamata “puzzling trapezhoedon”.

Nel gioco Conan Exiles, il Trapezoedro Lucente è uno degli artefatti necessari per abbandonare le terre dell’esilio, in possesso del capo degli Uomini Serpente.

Lo Specchio (“La trappola”)

Lo specchio compare nel racconto “La trappola” di Lovecraft e Henry S.Whitehead.

Alex Holm è un mago nonché vetraio del diciassettesimo secolo che riesce a mettere a punto a Copenaghen uno specchio al cui interno è racchiusa una dimensione nella quale viene intrappolato assieme ad alcuni servi. Holm è un individuo spregiudicato con affiliazioni a culti occulti scandinavi che vuole saperne molto di più dei suoi contemporanei.

Riesce a scoprire un accesso allo spazio non ordinario dove il tempo non scorre e non si può morire nel senso ordinario. Costruisce quindi uno specchio a partire da un componente antico 

chiamato “il vetro di Loki” che si dice fornisca qualità di divinazione e altri poteri che possono essere sfruttati da un mago esperto.

Al suo interno si crea una dimensione che corrisponde a una versione distorta di quanto “registrato” dallo specchio dal mondo reale, ovvero soltanto gli oggetti immobili riflessi a lungo. 

Non è possibile interagire fisicamente con gli oggetti ma piuttosto ci si “sposta” di scena in scena attraverso zone nelle quali i particolari si mescolano.

Qui egli vive per secoli con alcuni conoscenti siccome non si necessita di mangiare o di bere, e saltuariamente sceglie altri individui da convincere telepaticamente ad avvicinarsi allo specchio per essere catturati.

Un insegnante del Connecticut, Canevin, trova lo specchio a Veracruz abbandonato da 200 anni, ne aggiusta i pezzi danneggiati e lo porta con sé negli Stati Uniti. Le ondulazioni dello specchio convergono in un dato punto, visibile solo da certe angolazioni. Toccando tale punto si viene trasferiti nella dimensione dall’altra parte dell’oggetto. I colori di corpo e vestiti e le dimensioni percepite vengono invertiti con quelli complementari; la capacità di esprimersi e muoversi non avviene come al normale.

Il suo allievo Robert Grandison scompare improvvisamente, ma l’uomo si accorge che è visibile da dentro lo specchio, dal quale lo contatta telepaticamente durante il sogno.

Decide quindi di agire rimuovendo il frammento antico dalla struttura dello specchio e rompendolo: quando lo fa Robert torna nel mondo reale, ma tutti quelli oltre a lui compreso Holm svaniscono.

Il ragazzo comunque mantiene tratti del corpo invertiti, come il cuore spostato a destra, il che dimostra l’autenticità della storia.

L’oggetto del prete malvagio

L’oggetto del prete malvagio appare nella trascrizione di un sogno di Lovecraft indirizzata a Bernard Austin Dwyer del 1933. Dopo la morte di Lovecraft, Dwyer estrapolò il contenuto della narrazione e lo inviò a Weird Tales che lo pubblicò come racconto nel 1939 con il titolo “The Evil Clergyman”.

Un individuo con la barba introduce il narratore in una stanza dove risiedeva “lui”, che a quanto pare a un certo punto venne fatto fuori da una certa congrega a cui era legato. Sul tavolo c’è un oggetto misterioso simile a una scatola di fiammiferi, probabilmente legato alle sue attività, che in genere tutti cercano di non guardare.

La città in cui ci troviamo sembra essere in Europa nonché affacciata sul mare. La casa è antica, nella libreria si trovano trattati di astrologia e di magia.

L’uomo irradia l’oggetto misterioso con un proiettore: esso risplende di un bagliore rosato quando la sua superficie vetrosa viene irradiata, e si forma una sagoma.

A un tratto entra un uomo vestito come un prete anglicano, sui trent’anni, la carnagione olivastra o giallastra, la fronte altissima e spaziosa e la barba folta. Porta occhiali non cerchiati e ha un’aria intelligente, seppur malvagia. 

La figura sembra vicina e lontana allo stesso tempo. Egli brucia i libri di magia della stanza nel caminetto.

Il narratore nota che nella stanza ci sono dei prelati che stanno confabulando sulla sorte del primo personaggio ed è evidente che si odiano a vicenda. Il personaggio indica l’oggetto e i prelati, spaventati, si allontanano per una scala che porta in profondità. 

Quindi inizia ad allestire un cappio per impiccarsi, e quando il narratore fa per fermarlo diventa minaccioso. Per difendersi gli punta il proiettore, questi arretra e cade in una botola, anche se dopo non appare più nei dintorni.

Si avvicinano una serie di soggetti, e un contadino fra loro dopo averlo vista grida “un’altra volta!”

L’individuo che ha introdotto il narratore torna e gli dice che già una volta qualcuno si era spaventato dopo avere toccato l’oggetto, finendo per spararsi. 

L’uomo barbuto gli intima di fuggire prima che il prete malvagio torni ancora come ha già fatto, e lo rimprovera per avere toccato l’oggetto. Farlo ancora potrebbe portare a evocare entità più terribili di quelle già apparse.

L’uomo lo informa che nel processo il suo aspetto è cambiato, e che se vuole continuare a vivere normalmente farebbe meglio ad andarsene da Londra, ad esempio in America.
Allo specchio, il narratore scopre terrorizzato che il suo aspetto ora è identico a quello del prete malvagio, e che per il resto della vita dovrà apparire identico a lui.

Il trapezoedro lucente di Lovecraft

L’amuleto del Cane (“Il cane”)

L’amuleto del cane appare nel racconto “Il cane” di Lovecraft nel 1922.

Due ladri di tombe in cerca di oggetti di valore da sottrarre aprono la tomba di uno stregone olandese, il cui scheletro è ancora intatto dopo 500 anni, a parte il cranio che risulta devastato da qualche genere di animale non meglio identificato. 

I ladri sottraggono un amuleto dalla forma di un cane alato o di una sfinge ricavato da della giada verde, che riconoscono menzionato nel Necronomicon come simbolo di un culto di divoratori di cadaveri dell’Asia Centrale. Gli sciacalli iniziano a essere tormentati da un cane mostruoso, che porta alla morte uno di loro due, St.John. Il suo complice parte per restituire il talismano, ma questo viene rubato da altri ladri, che a loro volta vengono uccisi. Alla fine il ladro scoperchia di nuovo la tomba e vede che l’amuleto è tornato in possesso del cadavere, che ha anche dei pezzi di carne dei malcapitati. Lo sventurato, sentendosi braccato dall’entità,  infine si suicida sparandosi.

Nella cultura popolare

Nel librogame “Necronomicon Gamebook: Dagon” l’amuleto del cane è un potente talismano che dimezza la resistenza di Dagon e della sua progenie: proviene da un mago che si era votato al male che viene adorato nella ricorrenza di Kingsport, e può essere utilizzato per combatterlo.

Il gioiello (“L’albero sulla collina”)

Il gioiello appare nel racconto L’albero sulla collina di Lovecraft e Duane W. Rimel.

Nel 1938 il narratore vive con il suo amico Theonis ad Hampden: gli aridi territori circostanti sono da secoli oggetti di leggende riguardanti demoni provenienti dall’altrove. 

Risalendo un pendio erboso di un canyon, trova un albero diverso da tutti quelli che abbia mai visto.
Sembra una quercia dal tronco contorno, i rami svettano per due metri e mezzo, le foglie rotonde sono curiosamente simili tra loro, stranamente gli cresce erba intorno nonostante il deserto. Sembra quasi un albero dipinto.

Addormentandosi al suo fianco ha strane visioni, come un tempio dal colore anomalo e un cielo con tre soli. Crede di scorgere un tempio e delle ombre che escono da un portale e tre occhi fiammeggianti.

Incuriosito scatta all’albero varie foto.

L’amico si accorge che per ogni elemento ci sono tre ombre, che il tronco ha un’accezione orribile e le foglie sono troppo gonfie: al narratore però non sembrava così anomalo.

Da un antico documento esoterico chiamato Le cronache di Nath Theonis scopre che nell’anno della capra nera giunse un ombra che si nutriva delle anime degli uomini. Essa assumeva false forme e ingannava gli uomini della terra dei tre soli. Solo chi può identificarla può salvarsi, ma serve un particolare gioiello per riuscirci. Esso fu perduto, ma l’ombra se ne andò spontaneamente quando fu sazia.

Questo è l’anno della capra nera che prevede il ritorno degli orrori dell’esterno, preannunciati da tremende allucinazioni.

Theonis si fa consegnare da un museo il gioiello citato nel tomo e compie studi su certi fenomeni di rifrazione.

Il gioiello è un artefatto simile a una lente o prisma, ma non è possibile fotografarlo: l’uomo intende utilizzarlo sulle foto e disegnare ciò che vede, anche se usarlo è rischioso per la sanità mentale.

Al tatto risulta tiepido ed elettrico.

Tempo dopo informano il narratore che l’amico è ricoverato in ospedale, dopo avere perso conoscenza. Questi afferma di avere rimandato via l’ombra, ma che occorre distruggere le foto.

Il narratore provvede a farlo, ma non riesce a evitare di guardare uno schizzo che ne era stato tratto, venendo sconvolto dal terrore.

Al posto dell’albero, ha l’impressione di vedere qualcosa simile a un artiglio protendersi per ghermire l’ombra di un uomo.

Le bottiglie nere 

Le due bottiglie nere appaiono nel racconto omonimo.

Il protagonista, Hoffman, giunge al tetro villaggio di Albergen, sui monti Ramapo, per gestire l’eredità di suo zio, il reverendo Joannes Vanderhoof, un uomo gigantesco ma di indole tutt’altro che forte.

Il sagrestano del defunto, Abel Foster, ha fama di parlare con i defunti, di lanciare malefici e di offrire molta attenzione alla tomba di Gilliam Slott, reverendo nel villaggio nel 1701.

Le oratorie di Vanderhoof si erano fatte sempre più macabre e blasfeme alienandosi le simpatie degli abitanti del villaggio. Nemmeno il sagrestano Foster è visto di buon occhio, specialmente dopo che ha seppellito in fretta e furia il reverendo accanto alla fossa del suo predecessore Slott.

Il narratore raggiunge la canonica dove dimora Foster, luogo pregno di segni sacrileghi, e il sagrestano, ubriaco e terrorizzato, afferma che tutte le notti Vanderhoof tenta di uscire dalla sua fossa. Afferma che Slott era in segreto un occultista, e dai suoi libri Foster ha appreso malefici e la capacità di soggiogare il debole di volontà Vanderhoof, intrappolando la sua anima in una piccola bottiglia nera.

Siccome non ha più un’anima il reverendo sta lottando per emergere dalla terra e rimettere le mani sulla bottiglia con il suo spirito: Foster non può difendersi siccome ha dimenticato la formula per contenere il suo persecutore.

Il narratore chiede di restituire l’anima allo zio ma il sagrestano rifiuta: nella colluttazione che segue Hoffman rompe accidentalmente una delle due bottiglie, che si scopre contenere l’anima di Abel Foster, che gli era stata sottratta dal reverendo Slott duecento anni prima.

Il sagrestano muore e il suo corpo rapidamente marcisce: Hoffman si da alla fuga, e vede quella che sembra essere la gigantesca ombra del suo defunto zio muoversi in direzione della chiesa.

Quando il giorno dopo il narratore con un volontario va a verificare trova i resti di una bottiglia rotta mentre l’altra è sparita, mentre attorno ai resti di Foster si trovano orme di enormi piedi.

I due inorriditi bruciano i tomi proibiti, e le leggende del luogo da allora narrano di una enorme figura che regge in mano una bottiglia senza sapere quale sia il proprio scopo.

Le bottiglie del Vecchio Terribile 

Le bottiglie del Vecchio terribile appaiono nel racconto “The terrible old man”.

A Kingsport nessuno ricorda più il vero nome del Terribile Vecchio, un uomo oltremodo anziano, con la barba bianca e decrepito.

Si dice che egli fu tanto tempo fa – nessuno sa quanto – capitano di un veliero mercantile nelle Indie orientali. Secondo certe fonti ha visitato il lontano oriente ed è entrato in contatto in Ungheria con la Pietra Nera.

Possiede nella sua casa di Water Street una collezione di pietre inquietanti che fa pensare agli idoli delle terre orientali. Tiene anche una collezione di bottiglie di vetro al cui interno vi sono dei pezzi di piombo sorretti da un filo a mo’ di pendolo, che ha la strana abitudine di chiamare con nomi marinareschi come fossero persone vere che ha conosciuto. Questo singolare individuo è molto mal visto dai cani, non ha un conto in banca e paga con monete d’oro spagnole coniate secoli prima.

Il vecchio ha fama di essere ricchissimo, di non amare i visitatori e di avere nel suo cottage un tesoro e ciò spinge tre malfattori a tentare di derubarlo. Quello rimasto a fare il palo, che si aspetta un lavoro rapido e pulito, si trova inaspettatamente di fronte al vecchio, e mentre si chiede che fine abbiano fatto i suoi due colleghi, nota che il marinaio ha degli inquietanti occhi gialli.

Successivamente, la marea riporta a riva tre corpi maciullati apparentemente da scimitarre e da calci di stivali. E il vecchio, ancora una volta, rimane a prendersi cura delle sue bottiglie…

Nella cultura popolare

Nella miniserie a fumetti Providence, il Pastore Sleet è un incrocio tra GIlliam Slott e il Vecchio Terribile, e va in giro con delle bottigliette dalle quali si odono le voci delle anime catturate.

I cubi scambia mente (“Sfida dall’ignoto”)

I cubi scambia mente appaiono nella round letteraria “Sfida dall’ignoto”, composta da una serie di capitoli realizzati ciascuno da un autore diverso, tra i quali Lovecraft.
George Campbell, mentre è in vacanza, entra in possesso di un cubo liscio come vetro, dagli spigoli smussati e di origine artificiale. Ogni faccia misura 10 centimetri, le superficie di cristallo sono logore e lavorati al punto che non presentano più spigoli. L’oggetto ha un’origine antichissima, e contiene al suo interno un disco inciso da caratteri appuntiti.  Il cubo di quarzo ghiacciato sembra trattenere la luce prima di rilasciarla.

Si accorge se si concentra sulla luce che colpisce l’oggetto, si producono bagliori turchesi dal disco, il disco si ingrandisce e le lettere sembrano diventare degli oggetti.

Il disco sembra diventare un globo luminoso e Campbell si sente risucchiato verso uno spazio opaco.

I frammenti di Eltdown raccontano la storia di cubi utilizzati da una civiltà avanzata di vermi alieni per spostare di corpo le menti di coloro che li avrebbero raccolti, grazie a congegni ipnotici al loro interno. Infatti questi esseri avevano conquistato molti mondi ma non potevano spostarsi oltre la propria galassia, perciò se ne servirono come arma di invasione. 

I cubi vennero spediti verso i mondi solidi di altre galassie, affinché venissero scoperti da degli esseri viventi. La mente di colui che l’avesse toccato sarebbe giunta al mondo dei vermi alieni, dove sarebbe stata prigioniero, mentre il suo corpo sarebbe stato utilizzato dagli alieni. Talvolta la mente del prigioniero veniva rispedita indietro, ma in altri casi gli autoctoni venivano sterminati dai visitatori.

Pochissimi cubi giunsero a destinazione. Un cubo venne raccolto sulla Terra dalla Grande Razza di Yith, che facevano dei simili scambi mentali, che lo mise sotto controllo.

I vermi alieni desideravano colonizzare la Terra ma non riuscirono a fare arrivare i molti cubi spediti da distanza transgalattiche. Quando la Razza di Yith abbandonò la Terra, il cubo finì perduto.

Campbell si sente trasportato verso un mondo alieno dove incontra un enorme verme dalla testa a forma di disco: ora è incarnato nel corpo di un abitante di Yakub, mentre il suo corpo originale è guidato dalla mente di un alieno. Campbell uccide l’interlocutore e raggiunge un monumento che termina con un globo, il dio di Yakub adorato e temuto dalla popolazione.

Affamato di potere, Campbell si impadronisce della sfera rossa sangue, e diventa il dominatore del pianeta. Il dio lo informa che l’essere che sta guidando il suo corpo non può sopportare la caratterizzazione sanguinaria degli umani; infatti,  il suo cadavere affogato viene ritrovato da un cacciatore. Campbell non se ne dispiace, siccome ora è libero da desideri mondani e governerà Yakub con saggezza.

La pergamena di Tyog (“Dagli eoni”)

La pergamena di Tyog appare nel racconto “Dagli eoni”.

Dalla lettura di un tomo proibito si scopre che a Knaa, nel dimenticato continente di Mu, si trovavano le gigantesche vestigia delle città di basalto erette dagli esseri provenienti da Yuggoth.
Gli abitanti di Knaa sacrificavano ogni anno 12 guerrieri e 12 vergini a Ghatanothoa, un mostro terribile che si diceva essere in grado di pietrificare con lo sguardo, lasciando la vittima viva costretta a osservarlo.

Nell’anno della luna rossa (173.148 AC) Tyog, un sacerdote di Shub-Niggurath e guardiano del tempio di rame del capro dai mille cuccioli, produsse una pergamena in linguaggio Nakal con la pelle di un rettile estinto. Egli credeva lo avrebbe protetto dal potere pietrificante di Ghatanothoa. 

Si propose quindi di scalare la montagna e di scendere nei sotterranei della fortezza per scacciare il mostro. Questa missione, se avesse avuto successo, avrebbe decretato la fine dei privilegi accordati ai sacerdoti di Ghatanothoa.
Il grande sacerdote di Ghatanothoa, Imash-mo, per sabotare l’impresa, sottrasse a Tyog il suo rotolo e lo sostituì con uno falso inefficace.

Tyog partì per non tornare mai più. Si cementò nei secoli quindi l’idea che non bisognasse mai sfidare Ghatanothoa. Knaa continuò a decadere, fino a quando l’intero continente di Mu non sprofondò nell’oceano, portando con sé la montagna del mostro. 

Dopo l’inabissamento di Mu, il culto di Ghatanothoa sopravvisse in Atlantide, altopiano di Leng, K’n-yan, Egitto, Caldea, Persia, Africa, Messico e Perù, stringendo legami con la stregoneria europea. 

Nonostante le persecuzioni il culto non si estinse ma proseguì in maniera segreta e sopravvisse nell’estremo oriente e nelle isole del Pacifico.

Si dice che i suoi officianti – e in particolare qualcuno chiamato Nagob –  oggi abbiano tra le mani ancora il rotolo originale di Tyog, ma non è rimasto più nessuno capace di decifrare i suoi simboli.

La chiave d’argento

La chiave d’argento appare nei racconti “La chiave d’argento” e “Oltre i cancelli della chiave d’argento” di Lovecraft.

Si tratta di un artefatto di Iperborea che permette a un sognatore di ravvivare i propri sogni e di tornare, fisicamente al proprio mondo della giovinezza. 

Pronunciare certe parole con in mano la chiave rivolta al sole che sorge e fatta ruotare nove volte, può trasferire l’utilizzatore in qualsiasi tempo desiderato. Se il proprietario ne è degno, può schiudere la soglia definitiva vegliata da Umr at -Tawil.

Per essere usata pienamente necessita però della pergamena a essa legata che consente di orientarsi nello spazio tempo onirico.

Nella cultura popolare

La chiave d’argento appare nel film omonimo del 1981 di Ciriaco Tiso, liberamente tratto dal racconto originale.

E con questo è tutto. Lasciami un commento, noi ci vediamo al prossimo blasfemo video.

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