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Come realizzare traduzioni professionali per siti web (di Laura Visioli)

Aprile 12, 2020 · Leave a Comment

Ben ritrovati su questi lidi!

Come sai, nel mio blog tratto argomenti inerenti il SEO copywriting, la realizzazione di contenuti web ottimizzati per i motori di ricerca. I contenuti testuali, prima che per Google, devono risultare esaustivi e convincenti per le persone, e questo include anche le traduzioni da altre lingue alla nostra.

Quante volte ti sei trovato di fronte a testi tradotti in italiano in maniera automatizzata alla bene e meglio? E quale è stata la tua reazione?

Tiro a indovinare. Magra soddisfazione (“meglio questo che niente”) e un’uscita frettolosa della pagina con la sensazione che abbiano giocato al risparmio.

Per quanto i sistemi di traduzione automatica siano molto avanzati, niente sostituisce il lavoro di un traduttore professionista. Un web writer per altre lingue può realizzare contenuti pensati appositamente per le specificità linguistiche del mercato di arrivo.

Pensa solo a tutti quei termini nella nostra lingua corretti, ma che se utilizzati al posto di sinonimi più indicati suscitano un senso di fastidio nel lettore.

Ho chiesto pertanto a Laura Visioli, traduttrice professionista, di parlarci della sua esperienza in merito e di offrire qualche insegnamento per chi vuole occuparsi di traduzioni professionali per siti web.

Laura Visioli traduttrice
Contenuti Nascondi
1 Grazie per averci concesso questa intervista Laura. Vuoi parlarci di te e del tuo lavoro?
2 In cosa consiste il tuo metodo di traduzione?
3 Hai suggerimenti per la traduzioni destinate appositamente ai siti web?
4 Quali fonti consigli di consultare per le traduzioni?
5 Quanto tempo può occorrere per una traduzione (diciamo, di una pagina)?
6 Come si riconosce una traduzione ben fatta?
7 Esiste un metodo universale per scegliere un sinonimo piuttosto che un altro?
8 Quale tipo di formazione consigli a coloro che vogliono lavorare come traduttori?
8.1 Post simili:

Grazie per averci concesso questa intervista Laura. Vuoi parlarci di te e del tuo lavoro?

Ciao Ilario e grazie per questa intervista. Oltre ad essere traduttrice in svariati ambiti, da quello editoriale alla manualistica, passando per le traduzioni nel campo del turismo, impresa e aziende, tengo anche corsi di lingue straniere (italiano per stranieri, inglese, tedesco e russo, che sono poi le lingue di mia competenza anche per le traduzioni).

Per quello che riguarda queste ultime ho scelto di non lavorare con memorie di traduzione (come ad esempio accade nelle agenzie), in quanto pur velocizzando il lavoro ed essendo necessarie in determinati ambiti (ad esempio nella manualistica, o nella traduzione di cataloghi) allo scopo di mantenere alto il livello di produttività, sono deleterie in altri (vedi ad esempio nel settore delle traduzioni più creative, che sono quelle che maggiormente mi interessano). A ogni modo, indipendentemente dal tipo di traduzione è sempre richiesta una mediazione “umana”, se non altro nella fase di revisione testuale per quelle in gran parte “automatizzate”.

Per me la creatività e il talento nel lavoro di traduzione restano impareggiabili nel momento in cui accetto un incarico di traduzione e nel loro rispetto ho deciso di lasciare da parte i CAT tools (Computer Aided Translation, che, come certamente saprai, sono dei programmi per computer che traducono riconoscendo la sequenza terminologica come parte del loro database e che sono adeguati per assisterti nella traduzione di testi caratterizzati da un alto grado di ripetitività, come certi libretti di istruzioni).

In cosa consiste il tuo metodo di traduzione?

Nel mio lavoro ho scelto di elaborare una traduzione il più possibile “artigianale” e cioè fatta senza l’ausilio dei CAT tools. Di conseguenza, ho dovuto mettere a punto un metodo efficace e sostenibile nel tempo in termini di qualità e risultati. Per questo motivo il metodo che ho elaborato negli anni di lavoro, e che continuo ad affinare grazie all’esperienza e alle novità che si affacciano nel campo della traduzione, è sostanzialmente formato da una prima lettura del testo e dell’individuazione dell’esatto target e registro da utilizzare, in accordo con gli obiettivi del committente. In questa prima fase i suddetti elementi devono essere individuati in maniera inequivocabile per poi procedere all’adozione di lessico e registri adeguati nella lingua di arrivo, tenendo conto soprattutto delle culture che fanno da sostrato alle lingue per e dalle quali si traduce. La seconda fase è quella più concreta, decisiva ed importante: si tratta della “documentazione”. Spesso alla base della scelta di un termine piuttosto che un altro vi è l’efficacia comunicativa, ovvero la necessità di rendere pienamente il senso della parola o dell’espressione della lingua d’origine nella lingua d’arrivo considerandone tutte le sfumature. Anche in questo caso, in alcune lingue capita che non esistano gli esatti equivalenti dell’italiano e viceversa, pertanto risulta necessario parafrasare o spiegare il concetto in maniera altrettanto precisa di come è stato fatto nella lingua di partenza. Questa seconda fase della documentazione è quella più arricchente ed impegnativa; può richiedere ore o giorni, e anche il fatto di dover confrontare più fonti come uno storico che si ritrova a vagliare dei documenti. Per fortuna grazie al web il lavoro di documentazione è di questi tempi molto più agevole, e nel corso degli anni mi sono creata dei mini-dizionari settoriali che adesso consulto ogniqualvolta mi vengono assegnati incarichi in quegli stessi settori di mia competenza.

In seguito si ha la terza fase, ovvero quella della stesura del testo (la traduzione vera e propria) nella quale è importante creare un testo fedele al senso e nella forma più adeguata alle richieste del testo stesso e del committente. Anche qui occorre aver ben presenti le strutture linguistiche e idiomatiche delle lingue di lavoro, per poter essere il più fedeli possibile al contenuto senza compromettere la forma; tradurre non significa solo trasferire il senso del testo di partenza ma anche saperlo scrivere e veicolare ai destinatari. In questa fase mi avvalgo dei vari dizionari online e delle grammatiche delle varie lingue con cui lavoro, seguo e partecipo all’interno di alcuni gruppi per traduttori in cui avvengono scambi interessanti (anche il confronto con i colleghi madrelingua non è da sottovalutare); la lingua è in continua evoluzione, pertanto è doveroso un controllo terminologico in più rispetto ad uno svolto sommariamente.

Infine si approda alla revisione del testo tradotto. Terminata la traduzione, procedo cioè a una visione d’insieme non solo per riscontrare eventuali errori testuali, ma soprattutto per verificare se l’impronta del testo finale combacia con il testo originario.

Il mio modus operandi è questo: il senso viene prima di tutto, poi arriva la forma e infine l’unione di stile, contenuti ed efficacia comunicativa. Questo insieme di ragionamenti è ciò che forse fa la differenza tra una macchina e l’uomo. E a tal proposito mi aggancio al tuo discorso iniziale sul fatto che nulla può sostituire un traduttore umano: una macchina o un sussidio tecnologico, per quanto avanzato non ha esperienze, ma contiene dati, una macchina non ha spirito critico, ma contiene input e algoritmi inviati dall’esterno. Il lavoro di traduttore (almeno al momento) non può essere affidato esclusivamente ad una macchina, anche se è possibile affiancarlo come ausilio alla traduzione.

Hai suggerimenti per la traduzioni destinate appositamente ai siti web?

Per quanto riguarda le traduzioni rivolte ai siti web devono essere ottimizzate per la localizzazione. Significa, in pratica, che per le aziende che puntano a presentare il proprio marchio all’estero allo scopo di ampliare il numero dei clienti è molto importante svolgere le traduzioni in ottica SEO. È cioè indispensabile affiancare a una traduzione ben fatta anche l’analisi dei metadati, importanti per la corretta indicizzazione delle pagine sui motori di ricerca. In questo modo l’azienda sarà più visibile nel mondo del web nel mercato straniero; occorre pertanto un occhio di riguardo in più in merito alla forma e alla scelta di parole chiave che nella lingua di arrivo abbiano la stessa valenza presente nella lingua d’origine per il mercato di proprio interesse.

Quali fonti consigli di consultare per le traduzioni?

Sicuramente i dizionari online per un approccio più immediato anche per i non esperti, in alternativa le fonti multimediali o cartacee più specifiche per gli addetti ai lavori. Uno dei più completi dizionari online è www.wordreference.com il quale contiene oltre al dizionario multilingue, anche un corpus ben nutrito di frasi idiomatiche e un notevole forum di discussione con madrelingua e/o traduttori nel quale si trovano argomenti interessanti su come tradurre espressioni, neologismi, slang e quant’altro nella lingua moderna.

Se invece abbiamo a che fare con traduzioni più specifiche per settore, consiglio di consultare i dizionari tematici ovvero quelli specifici per settore, ad esempio il dizionario di economia e finanza italiano-inglese e viceversa, oppure il dizionario di architettura e restauro, il glossario enologico per il settore vinicolo e così via. Grammatiche online o cartacee sono altrettanto d’obbligo per tutti i dubbi grammaticali e di stile che dovessero sopraggiungere nella stesura del testo e qui sbizzarrendo Google si possono trovare materiali molto interessanti. Sono da preferire le fonti derivanti da case editrici ufficiali e di fama mondiale come ad esempio Cambridge, Oxford, Macmillan, giusto per citarne alcune che fanno capo alla lingua inglese. In sostanza consiglio sempre dizionari e grammatiche di fonti accreditate.

Quanto tempo può occorrere per una traduzione (diciamo, di una pagina)?

Dipende dalla coppia di lingue con cui si lavora, dalla difficoltà e tipologia del testo, dall’esperienza del traduttore e dalla sua puntigliosità nella fatidica fase della ricerca (quella più dispendiosa in termini di tempo). In alcuni casi conoscendo l’argomento a menadito mi è capitato di dover stare su di una frase (nemmeno una pagina!) per dei giorni nel tentativo di trovare la traduzione che poi ho ritenuto essere quella esatta. Altre volte un paio d’ore mi sono bastate per tradurre una cartella. Il tempo è un fattore molto soggettivo, per questo motivo prima di impegnarmi in una commissione vaglio in anticipo il tempo che mi servirà per quella specifica traduzione dopo averne ricevuto il testo e aver valutato in sede di preventivo i vari fattori che entrano in gioco per quella commissione. La tempistica varia anche in base alle indicazioni del committente e alla disponibilità ad effettuare il lavoro entro i termini da questi indicati e in base alle mie capacità/disponibilità a svolgerlo.

Come si riconosce una traduzione ben fatta?

Una traduzione corretta, fedele, accurata e comprensibile con un linguaggio accessibile, efficace e che non lascia spazio a interpretazioni errate nei destinatari del messaggio. E per di più riesce a suonare naturale nella lingua dei destinatari (questa è la ciliegina sulla torta, che secondo me non deve mai mancare, ove sia possibile!). In sostanza, è una traduzione nella quale forma e contenuto sono in armonia con l’intenzione comunicativa originaria, risultando al contempo comprensibile senza difficoltà per i destinatari ai quali è rivolto.

Esiste un metodo universale per scegliere un sinonimo piuttosto che un altro?

No, però ci si può avvicinare attraverso la documentazione e l’esperienza. Bisogna cioè scegliere il termine che più si avvicina all’equivalente della lingua di arrivo sulla base delle fonti, dell’attestazione (nella lingua di arrivo) all’interno di quello specifico contesto e delle sfumature di significato (che sono poi quelle che fanno la vera differenza). Questo è un “metodo” che si impara attraverso l’esperienza, la quale rende il “sentito” professionale del traduttore molto più sensibile e ricettivo al sinonimo “giusto”.

Quale tipo di formazione consigli a coloro che vogliono lavorare come traduttori?

Dipende in quale settore vogliono fare carriera, ma sicuramente una Laurea in Lingue straniere, meglio ancora se specialistica, è un ottimo punto di partenza. Se poi la persona mira a fare carriera nel campo giuridico sarà opportuno seguire un iter professionalizzante post-laurea in questo settore altamente specifico, se invece vorrà occuparsi della traduzione in ambito editoriale è preferibile seguire master sulla traduzione editoriale. Ci sono master in quasi tutti gli sbocchi: medico, commerciale, tecnico, etc. Formazione e aggiornamento sono a discrezione del professionista, e nel caso in cui questi appartenga ad un albo sono indicate varie possibilità dall’ente stesso per la propria formazione. Personalmente ho scelto di mantenere la mia formazione il più ampia possibile prediligendo il settore editoriale, turistico, aziendale, promozionale, ed economico-finanziario. Di volta in volta scelgo i master in cui ampliare la mia formazione, soprattutto in base ai settori che per me sono più richiesti in quel periodo.

Contatti

profilo Linkedin: Laura Visioli

Grazie per questa chiacchierata, a presto!

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