Quando Investire nella SEO e Perché Fa Guadagnare
SEO Guide SEO, Interviste SEOLa live tra Ilario Gobbi e Roberto Serra si concentra su diversi aspetti della SEO, analizzando l’importanza di investire in questa disciplina e come valutarne l’applicazione a seconda dei vari scenari competitivi e settori di business. Ecco un resoconto dettagliato dei punti principali trattati durante la discussione.
Leggi tutto: Quando Investire nella SEO e Perché Fa GuadagnareQuando la SEO fa guadagnare?
Roberto Serra inizia la conversazione raccontando il suo percorso come consulente SEO, partendo dalle sue prime esperienze nel web design. All’inizio credeva che bastasse creare un sito e copiare un modello di successo per ottenere risultati simili, ma si accorse presto che il semplice copia e incolla non garantiva alcun risultato. Questo lo portò a interrogarsi sul motivo per cui il suo sito non si posizionava su Google, nonostante fosse simile ad altri di successo. Da qui nasce il suo interesse per la SEO, sviluppato nel corso degli anni, e che oggi rappresenta il fulcro della sua attività.
La SEO non è sempre la soluzione migliore
Secondo Serra, la SEO non è una medicina universale che risolve ogni problema di visibilità online. È fondamentale adottare una strategia multicanale per acquisire clienti, valutando con attenzione se investire in SEO è la scelta giusta per il proprio business. Per farlo, è essenziale misurare lo scenario competitivo e comprendere che Google utilizza una serie di parametri complessi per decidere quali siti privilegiare. Questi includono tre pilastri principali: aspetti tecnici, contenuti onsite e la reputazione offsite.
I tre pilastri della SEO
Serra spiega come il posizionamento sui motori di ricerca dipenda da tre pilastri. Il primo è la parte tecnica, che riguarda l’ottimizzazione del sito per essere compatibile con le esigenze di Google. Il secondo pilastro è la produzione di contenuti onsite: la quantità e la qualità dei contenuti variano da settore a settore, e un sito non può ignorare le dinamiche quantitative della competizione. Il terzo pilastro è la reputazione offsite, che si costruisce attraverso menzioni, link e altre metriche esterne che Google usa per valutare l’autorevolezza di un sito.
L’importanza dell’analisi competitiva
Una parte fondamentale di una strategia SEO di successo è l’analisi dello scenario competitivo. Serra sottolinea che prima di investire risorse è necessario conoscere i propri concorrenti, per evitare di affrontare una sfida insostenibile, come paragonarsi a “Mike Tyson” nel proprio settore. Solo attraverso un’analisi dettagliata si può capire la distanza tra il proprio sito e i competitor e quali azioni mirate intraprendere per colmare quel gap.
Settori competitivi e impossibilità di trovare nicchie “facili”
Serra spiega che è ormai molto difficile trovare settori con una competizione bassa o nicchie inesplorate dove sia facile ottenere risultati con poco sforzo. Negli ultimi dieci anni, quasi tutti i settori hanno visto un aumento della competizione, e il concetto di “oceano blu” (mercati senza competizione) è ormai quasi utopico. Anche nel 2014, il caso di Emanuele Auletta, che aveva monetizzato una nicchia improbabile, dimostra quanto fosse già difficile all’epoca.
Fattori di ranking e importanza dell’offsite
Tra i fattori di ranking, Roberto individua l’area offsite come quella più rilevante, attribuendole un peso del 50% nella determinazione del posizionamento. Sebbene sia essenziale avere un sito tecnicamente perfetto (con un peso del 20%) e un buon content marketing (30%), è l’attività offsite a fare spesso la differenza. Tuttavia, Serra sottolinea che l’offsite può essere utile solo se c’è una buona base da cui partire: senza un’area tecnica e contenutistica solida, i segnali offsite non hanno nulla da potenziare.
L’evoluzione della SEO e i segnali di user engagement
La SEO è evoluta molto rispetto al passato, quando il PageRank di Google valutava semplicemente il numero di link in entrata. Oggi i segnali di user engagement, come il comportamento degli utenti durante la navigazione, giocano un ruolo sempre più centrale nel posizionamento. Serra cita anche test condotti utilizzando bot per simulare il comportamento degli utenti, che hanno mostrato come l’engagement possa influire sul ranking, seppur in modo temporaneo.
Fattori che influenzano l’esperienza utente e il ranking
Serra riflette su quali siano i fattori concreti che un brand dovrebbe curare per migliorare il proprio ranking su Google. Tra questi ci sono l’esperienza percepita dal brand, l’autorevolezza e la fiducia che trasmette agli utenti. Questo tipo di segnali contribuisce a creare un posizionamento sostenibile nel tempo, capace di resistere ai cambiamenti degli algoritmi di Google.
In questo passaggio, il relatore approfondisce ulteriormente il ruolo che l’AI generativa può giocare nel contesto della SEO e della qualità dei contenuti, evidenziando alcuni scenari futuri e problematiche già visibili.
Riflessioni sull’uso dell’AI generativa nel content marketing
Il relatore parte dal presupposto che, al momento, non esistano dati storici sufficienti per poter valutare con certezza l’impatto dell’intelligenza artificiale (AI) sulla ricerca web. Questo vale sia per il potenziale di diversificazione delle fonti di traffico, sia per l’evoluzione della qualità dei contenuti. Tuttavia, una cosa sembra chiara: ci sono preoccupazioni significative su come questa tecnologia venga utilizzata in pratica.
Molti siti hanno già iniziato a utilizzare l’AI generativa per produrre enormi quantità di contenuti, spesso di scarsa qualità. Questo porta a un problema noto come “saturazione dell’indice di Google”, ossia una sovrabbondanza di contenuti non rilevanti che complica il processo di ricerca di informazioni di qualità.
Il rischio di un declino della qualità nei risultati di ricerca
L’AI generativa, se impiegata indiscriminatamente, rischia di autoalimentare questo ciclo di contenuti di bassa qualità, poiché Google finirebbe per analizzare e utilizzare queste stesse informazioni per generare ulteriori risposte. Se ciò dovesse accadere, Google potrebbe perdere il suo principale vantaggio competitivo: la capacità di offrire risultati pertinenti e di alta qualità rispetto alle ricerche degli utenti. Questo scenario minerebbe la fiducia che gli utenti ripongono in Google e potrebbe portare a un declino della sua posizione di leadership tra i motori di ricerca.
Il parallelo con i primi anni dei motori di ricerca
In un passaggio particolarmente interessante, il relatore ricorda che Google non è sempre stato il motore di ricerca dominante. Negli anni ’90, esistevano numerosi concorrenti come Virgilio, Arianna, Yahoo, e molti altri. Google è riuscito a soppiantarli tutti grazie all’introduzione del PageRank, un algoritmo che dava priorità ai risultati più pertinenti e qualitativi. La qualità dei risultati, pertanto, è stata storicamente il fattore determinante del suo successo. Se Google dovesse perdere questa caratteristica, tornerebbe a essere simile agli altri motori di ricerca che ha superato anni fa.
La necessità di mantenere un equilibrio tra contenuti organici e annunci
Un altro punto chiave del discorso riguarda il bilanciamento tra risultati organici e annunci pubblicitari. Gli annunci sono essenzialmente una forma di pubblicità inserita nei risultati di ricerca, e se Google si basasse solo su di essi, rischierebbe di perdere la sua utilità come strumento di ricerca. Il motivo per cui Google è ancora il motore di ricerca più utilizzato è proprio il fatto che riesce a offrire risultati di qualità tramite i suoi algoritmi, mentre gli annunci sono percepiti spesso come meno affidabili o pertinenti. Per mantenere la qualità e l’affidabilità del suo servizio, Google deve continuare a migliorare il suo algoritmo per distinguere e premiare i contenuti di valore, anziché saturare i risultati con contenuti generati indiscriminatamente dall’AI.
Prospettive future e segnali esterni
Nel lungo termine, l’evoluzione dell’AI potrebbe offrire opportunità, ma solo se i contenuti prodotti da essa saranno di alta qualità. In questo senso, Google continuerà a fare affidamento su segnali esterni, come i link, le citazioni e le metriche di engagement degli utenti. Questi segnali saranno fondamentali per differenziare i contenuti rilevanti da quelli meno utili, aiutando a preservare la qualità delle risposte fornite agli utenti.
Durante questa parte dell’intervista, l’interlocutore si sofferma sul futuro di Google e dell’intelligenza artificiale, esplorando anche le sfide legate all’adozione di tecnologie come Gemini. Egli evidenzia come la trasformazione di Google da motore di ricerca a “editore” comporti una maggiore responsabilità editoriale. A testimonianza di ciò, cita episodi clamorosi in cui Gemini ha suggerito comportamenti pericolosi, come fumare in gravidanza o bere olio di motore. Questo sottolinea l’importanza di una gestione attenta e consapevole dell’intelligenza artificiale, anche in un colosso come Google, che sta affrontando tali sfide con cautela. In questo contesto, il ritorno di Sergei Brin a Google è visto come un segnale di movimenti interni significativi.
Si passa poi a una discussione sulle differenze tra Gemini e ChatGPT. Mentre molti vedono ChatGPT come superiore, l’interlocutore sostiene che bisogna considerare il modello di business. Google, che guadagna principalmente tramite la pubblicità, non ha interesse a introdurre subito un’intelligenza artificiale tanto potente come ChatGPT, poiché i costi operativi sarebbero insostenibili. Google sembra quindi adottare una strategia di attesa, osservando gli sviluppi di OpenAI per poi entrare in gioco al momento opportuno.
Quando si parla di contenuti SEO, viene ribadito che, anche oggi, la qualità del contenuto è la chiave. Un buon contenuto deve essere utile, rilevante e d’impatto, capace di entrare in risonanza con il pubblico. Non c’è differenza rispetto al passato: i contenuti scritti con intelligenza artificiale vengono penalizzati non per la loro origine, ma perché spesso mancano di qualità. Inoltre, viene sottolineata la necessità di tenere conto del percorso dell’utente, da quando cerca informazioni su un problema a quando trova una soluzione. Questo implica un approccio strategico nel creare contenuti che rispondano alle varie fasi del customer journey.
Quando arrivano i risultati della SEO?
In termini di tempistiche per una strategia SEO ben congegnata, si stima che i primi risultati si possano vedere dopo un trimestre, con conferme più significative dopo sei mesi e obiettivi raggiunti entro un anno. Tuttavia, tutto dipende dallo scenario competitivo: è fondamentale analizzare la concorrenza e comprendere se si può competere a pari livello, e possibilmente superarla.
In cosa conviene investire nella SEO locale?
Per quanto riguarda i brand locali, si raccomanda di creare immediatamente una scheda Google Local, che può portare risultati tangibili in breve tempo. Questa dovrebbe essere la prima mossa, con il sito web come eventuale strumento aggiuntivo per una visibilità più ampia, soprattutto se si compete su parole chiave con rilevanza nazionale.
Infine, l’interlocutore individua la soglia d’attenzione come il fulcro attorno al quale dovrebbero ruotare tutte le strategie digitali, dai social media al content marketing. In un’epoca in cui l’attenzione è frammentata, è essenziale guidare l’utente da ambienti distratti (come i social media) verso spazi più controllati (come il blog aziendale o la newsletter), dove è possibile instaurare un contatto più profondo e duraturo.
In conclusione, emerge che, per avere successo nel settore della SEO e del marketing digitale, bisogna semplificare i messaggi, parlare direttamente al target e non ai colleghi, e fare in modo che la comunicazione sia chiara, comprensibile e mirata alle esigenze del pubblico.
Quando conviene investire nella SEO – In conclusione
In sintesi, il relatore vede con preoccupazione il futuro della SEO in un contesto dominato dall’AI generativa, a meno che non vengano messe in atto misure per garantire la qualità dei contenuti. Google dovrà continuare a fare affidamento su segnali esterni e metriche di user engagement per evitare che la saturazione di contenuti di bassa qualità danneggi la rilevanza e l’affidabilità dei suoi risultati di ricerca.