Simone Bennati, conosciuto anche come Bennaker, è un social media manager e blogger che opera nel mondo del social media marketing. Durante l’intervista, Bennati ha raccontato il suo percorso professionale e le sue attività principali. È emerso che Bennati si occupa della gestione di profili social per aziende, aiutandole a migliorare la loro presenza online e a comunicare efficacemente con il loro pubblico. Oltre alla gestione dei social media, Bennati è anche attivo come blogger, dove condivide esperienze, consigli e strategie relative al mondo del marketing digitale.
Durante la conversazione, Bennati ha sottolineato l’importanza cruciale di avere una strategia social ben definita. Ha spiegato che per molte aziende, i social media rappresentano una delle principali forme di comunicazione con i clienti, e dunque è essenziale che questa comunicazione sia coerente, mirata e coinvolgente. Bennati ha osservato che una delle sfide più comuni per le aziende è la difficoltà di creare contenuti che non solo attirino l’attenzione, ma che riescano a mantenere vivo l’interesse del pubblico nel tempo. In questo contesto, il ruolo del social media manager diventa centrale, non solo come creatore di contenuti, ma anche come stratega in grado di pianificare campagne efficaci e di rispondere rapidamente alle tendenze emergenti.
Inoltre, Bennati ha riflettuto su come il ruolo del social media manager sia evoluto negli anni. Se un tempo la gestione dei social media poteva essere vista come un’attività relativamente semplice, oggi richiede una serie di competenze sempre più ampia. Oltre alla creatività, è necessaria una conoscenza approfondita delle varie piattaforme digitali, delle loro caratteristiche tecniche, delle dinamiche di marketing e, non da ultimo, delle metriche necessarie per valutare il successo delle strategie implementate. Bennati ha sottolineato come sia fondamentale per un social media manager mantenersi costantemente aggiornato e adattarsi ai rapidi cambiamenti del settore, per poter offrire ai propri clienti soluzioni innovative e competitive.
Bennati ha evidenziato come, al giorno d’oggi, la competizione sui social media sia spietata: ogni post pubblicato da un’azienda deve competere non solo con i contenuti di altre aziende concorrenti, ma con tutto il flusso di contenuti provenienti da amici e altre pagine seguite dagli utenti. Questo significa che, per far emergere un contenuto nel feed di un utente come “il signor Mario”, non basta che il post sia ben confezionato; serve anche la fortuna che Mario lo veda tra centinaia di altri contenuti. “È una lotta per la visibilità,” afferma Bennati, “e già è difficile emergere oggi, figuriamoci senza un adeguato sostegno pubblicitario.”
Bennati ha poi illustrato l’importanza di mantenere una produzione costante di contenuti e di seguire un piano editoriale ben definito. Ha sottolineato che la comunicazione sui social è un processo continuo che inizia con l’apertura di una pagina e dura fino a quando l’azienda è attiva. Secondo Bennati, se non si è disposti a impegnarsi in una comunicazione costante e ben pianificata, è meglio rivolgersi ad altri strumenti digitali piuttosto che tentare la fortuna con i social media.
Affrontando la questione della visibilità organica, Bennati ha spiegato che, sebbene non sia del tutto scomparsa, è ormai in una fase “agonizzante“. Per rendere l’idea, ha descritto come l’algoritmo di Facebook mostri un post a una frazione minima dei follower di una pagina: “Se pubblichi un post e hai 100 fan, è probabile che solo cinque di loro lo vedano organicamente. E se nessuno di questi cinque interagisce, quel post è praticamente morto.” In questo contesto, Bennati ha ribadito la necessità di investire in pubblicità a pagamento per ottenere visibilità, sottolineando che le piattaforme social non fanno beneficenza, ma sono progettate per monetizzare il traffico e le interazioni.
Bennati ha anche discusso l’evoluzione del social media marketing con influencer, facendo notare come all’inizio le aziende selezionassero influencer basandosi solo sul numero di follower, senza considerare l’autenticità di questi seguaci o la competenza dell’influencer nel settore. Oggi, invece, c’è una maggiore attenzione alla selezione di influencer più verticalizzati e specializzati in settori specifici. Bennati ha sottolineato l’importanza di affidarsi a micro e nano influencer, che pur avendo un seguito più ristretto, offrono un’interazione più autentica e costruiscono una comunità basata sulla fiducia reciproca. Questi influencer, ha spiegato, sono spesso più efficaci nel promuovere prodotti o servizi perché sono percepiti come onesti e competenti nel loro campo.
Un esempio personale che Bennati ha condiviso riguarda il suo interesse per i cocktail e la tecnologia, che gli ha permesso di consigliare un’applicazione durante il lockdown. Nonostante non si consideri un influencer, è riuscito a convincere numerose persone a provare l’app semplicemente condividendo la sua esperienza genuina. Questo esempio evidenzia il potere degli influencer autentici e quanto sia importante la fiducia del pubblico.
Simone ha affrontato il tema dell‘integrità nell’influencer marketing, criticando le aziende che chiedono recensioni e promozioni senza permettere agli influencer di testare i prodotti in anticipo. Per Bennati, la sincerità è fondamentale: un vero influencer non promuove mai un prodotto senza averne verificato personalmente la qualità. “Mettere in gioco la propria credibilità è un rischio che va preso solo se si è convinti della validità del prodotto,” ha concluso, sottolineando che l’onestà viene prima di tutto, persino dell’autorevolezza.
La discussione si concentra su vari aspetti importanti della creazione e gestione di contenuti sui social media, sia per gli influencer che per i brand. Riguardo all’importanza di selezionare con cura i prodotti da sponsorizzare, è emerso che mantenere la propria reputazione e autorevolezza è cruciale. Gli influencer che promuovono prodotti non coerenti con i propri valori o con la qualità che promettono rischiano di danneggiare la loro credibilità, il che potrebbe compromettere la loro carriera a lungo termine.
Per quanto riguarda l’uso dell’intelligenza artificiale, si osserva che mentre gli strumenti di IA generativa sono ancora in fase iniziale, possono essere utili in ambiti come brainstorming, valutazione dei rischi e generazione di idee. Tuttavia, è importante utilizzarli con cautela, soprattutto per la creazione di contenuti, che richiedono un intervento umano per garantire qualità e autenticità.
Quando si parla di costruzione di community sui social, emerge che la chiave è creare contenuti di valore che siano significativi per il pubblico e che promuovano l’interazione. Senza coinvolgimento attivo degli utenti, una community non può prosperare. Esempi come quello dello YouTuber Marco Valleggi dimostrano come, attraverso contenuti originali e un approccio genuino, sia possibile costruire una community forte e fidelizzata.
Infine, quando si tratta di promuovere un piccolo brand sui social, è importante distinguere tra le metriche che riflettono un vero successo e quelle che sono semplicemente “vanity metrics”. Le metriche di successo dipendono dall’obiettivo specifico della campagna: ad esempio, se l’obiettivo è aumentare il traffico verso un sito web, il numero di clic e la durata della visita sono indicatori chiave. Al contrario, metriche come il numero di “mi piace” o i follower possono essere fuorvianti se non sono correlati a un reale aumento delle vendite o della visibilità del brand.
L’approccio dovrebbe essere misurato e basato su obiettivi concreti, monitorando costantemente le metriche per assicurarsi che gli sforzi sui social media si traducano in risultati tangibili per l’azienda.
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