Ilario Gobbi | SEO, AI Tool & Storytelling

Tool AI per la SEO ed esempi di storytelling fantastici

Guida alla SEO per i Brand

Live Pierluigi Tosto

L’ottimizzazione SEO del brand secondo Pierluigi Tosto

La live condotta da Ilario Gobbi e Pierluigi Tosto si è concentrata sul ruolo del brand nella SEO, con un dialogo ricco di riflessioni sulla trasformazione della disciplina e sulle sfide attuali che i professionisti del settore affrontano.

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Pierluigi Tosto, Head of SEO di Seed Digital, ha iniziato presentando il suo percorso professionale, che affonda le radici nei primi esperimenti di sviluppo web realizzati con strumenti come Notepad e Dreamweaver. Ha evidenziato come la sua esperienza sia cresciuta attraverso varie fasi, dal lavoro freelance fino alla gestione di team strutturati. Il focus principale della sua attività come Head of SEO non è solo sulle competenze tecniche, ma soprattutto sulla capacità di gestire risorse umane e progetti, ottimizzando le abilità specifiche di ciascun membro del team.

Tosto ha sottolineato che, mentre un freelance SEO deve spesso padroneggiare molteplici aspetti tecnici in autonomia, il ruolo di Head of SEO comporta una dimensione gestionale aggiuntiva. È fondamentale saper assegnare compiti e progetti in base alle competenze individuali, monitorare il lavoro svolto e mantenere un rapporto costante con i clienti. Questa relazione con il cliente, secondo Tosto, è una delle sfide più importanti del settore, in quanto spesso risulta difficile far percepire il valore reale del lavoro SEO, al di là dei semplici risultati numerici come il posizionamento delle parole chiave.

La SEO come approccio integrato al business

Ilario ha poi introdotto il tema centrale della discussione: la SEO sta diventando sempre più una disciplina sfumata, legata strettamente all’identità del brand. La tradizionale keyword research e l’architettura dei link rimangono aspetti fondamentali, ma sono ormai parte di un insieme più ampio. In un contesto di business strutturato, la SEO deve integrarsi con altre attività di marketing per costruire una strategia coesa e supportare l’autorevolezza complessiva del brand. Tosto ha concordato con questa visione, evidenziando che guadagnare la fiducia del cliente e del pubblico è il primo passo per ottenere risultati concreti.

Sinergia tra SEO e altri canali di marketing

Pierluigi ha ribadito come un approccio SEO efficace non si limiti più solo a tecniche tradizionali, ma includa anche attività complementari che vanno oltre il classico schema on-page e off-page. Per esempio, ha sottolineato l’importanza di collaborare con esperti di ADS e social media per generare segnali esterni al sito che rafforzano la percezione del brand. In S Digital, questa collaborazione tra i vari specialisti è parte integrante della strategia, con lo scopo di massimizzare sia il traffico organico sia quello a pagamento, a seconda delle esigenze del progetto.

Il ruolo strategico del SEO specialist

Ilario ha sottolineato come i SEO specialist debbano evolvere verso un ruolo più direzionale, supportando anche le decisioni di marketing e guidando le strategie aziendali. Pierluigi ha condiviso questa opinione, riconoscendo che spesso i SEO specialist hanno accesso a dati e insight che possono essere utilizzati per ottimizzare anche altri canali di acquisizione. Questo know-how permette di orientare la realizzazione di un sito web in modo da massimizzare non solo la visibilità organica, ma anche l’esperienza utente e la performance complessiva.

Importanza della collaborazione tra SEO e paid media

Tosto ha illustrato l’importanza di creare sinergie tra la SEO e le campagne paid media, collaborando strettamente con il team che si occupa di ADS. Spesso, quando un sito non riesce a ottenere risultati organici rapidi, le campagne a pagamento possono sopperire temporaneamente, portando comunque traffico utile per generare segnali positivi agli occhi dei motori di ricerca. D’altro canto, un buon posizionamento organico può ridurre la necessità di investimenti eccessivi in ADS, portando risparmio e migliori risultati nel lungo periodo.

Rilevanza dei segnali social e traffico esterno

Pierluigi ha evidenziato il valore dei segnali esterni, come quelli provenienti dai social media, che non influenzano direttamente il posizionamento, ma contribuiscono a costruire una presenza online solida e a migliorare l’autorevolezza del brand. Anche se non sempre è possibile misurare un ritorno diretto da questi canali, sono comunque importanti per la percezione complessiva del brand, creando un ecosistema digitale coeso che supporta la SEO.

Il SEO specialist oggi si trova ad avere un ruolo sempre più ampio e strategico, ben oltre l’ottimizzazione dei contenuti per il motore di ricerca classico. Le attività SEO si stanno evolvendo e sono necessarie competenze che possano spaziare anche nella consulenza sui canali di distribuzione dei contenuti, sfruttando le diverse piattaforme dove l’utente finale interagisce.

Questa frammentazione del percorso utente, infatti, impone un approccio integrato, in cui il SEO è solo una parte del puzzle. Ilnconsulente deve collaborare strettamente con il management per dare indicazioni non solo sulle query più rilevanti ma anche sul formato e sulla strategia di distribuzione. Ad esempio:

  • Analisi delle query e contenuti multiformato: l’analisi delle query può aiutare a identificare quando è preferibile un contenuto di tipo “short” su YouTube o TikTok rispetto a un contenuto più approfondito da proporre sul sito o su piattaforme come LinkedIn. La creazione del piano editoriale diventa quindi trasversale e adattata al canale giusto.
  • Sfruttamento delle caratteristiche delle piattaforme: ogni canale ha i propri algoritmi e logiche di visibilità. Su YouTube, l’ottimizzazione del titolo, descrizione e tag aiuta, ma l’engagement (like, commenti, watch time) è fondamentale. Su Instagram o TikTok, invece, la viralità può dipendere molto dalla tempestività e dall’uso dei trend. Il SEO può quindi dare input su come ottimizzare questi aspetti per intercettare il pubblico giusto.
  • Analisi del pubblico e buyer persona: l’analisi delle ricerche permette di delineare il profilo dell’utente tipo e di prevedere i canali preferiti per la fruizione dei contenuti. Da qui, si può sviluppare una strategia di presenza che includa non solo il posizionamento organico ma anche la comunicazione efficace su social media e community come Reddit o Quora, che stanno acquisendo importanza anche nelle SERP.
  • Digital PR e SEO off-site: la costruzione dell’autorevolezza del brand è oggi un mix tra ottimizzazione on-site e una solida strategia di Digital PR. Essere menzionati sui portali di settore, ricevere recensioni su piattaforme specializzate, partecipare a forum e discussioni su community rilevanti contribuisce a rafforzare la percezione di affidabilità, che a sua volta può influenzare anche le risposte dei modelli di IA generativa (Google SGE, ChatGPT, etc.).

In pratica, il consulente SEO di oggi deve agire come un coordinatore strategico, in grado di fornire insight basati sui dati, direzionare il piano editoriale e monitorare l’efficacia dei contenuti su diversi canali. Inoltre, con l’evoluzione delle AI generative, credo che la SEO si integrerà sempre di più con altre discipline come il content marketing, la user experience e la comunicazione digitale, portando a una visione olistica del brand.

Costruzione dell’autorevolezza del brand

L’autorevolezza si costruisce sia internamente che esternamente al sito. Internamente è fondamentale ottimizzare i segnali E-A-T (Expertise, Authoritativeness, Trustworthiness), curando la trasparenza dell’offerta, la sicurezza per l’utente e la chiarezza nella comunicazione dei propri contenuti e servizi. Questo si riflette in una migliore esperienza utente, influendo positivamente anche sulle conversioni.

Esternamente, è cruciale lavorare sui backlink, considerati come uno dei segnali più potenti di autorità. Non basta però ottenere semplicemente link da siti con alta DA (Domain Authority), ma è preferibile puntare su portali di settore rilevanti, anche attraverso strategie di link earning. Questo approccio mira a ottenere menzioni naturali attraverso contenuti di valore, come studi di settore, case study e strumenti utili (e.g., calcolatori finanziari).

Esempi di strategie per accrescere l’autorità di brand

Un esempio concreto è stato quello del paper sui borghi d’Italia, che ha generato attenzione mediatica grazie alla sua rilevanza e utilità, portando a numerose citazioni naturali da parte di testate giornalistiche e profili social di enti locali. Questo tipo di contenuti non solo accresce l’autorità del sito, ma stimola anche ricerche di tipo navigazionale legate al brand, aumentando la sua visibilità organica.

Approccio alla link building

Nel contesto della link building, si evidenzia una strategia graduale: inizialmente è meglio concentrarsi su portali tematici rilevanti e vicini al settore del proprio sito, piuttosto che mirare subito a grandi testate con traffico elevato ma pubblico non targettizzato. L’idea è di costruire una base solida con backlink provenienti da fonti rilevanti, utilizzando ancore di tipo navigazionale e branded. Solo successivamente si può pensare di espandere il raggio d’azione, lavorando su ancore più orientate al posizionamento.

Questo approccio enfatizza l’importanza di contenuti di qualità, che non solo giustificano la presenza del link ma sono pensati per posizionarsi organicamente, offrendo valore al lettore del sito ospitante. Evitare contenuti scritti solo per “piazzare” un link aiuta a costruire un profilo di backlink più naturale e duraturo.

Sinergia tra autorità del brand e autorevolezza del dominio

C’è una forte correlazione tra brand authority e autorevolezza del dominio, specialmente per brand già affermati offline. Quando un brand è già noto, sia online che offline, l’autorevolezza del dominio cresce più rapidamente, poiché Google riconosce segnali di fiducia provenienti dalle ricerche di brand e dalle menzioni in contesti di qualità. Tuttavia, per brand emergenti, è necessario lavorare progressivamente, puntando su keyword a coda lunga e strategie di content marketing che aiutino a costruire credibilità e autorevolezza nel tempo.

Best practice per stimolare le ricerche di brand

Partecipare a eventi di settore, essere sponsor o protagonisti di iniziative offline può contribuire ad aumentare la brand awareness e generare ricerche dirette sul motore di ricerca. Online, creare contenuti evergreen, FAQ esaustive e strumenti utili può rafforzare la presenza del brand, intercettando le ricerche degli utenti anche su query non direttamente branded, ma legate al settore di riferimento.

Digital PR e collaborazioni per piccoli brand

Viene sottolineato che, sebbene le Digital PR sembrino a volte una chimera per brand di piccole dimensioni, è possibile costruire autorevolezza e ottenere menzioni e link tramite collaborazioni strategiche. Partecipare a discussioni di settore, eventi online e offline, e persino attività di ufficio stampa sono strade percorribili anche per brand più piccoli. La chiave è creare contenuti che risultino effettivamente interessanti per chi li legge e per i media che potrebbero riprenderli. Evitare di concentrarsi su comunicati stampa banali come cambi dirigenziali, se non rilevanti per il target, è un buon consiglio.

Benchmarking e analisi serp

Viene consigliato di analizzare le serp non solo attraverso strumenti come Semrush, Sistrix o SeoZoom, ma anche partendo da Google stesso, osservando i diversi elementi che compaiono (video, immagini, People Also Ask, featured snippets). L’obiettivo è capire quali formati di contenuto sono più apprezzati dagli utenti e meglio posizionati, così da allinearsi con le aspettative e gli intenti di ricerca. Le immagini, ad esempio, sono molto comuni in serp, il che suggerisce di investire nella creazione di infografiche o visual originali che possano anche essere condivisi da altri portali.

Ottimizzazione tramite Search Console

L’uso della Search Console è un suggerimento importante per comprendere come le persone trovano effettivamente i contenuti del sito, soprattutto quando le keyword utilizzate dagli utenti non coincidono con quelle previste in fase di ottimizzazione. Adattare il contenuto per allinearlo al linguaggio degli utenti può portare a un aumento del CTR e del coinvolgimento. Il monitoraggio costante delle query di ricerca permette di migliorare il matching tra le anteprime dei siti in serp e l’esperienza effettiva degli utenti.

Miglioramento della user experience e accessibilità

Si insiste sulla necessità di migliorare gli elementi di user experience, specialmente per i piccoli brand che devono puntare su un’esperienza impeccabile per competere. Tra le best practice citate:

  • navigazione intuitiva, con menu chiari e url leggibili
  • uso delle breadcrumb per facilitare l’esplorazione del sito, soprattutto negli e-commerce
  • barra di ricerca efficiente, con funzionalità di autocorrezione e suggerimenti automatici
  • attenzione all’accessibilità, in linea con le nuove normative del Digital Services Act, che richiede di rendere i siti fruibili a tutti gli utenti, indipendentemente dalle loro capacità

Contenuti di valore e differenziazione

Anche se il contenuto rimane un fattore cruciale, si evidenzia l’importanza di offrire qualcosa di diverso rispetto ai concorrenti. Creare contenuti identici a quelli già presenti in serp porta solo a una competizione senza differenziazione. La cura del brand e il modo in cui si accoglie l’utente sul sito diventano fattori distintivi. Vengono citati come esempio positivo i siti delle compagnie assicurative, che sono particolarmente attenti a guidare l’utente lungo il processo di conversione, creando fiducia e sicurezza.

Strategie SEO per piccoli brand rispetto ai grandi brand

Per i piccoli brand che si affacciano sul mercato, viene suggerito di:

  • essere impeccabili dal punto di vista tecnico, senza lasciare nulla al caso
  • differenziarsi con approcci innovativi, come l’uso dell’intelligenza artificiale nei servizi o nei contenuti, per emergere rispetto ai grandi brand che potrebbero essere meno reattivi all’innovazione
  • non competere sullo stesso terreno dei brand affermati, ma trovare nicchie o modalità di comunicazione alternative che possano dare loro un vantaggio

Rischio di omogeneizzazione dei contenuti con l’uso dell’intelligenza artificiale

Con la crescente adozione dell’AI per generare contenuti, si corre il rischio di una standardizzazione della qualità e del tono degli stessi. L’elemento distintivo diventa quindi il brand stesso e il suo punto di vista unico, che non può essere replicato semplicemente da un prompt AI. Diventa cruciale lavorare sull’identità e la voce del brand per emergere in un panorama di contenuti sempre più omogenei.

L’evoluzione della brand awareness e l’impatto della ricerca vocale

Il tema della ricerca vocale sembrava aver perso piede negli ultimi anni, ma con l’avvento delle intelligenze artificiali avanzate e assistenti vocali sempre più sofisticati (vedi ChatGPT con funzione vocale e Google Assistant potenziato), stiamo assistendo a una nuova fase di adozione. Questo potrebbe dare nuova vita alla ricerca vocale, soprattutto in combinazione con query più dettagliate e contestuali.

In effetti, l’utente medio si sta abituando a formulare richieste sempre più articolate, grazie a una comprensione avanzata del linguaggio naturale da parte degli assistenti. Questo implica che i brand hanno ora una finestra di opportunità per ottimizzare i loro contenuti non solo per il testo ma anche per la ricerca vocale, rispondendo a domande complesse e specifiche.

L’aspetto interessante è che, in un panorama dove gli assistenti vocali offrono risposte esaustive e spesso limitate a un solo risultato, un brand meno conosciuto ma in grado di rispondere meglio a query di nicchia o molto specifiche potrebbe emergere e ottenere visibilità che altrimenti non avrebbe avuto. Questo crea spazio per una sorta di “democratizzazione” della visibilità, a patto che il brand investa in contenuti di qualità e rispondenti alle esigenze vocali.

Metriche SEO per misurare l’importanza di un brand

Per valutare l’importanza di un brand dal punto di vista SEO, ci sono diverse metriche da considerare, sia qualitative che quantitative:

  1. volume di ricerca brandizzata: Analizzare le query di tipo “brand” per monitorare la crescita della consapevolezza del marchio. Volumi di ricerca in aumento indicano una crescente awareness, ma è fondamentale considerare anche la stagionalità e l’influenza di campagne pubblicitarie.
  2. impression su query di brand in search console: Le impression forniscono indicazioni su quante volte il brand appare nei risultati di ricerca. È un buon indicatore per capire la visibilità del marchio e confrontare il trend nel tempo.
  3. Google Trends: Utile per analizzare il comportamento delle ricerche nel tempo e per valutare come il brand viene percepito a livello di popolarità rispetto a competitor diretti. È un ottimo strumento per avere una visione di lungo periodo.
  4. Engagement e metriche di interazione: Analizzare il comportamento degli utenti sul sito tramite metriche di engagement come tempo di permanenza, numero di pagine per sessione e tasso di rimbalzo (anche se ora sostituito da metriche più avanzate in GA4). Un basso tempo di permanenza con un alto tasso di interazione potrebbe indicare che l’utente trova subito quello che cerca, mentre l’opposto può segnalare problemi di usabilità o contenuti non all’altezza.
  5. Brand mentions e sentiment analysis: Monitorare le menzioni del brand online, utilizzando strumenti di social listening e analisi del sentiment. Questo aiuta a capire non solo quante volte il brand viene citato, ma anche il tono delle conversazioni (positivo, neutro o negativo).

Consigli strategici per una SEO orientata al brand

  1. Focus sulla user experience (ux): Avere un sito veloce, mobile-friendly e accessibile è cruciale. Google ha ormai integrato l’esperienza dell’utente come fattore di ranking, e questo si riflette in metriche come il Core Web Vitals.
  2. Creare contenuti che rispondano a query complesse: Investire in contenuti di qualità che rispondano a domande articolate e specifiche può essere una strategia vincente, soprattutto per catturare traffico dalle nuove interfacce di ricerca assistita.
  3. Digital PR e costruzione dell’autorevolezza: Essere presenti su risorse di settore e autorevoli, non solo per ottenere backlink, ma anche per accrescere la visibilità e il riconoscimento del brand. Questo include partecipare a eventi di settore e collaborare con esperti influenti.
  4. Monitorare costantemente e adattarsi: Essere consapevoli che le dinamiche del search engine stanno cambiando. Ad esempio, con l’integrazione delle AI, le SERP tradizionali potrebbero diventare meno centrali. È importante sperimentare e testare nuovi approcci, come l’ottimizzazione per le risposte dirette o per i featured snippets vocali.

L’ottimizzazione SEO del brand secondo Giulia Bezzi

Durante una nuova live dedicata alla SEO, Ilario Gobbi ha avuto come ospite Giulia Bezzi, esperta e opinion leader del settore. Giulia ha iniziato raccontando la sua lunga esperienza nel mondo della SEO, sottolineando come oggi il termine “SEO” sia quasi riduttivo per descrivere il suo lavoro, poiché si occupa più in generale di traffico organico e di come le persone effettuano ricerche online. Ha evidenziato inoltre la sua passione per la divulgazione e la comunicazione, sia sui social sia come speaker in eventi di settore.

Ilario ha chiesto a Giulia un’opinione sul cambiamento della disciplina del web marketing: se si trattasse solo di una modifica nei metodi di lavoro o di un ripensamento radicale dovuto alle nuove abitudini degli utenti. Giulia ha risposto facendo riferimento alle linee guida dei Quality Rater di Google, documenti pubblici che offrono indicazioni su come valutare la qualità dei risultati di ricerca. Ha sottolineato come da tempo Google ponga un’enfasi crescente sulla reputazione del brand, sull’esperienza e sull’affidabilità degli autori dei contenuti.

Giulia ha evidenziato che la SEO non è semplicemente cambiata, ma si è evoluta insieme alle trasformazioni della SERP di Google. Ha spiegato come un tempo il posizionamento nei risultati fosse legato quasi esclusivamente al sito web, mentre oggi Google include nei risultati contenuti provenienti da video, social media, forum e, in futuro, sempre più dall’intelligenza artificiale. Tuttavia, ha ribadito che la SEO rimane il tentativo di comprendere cosa Google voglia premiare e come adattarsi alle sue logiche in continua evoluzione.

Uno dei punti centrali della sua analisi è stato il ruolo del brand nella SEO. Secondo Giulia, essere primi su Google non significa automaticamente essere i migliori: i brand devono dimostrare valore al pubblico, offrendo contenuti di qualità e pertinenti ai loro bisogni. Ha criticato il fatto che molti contenuti online siano ripetitivi e poco originali, nonostante Google continui a incentivare la produzione di materiale più utile e autentico. Ha anche ricordato che l’empatia umana è un valore che Google stesso ha dichiarato di voler favorire nei contenuti.

Parlando delle competenze richieste oggi per fare SEO, Giulia ha sottolineato che, oltre agli aspetti tecnici come Core Web Vitals, Page Speed, UX e UI, ciò che davvero conta è la capacità di costruire autorevolezza e fiducia nel proprio pubblico. Ha fatto l’esempio di come, a parità di argomento, gli utenti tendano a preferire contenuti firmati da esperti riconosciuti come Neil Patel rispetto a quelli di nomi meno noti. Questo dimostra l’importanza di sviluppare un brand forte e autorevole per ottenere risultati duraturi in termini di SEO.

Giulia ha ribadito che il vero valore della SEO oggi sta nel supportare le aziende nel comprendere le esigenze del pubblico e fornire contenuti di valore. Ha sottolineato che un clic non equivale a una conversione: per trasformare il traffico in risultati concreti, i contenuti devono essere in grado di coinvolgere e accompagnare gli utenti lungo il percorso d’acquisto. Ha concluso affermando che la leva competitiva più importante è la capacità di raccontare il proprio prodotto in modo efficace e autentico, andando oltre gli aspetti tecnici della SEO.

Giulia Bezzi ha sottolineato il cambiamento nel comportamento degli utenti, i quali oggi preferiscono ricevere risposte rapide e personalizzate tramite strumenti di intelligenza artificiale, anziché dover scorrere tutti i risultati della SERP alla ricerca di informazioni. Questo fenomeno pone una sfida per i content creator che monetizzano attraverso partnership, sponsorizzazioni e annunci sul proprio sito web. Se il traffico organico si riduce drasticamente perché gli utenti ottengono risposte direttamente dagli assistenti AI, il modello di guadagno potrebbe essere compromesso.

Ilario Gobbi ha evidenziato che nel corso degli anni ci sono già stati cambiamenti nel comportamento degli utenti e nell’evoluzione della SEO. Ad esempio, in passato si temeva che le feature snippet avrebbero azzerato il traffico, ma in realtà le strategie si sono adattate, portando a un’ottimizzazione diversa delle query. La sua domanda per Giulia è stata diretta: quale ruolo riveste oggi l’ottimizzazione del brand e come può garantire la sostenibilità economica delle aziende, considerando il cambiamento dei canali di visibilità online?

Giulia ha risposto spiegando che da sempre si batte affinché le aziende abbiano un sito web ben strutturato, perché è l’unico asset digitale di loro proprietà. Ha ribadito che tutto il resto – dai social media alle piattaforme di terze parti – è solo uno “spazio in affitto”, che può essere modificato o rimosso in qualsiasi momento dalle aziende che lo gestiscono. Ha portato l’esempio di LinkedIn, dove ha una newsletter con 8.000 iscritti, ma questi contatti non sono realmente suoi, perché i dati rimangono sulla piattaforma.

Secondo Giulia, il sito web deve essere il primo touchpoint di qualsiasi azienda, poiché rappresenta una sorta di “casa digitale”, un luogo in cui raccontarsi e accogliere gli utenti anche quando non è possibile farlo fisicamente. Ha poi espresso il suo punto di vista sul futuro della SEO, affermando che non la vede molto diversa da oggi, ma prevede che coloro che hanno costruito un brand solido e riconosciuto avranno più probabilità di essere cliccati. Ha sottolineato che il pubblico sopra i 50 anni, che detiene il maggiore potere d’acquisto, non ha ancora familiarità con strumenti come ChatGPT e continua a usare Google nel modo tradizionale.

A supporto della sua tesi, ha citato i dati diffusi da Giorgio Taverniti, un divulgatore autorevole nel settore SEO, che confermano come Google sia ancora in piena forma. Molti utenti continuano a fare ricerche tradizionali e a utilizzare i social per scoprire luoghi, ristoranti e servizi, salvando contenuti e basandosi su raccomandazioni.

Giulia ha poi evidenziato come l’approccio alla SEO debba essere invertito: bisogna partire dalla comprensione di ciò che il pubblico cerca e delle sue esigenze specifiche, basandosi su una profonda conoscenza del target. Ha portato un esempio personale per illustrare il concetto: vivendo a Padova, una città con molta umidità, ha necessità di trovare prodotti specifici per i capelli ricci, quindi oltre alla crema cerca anche la spuma perfetta. Questo dimostra come gli utenti abbiano esigenze complesse e correlate, e il lavoro dei professionisti SEO è intercettarle per fornire soluzioni pertinenti.

Secondo Giulia, i click probabilmente diminuiranno, ma non per quei brand che hanno costruito una relazione solida con il loro pubblico. Ha citato il caso di Lush, che ha eliminato i social media, puntando invece su un’esperienza diretta con i clienti nei negozi e fornendo un magazine cartaceo per mantenere il contatto. Questo approccio dimostra che il web è solo un amplificatore della realtà e che i brand riconosciuti continueranno a ottenere traffico e attenzione.

Ha poi parlato della nuova funzionalità Overview di Google, che fornisce direttamente risposte dettagliate, attingendo dalle fonti online. Anche se questa evoluzione può sembrare penalizzante per i siti web, Giulia crede che i brand consolidati continueranno a essere cliccati, perché la loro autorevolezza li rende affidabili. Inoltre, ha sottolineato che questo potrebbe portare a un cambiamento positivo: meno click superficiali e più traffico qualificato, con utenti realmente interessati ai contenuti.

Un altro cambiamento che prevede è un’evoluzione del modello di business: con un minor numero di click, le aziende dovranno valorizzare ogni singolo utente, trasformandolo in un vero e proprio brand ambassador, incentivando acquisti ripetuti e passaparola.

Live Giulia Bezzi

Ilario ha quindi sollevato una questione importante: mentre per i professionisti del settore SEO questi cambiamenti sono chiari e logici, per il pubblico e per le aziende spesso non lo sono. Ha spiegato che il management delle aziende, quando valuta i risultati SEO, si basa ancora su metriche tradizionali come il posizionamento per keyword specifiche e il numero di click ricevuti. Questo crea una disconnessione tra la realtà del settore e le aspettative dei clienti, che rischiano di non comprendere appieno l’importanza della multicanalità e dell’evoluzione delle ricerche.

Ha evidenziato come i giovani sotto i 20 anni tendano a fare ricerche su TikTok, mentre chi è più adulto utilizza ancora Google, e come il comportamento d’acquisto sia frammentato tra diversi canali. Tuttavia, se un cliente non ottiene i risultati SEO attesi, potrebbe attribuire la colpa all’agenzia SEO senza considerare questi fattori.

Giulia ha risposto con una provocazione, affermando che chi lavora nel reparto di digital marketing di un’azienda dovrebbe avere almeno una formazione di base sul web, perché altrimenti si rischia di non comprendere le dinamiche digitali. Si è detta convinta che sia necessario educare i clienti su questi aspetti per evitare che continuino a ragionare con metriche obsolete e aspettative irrealistiche.

Giulia ha sottolineato come la SEO non sia un comparto isolato, ma una disciplina che deve integrarsi con altre strategie di marketing, social media e brand awareness. Giulia ha portato l’esempio di un cliente che le aveva chiesto di posizionarsi per la keyword “mal di schiena”, sottolineando la necessità di comprendere le dinamiche del settore e di affidarsi a un esperto SEO con una visione d’insieme. Secondo Giulia, le aziende devono puntare sulla rilevanza sui social media e su LinkedIn, adattandosi ai comportamenti del target e declinando le strategie di conseguenza.

Il dibattito si è poi spostato sull’importanza della reputazione online e offline. Giulia ha sottolineato che la SEO moderna richiede la costruzione di un brand autorevole e riconosciuto. Ha menzionato uno studio di Backlinko che evidenzia come il 26% dei fattori di ranking sia legato alla parte tecnica, mentre il resto riguarda branding, link building e contenuti.

Giulia ha infine discusso la sfida che Amazon rappresenta per gli e-commerce, grazie alla sua disponibilità costante di prodotti, alla velocità di consegna e alla fidelizzazione dell’utente. Ha sottolineato che le aziende non possono competere con Amazon sulla logistica, ma possono vincere con la qualità del servizio, la cura del pubblico e contenuti di valore. Inoltre, ha ribadito che le aziende devono scegliere con attenzione i canali su cui investire, poiché l’onnicanalità totale non è sostenibile.

La discussione è proseguita con un’analisi sull’importanza della personalizzazione e della fidelizzazione del cliente, con esempi pratici su come differenziarsi e creare valore al di là della semplice competizione sui prezzi.

Giulia ha sottolineato come la SEO non sia un comparto isolato, ma una disciplina che deve integrarsi con altre strategie di marketing, social media e brand awareness.

Giulia ha portato l’esempio di un cliente che le aveva chiesto di posizionarsi per la keyword “mal di schiena”, sottolineando la necessità di comprendere le dinamiche del settore e di affidarsi a un esperto SEO con una visione d’insieme. Secondo Giulia, le aziende devono puntare sulla rilevanza sui social media e su LinkedIn, adattandosi ai comportamenti del target e declinando le strategie di conseguenza.

Uno degli aspetti più importanti discussi è stato il rapporto tra SEO e social media. Giulia ha evidenziato che su TikTok le ricerche sono prevalentemente query informazionali, mentre su Instagram il fenomeno è meno sviluppato. Tuttavia, i social possono essere usati strategicamente per intercettare i trend e costruire contenuti in base agli intenti di ricerca stagionali. Ha citato l’esempio degli stivali invernali, spiegando come un social media manager dovrebbe basarsi sui dati di ricerca per pianificare i contenuti.

Giulia ha poi parlato della fluidità del marketing digitale, dove i SEO possono trarre spunti dai commenti sui social per generare nuovi articoli di blog e descrizioni prodotto. Ha citato il caso di Mister Marvis, un brand che nelle sue schede prodotto spiega dettagliatamente non solo come lavare i capi, ma anche come piegarli e stenderli, intercettando le domande reali dei consumatori.

Il dibattito si è poi spostato sull’importanza della reputazione online e offline. Giulia ha sottolineato che la SEO moderna richiede la costruzione di un brand autorevole e riconosciuto. Ha menzionato uno studio di Backlinko che evidenzia come il 26% dei fattori di ranking sia legato alla parte tecnica, mentre il resto riguarda branding, link building e contenuti.

Giulia ha infine discusso la sfida che Amazon rappresenta per gli e-commerce, grazie alla sua disponibilità costante di prodotti, alla velocità di consegna e alla fidelizzazione dell’utente. Ha sottolineato che le aziende non possono competere con Amazon sulla logistica, ma possono vincere con la qualità del servizio, la cura del pubblico e contenuti di valore. Inoltre, ha ribadito che le aziende devono scegliere con attenzione i canali su cui investire, poiché l’onnicanalità totale non è sostenibile.

La discussione è proseguita con un’analisi sull’importanza della personalizzazione e della fidelizzazione del cliente, con esempi pratici su come differenziarsi e creare valore al di là della semplice competizione sui prezzi.

Giulia Bezzi ricorda come il pubblico si aspetti di trovare informazioni ovunque, ma non necessariamente su ogni canale. Osserva che alcune piattaforme possono non essere la prima scelta per una determinata ricerca, ma ciò non significa che non abbiano valore strategico.

Analizzando il posizionamento organico sui motori di ricerca, evidenzia come non sia essenziale essere sempre primi, poiché gli utenti sono ormai consapevoli e selettivi nelle loro scelte. Fa l’esempio di Amazon, che spesso occupa le prime posizioni, ma se un utente non è interessato a comprare lì, ignora il risultato e procede oltre. Racconta la sua esperienza personale, spiegando che utilizza Amazon per comodità e rapidità, salvandolo tra i preferiti per accedere direttamente alla ricerca interna della piattaforma.

Giulia riflette sul comportamento degli utenti nella ricerca online, affermando che i modelli di ricerca rimangono piuttosto costanti nel tempo, a meno che non emergano nuove necessità. Sottolinea che la SEO non è il canale primario per certe ricerche specifiche, come la scelta di un paio di occhiali adatti al proprio volto, dove gli utenti potrebbero invece rivolgersi a strumenti basati sull’intelligenza artificiale. Tuttavia, osserva che l’adozione di queste tecnologie è ancora limitata e invita a concentrarsi su strategie attuali, piuttosto che preoccuparsi troppo di scenari futuri incerti.

L’approccio vincente, secondo Giulia, consiste nel lavorare bene sui contenuti, curare il pubblico e raccontare il prodotto nel miglior modo possibile. Afferma che i brand che investono sulla qualità della loro comunicazione e sulla reputazione ottengono risultati migliori. L’attenzione al dettaglio, la coerenza nel tone of voice e la costruzione di un dialogo con il pubblico sono elementi essenziali.

Ilario Gobbi interviene per approfondire il tema del posizionamento del brand e dei segnali positivi che contribuiscono alla reputazione online. Cita l’importanza delle Digital PR, del content marketing e delle recensioni, evidenziando come anche le menzioni senza link possano avere un peso per Google. Sottolinea che la reputazione del brand non dipende solo dai motori di ricerca, ma dalla percezione generale del pubblico e dall’affidabilità dei servizi offerti.

Giulia spiega il suo approccio strategico, basato su un’analisi iniziale dei competitor per comprendere il contesto e identificare le opportunità. Osserva che, se un competitor è più forte, bisogna accettarlo e lavorare per migliorare gradualmente il proprio posizionamento. Il primo passo è studiare gli intenti di ricerca e adottare un linguaggio che rispecchi le modalità con cui gli utenti cercano informazioni, evitando un tono troppo tecnico quando non necessario.

Sottolinea l’importanza della diversificazione dei contenuti, non limitandosi solo al testo, ma sfruttando immagini e video. Evidenzia come sia strategico collaborare con altri attori presenti nella SERP, creando contenuti condivisi come articoli, ebook e dirette, per ottenere backlink naturali e migliorare la visibilità.

Giulia insiste sull’autenticità dei contenuti, invitando a integrare l’intelligenza artificiale nella produzione ma senza affidarsi esclusivamente ad essa. Racconta il suo metodo di lavoro: utilizza strumenti AI per una prima stesura, ma poi aggiunge esperienze personali, casi studio e approfondimenti specifici. Ritiene che l’intelligenza artificiale possa supportare il lavoro, ma non sostituire l’esperienza diretta.

Ilario conclude sottolineando l’importanza di utilizzare strumenti SEO in modo consapevole, senza affidarsi ciecamente ai dati grezzi. Giulia concorda, facendo un paragone con la Formula 1: possedere uno strumento non significa automaticamente saperlo usare al massimo delle sue potenzialità. Ritiene che una buona mappatura dei contenuti e del brand sia fondamentale per rispondere alle esigenze degli utenti e costruire una presenza digitale solida e credibile.

L’ottimizzazione SEO del brand secondo Ilario Gobbi

Le attività che coinvolgono la SEO permettono di aumentare la visibilità di aziende e professionisti attraverso i motori di ricerca per incentivare la percezione positiva delle qualità del brand attraverso i contenuti che possono essere proposti attraverso i siti web (ebook, articoli per il blog, webinar, podcast…=).

L’esperto nel SEO copywriting guida il cliente nella definizione dei contenuti nel proprio sito e in quelli esterni che permettono di accrescere l’importanza percepita del brand da parte delle persone e dei motori di ricerca.

In primis, è necessario realizzare una pagina Chi siamo che funga da presentazione per coloro che giungono sul sito la prima volta e che debbano valutare l’autorevolezza dei volti dietro l’azienda.

I brand spesso danno per scontato di essere famosi per tutti e trascurano di presentarsi a coloro che non hanno mai sentito parlare di loro.

Altresì è indispensabile una sezione Portfolio o Referenze che mostri esempi concreti di lavori svolti tali da dimostrare concretamente la propria esperienza e competenza.

Essa permette:

  • di offrire un campionario di lavori svolti per proporsi a committenti in rete
  • di intercettare ricerche sul genere di servizi svolti
Portfolio per branding

Una pagina FAQ può essere ugualmente utile per intercettare ricerche che tradiscono un intento di acquisto compatibile con la nostra offerta.
Es. se vendiamo prodotti per l’igiene domestica potremmo rispondere a delle domande comuni in modo da apparire rilevanti per esse, come:

Domanda: “come pulire il lavandino con il limone”

FAQ “Meglio pulire il lavandino con il limone o con PRODOTTO?
Risposta: <<Il PRODOTTO è concepito per pulire il lavandino meglio di quanto non può fare il limone…>>

Contenuti

La realizzazione di contenuti SEO oriented è il modo più facile per dimostrare la propria competenza per il settore nel quale ci si vuole posizionare.

Il content marketing può attuarsi attraverso vari formati come:

  • articoli per il blog
  • ebook
  • video per Youtube
  • podcast


tra i quali l’esperto SEO può consigliare i più indicati per conquistare l’attenzione del proprio pubblico.

Ad esempio, se si vendono stampanti 3D un video risulta molto indicato per far capire in maniera intuitiva le caratteristiche dei propri prodotti.

Per dei prodotti medici realizzare articoli informativi sui problemi di salute che essi guariscono risulta conveniente dato che esteriormente non si può cogliere il valore che essi offrono.

Scrivere una guida approfondita su un argomento sul quale si è competenti, es il web marketing, permette di segnalare a Google la propria capacità di soddisfare bisogni dello stesso genere. 

Da tutti questi prodotti del content marketing possono nascere le menzioni sociali di cui parlavamo che sostengono a propria volta il posizionamento.

I contenuti possono essere infatti:

  • condivisi su community social a tema frequentate da persone interessate allo stesso genere di argomento
  • segnalati ad amici interessati a quell’argomento
  • offerti ad altri blogger in cambio di link e visibilità

in modo da generare canali di visibilità aggiuntivi per i siti in questione.

Menzioni sociali

Le riprove sociali sono fattori che incidono in maniera preponderante sulle conversioni.
Ti fideresti a farti rifare i denti in una clinica odontoiatrica che non ha nemmeno una referenza, o peggio ancora le ha soltanto negative.
Non si tratta strettamente di fattori SEO ma di elementi che possono influire indirettamente sul posizionamento: se una azienda ha una nomea negativa nessuno la cerca, non ottiene visite, perciò non produce segnali che ne attestano la qualità.

Il consulente SEO si occupa di indicare aumentare i fattori che incidono sull’autorevolezza come:

  • recensioni su Google MyBusiness della attività locale o su servizi analoghi dato il proprio settore (TripaAdvisor, Amazon)
  • backlink da siti a tema (blog di colleghi, siti del settore, forum…) che servono sia a trasmettere valore ai fini del posizionamento (link juice) che a confermare la rilevanza di un sito per il proprio ambito tematico
  • presenza nei portali a tema (directory locali, Prontopro, siti di recensioni professionali…) che attestano l’appartenenza di un soggetto a un certo genere di servizi e aumentano la possibilità di fornire informazioni su se stessi.

Backlink

Le menzioni (e in particolar modo i backlink) sono necessarie per rendere naturale il portafoglio di backlink agli occhi dei motori di ricerca. Se ad esempio un soggetto si auto proclama esperto nel proprio ambito ma non viene menzionato in nessuna conversazione online (social network, forum, siti del settore…) ciò getta seri dubbi sulla naturalezza con cui ha ottenuto tali link.

Anche se solo i link non contrassegnati da attributo nofollow trasmettono una vera  e propria spinta per il posizionamento (link juice), non per questo i link con dofollow sono da evitare nella crescita della visibilità. Anzi.

I social network mettono in nofollow tutti i link condivisi al proprio interno, ma essi sono in ogni caso riprova della visibilità della quale gode un soggetto.

È possibile che indirettamente essi contribuiscono a rendere un sito più popolare grazie alle ulteriori visite guadagnate, al miglioramento delle statistiche interne in termini di tempo di permanenza e numero di pagine visitate, donando naturalezza al rapporto link follow/senza nofollow del sito.

Forum e directory

I forum hanno vissuto un lungo declino negli ultimi anni, tuttavia in alcuni settori costituiscono importanti punti di riferimento per appassionati del settore come:

  • abiti da sposa
  • programmazione
  • automobilismo
  • intrattenimento (fumetti, GDR)

Queste piattaforme costituiscono ottime piazze virtuali nelle quali trovare:

  • informazioni su argomenti di nicchia da trattare per apparire autorevoli nel proprio ambito
  • incontrare potenziali inflluencer da mettere al corrente delle tue iniziative
  • contribuire con approfondimenti mirati per creare riscontri delle tue competenze

Presenziare nei principali forum del settore permette di fornire ulteriori elementi a supporto della propria autorevolezza. Un consulente SEO può guidare il cliente su come intervenire in maniera profittevole in queste piattaforme per aumentare i segnali di attinenza tematica del proprio brand.

Anche le directory, dei vecchi contenitori di link a tema su determinati soggetti, sono cadute in disuso, perché sono finite oggetto delle più spietate pratiche di spamming al fine di trasmettere vantaggi SEO attraverso i backlink.

Oggi però esistono alcuni settori (specialmente locali) per i quali le directory possono rivelarsi ancora utili per gli utenti.

Puoi avere la convenienza di segnalare il tuo portale nella directory autorevole che ti compete ma a patto che vi sia:

  • un controllo qualitativo che sovrintenda il loro inserimento (non possano essere inseriti da chiunque)
  • un limite al numero di collegamenti inseribili
  • vengano aggiornati nel tempo per rimuovere i collegamenti non più validi

Quora

Quora è un social network di domande e risposte nel quale si possono porre richieste di informazioni e connettersi ad altri soggetti interessati al proprio tema.

Grazie alla classificazione tematica delle conversazioni possiamo intercettare facilmente le domande di informazioni attinenti al nostro campo e rispondere a esse per dimostrarsi autorevoli in quel campo.

Essere presenti su Quora permette sia di stimolare la propria autorevolezza che di essere visibili per le ricerche specifiche che gli utenti digitano in rete.

Menzione Ilario Gobbi Semrush

Gruppi Facebook

Su Facebook sono presenti diversi gruppi attinenti a passioni di intrattenimento e attività professionali.
La tua reputazione online passa per questi canali che permettono di offrire risposte a coloro che hanno bisogno di consigli e servizi.

Condividere contenuti utili e di valore su Facebook non riguarda certamente la SEO, tuttavia un consulente può segnalare le community frequentate da soggetti interessati perché in questo può facilitare la conoscenza del brand e ottenere traffico da soggetti potenzialmente interessati.

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