Ben ritrovati, miei blasfemi amici, a un nuovo video sul ciclo di Cthulhu, la rubrica che vi farà scorgere l’inimmaginabile realtà che si cela dietro le vostre rassicuranti convinzioni.
Io l’ho già fatto, e ho appreso un’indicibile verità.
Il canale “I Miti del Tubo” ha superato i suoi primi 200 iscritti, e l’occasione merita di essere celebrata con una degna cerimonia.
Questa volta, indirizzeremo le nostre blasfeme litanie a quelle entità dei Miti che più mi hanno colpito per la loro particolarità, ma che non vantano molte apparizioni oltre a quella originale.
Si alzi il terribile sipario.
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Il Colore venuto dallo spazio
Che cosa sia, Dio solo lo sa. In termini di materia suppongo che la cosa sia un gas, ma obbediente a leggi che non sono quelle del nostro cosmo; non è il frutto dei pianeti o dei soli che splendono nei telescopi e sulle lastre fotografiche dei nostri osservatori. Non è un soffio dei cieli di cui i nostri astronomi misurano i moti e le dimensioni, e neppure di quelli che giudicano troppo vasti per essere misurati. Era soltanto un colore venuto dallo spazio, messaggero spaventoso degli informi reami dell’infinito, al di là della natura che conosciamo.>>
(tratto da Il colore venuto dallo spazio)
Un essere proveniente da uno spazio remoto dove le cose non sono come da noi.
Un colore incompatibile con lo spettro umano dotato di una volontà rapace, che assume massa e forza man mano che estende la sua permanenza sulla Terra.
Gli Elder Things mostravano di adorarlo mentre i Mi-Go e altre specie aliene lo temevano.
Nel racconto Il colore venuto dallo spazio del 1927 il mostro omonimo, giunto sulla Terra all’interno di una meteora, affligge gli abitanti di una valle del New England assorbendo la forza vitale prima della piante, poi delle bestie e infine di una famiglia di abitanti, fino a quando non riparte per lo spazio dopo aver trasformato la terra sulla quale ha germogliato in un’arida distesa, che diverrà nota come la landa folgorata. Il periodo di permanenza della creatura verrà ricordato come “gli anni terribili” e Ammi Pierce, colui che racconta al narratore gli eventi nefasti, impazzirà parzialmente per il sospetto che la creatura possa essersi lasciata qualcosa dietro di sé.
Lo stato larvale del Colore è quello di un embrione sferico di circa tre pollici di diametro, il cui guscio metallico si spezza a contatto con l’atmosfera terrestre liberando la propria essenza.
Da bravo parassita, mette radici nell’area sul quale è precipitato e inizia a succhiare energia dapprima dalle forme di vita più basilari, guastandone il sapore e la crescita, per poi alzare il tiro e svenare direttamente animali e umani.
Le forme di vita infestate spesso mutano di dimensioni o subiscono orrende mutazioni genetiche, come nel caso delle vittime umane che finiscono per gonfiarsi o avvizzirsi, per poi ridursi in gran parte dei casi in polvere quando la propria forza vitale è del tutto consumata.
Quando il Colore ha raggiunto una certa soglia di nutrimento, abbandona il pianeta per individuarne un altro da saccheggiare, lasciando alle proprie spalle una terra arida e priva di vita.
Esso rifugge la luce del Sole, preferendo nascondersi all’interno di grotte, pozzi e cantine, specialmente se sott’acqua. Si muove sotto forma di un raggio lunare lungo le superfici, è in grado di compiere balzi e di attraversare gli spazi fisici che la luce è in grado di oltrepassare.4
Gli Erranti Dimensionali
I Dimensional Shamblers, o Erranti Dimensionali, sono esseri cartilaginei residenti nello stesso reame trans-cosmico in cui risiede Yog-Sothoth, o più precisamente in una dimensione inferiore ricolma di una melma grigiastra .
Appaiono per la prima volta nel racconto L’orrore nel museo di Lovecraft e Heald del 1932 e successivamente nel racconto The Hunters from Beyond di Clark Ashton Smith.
Si tratta di entità che emergono dai propri pertugi dimensionali per nutrirsi, cacciare o partecipare a certi rituali, e che possono accedere al nostro mondo senza alcuna difficoltà.
Gli Erranti sono cacciatori di prim’ordine che hanno la capacità di spostarsi tra le dimensioni per spiare gli esseri appartenenti ad altri mondi e prelevare vittime da rapire, anche grazie ai propri poteri ipnotici.
Nel proprio mondo ne esistono in gran numero, e possono esisterne sulla Terra anche in varie migliaia, seppure prima o poi finiscano per tornare al proprio non-continuum di appartenenza.
Mostrano di possedere poderosi artigli, una pelle estremamente rigida e dal colore simile a quello delle mummie, e un paio di inquietanti occhi spenti. Le loro mani sono incredibilmente snodabili, al punto di essere ruotabili a 180 gradi, e manipolabili per raggiungere il modo migliore di carpire un oggetto.
In particolare, sono soliti materializzarsi dentro gli spazi chiusi che racchiudono la propria vittima per non lasciarle alcuna possibilità di fuga.
Ne La guida di Petersen agli orrori Lovecraftiani si segnala che questi cacciatori potrebbero scegliere le proprie vittime sulla base del compimento di tre specifiche attività umane in un dato ordine, ma non è dato sapere quali.
I Magri Notturni
Si tratta di entità demoniache che popolavano gli incubi dell’infanzia di H.P.Lovecraft, in seguito ai primi gravi lutti – la morte del padre e della nonna – e agli esaurimenti nervosi che iniziavano a tormentarlo.
Appaiono nel poema Night-Gaunts (pubblicato nel 1939) e nel romanzo La ricerca onirica dello sconosciuto Kadath (pubblicata postumo nel 1943).
I Magri notturni (Nightgaunts) sono neri esseri umanoidi privi di volto ma muniti di ali di pipistrello, corna, code acuminate, e di una pelle viscida simile a quella di balene. Essi operano come servitori del dio degli abissi Nodens oppure di altre divinità nella dimensione nota come Reami del sogno.
Non producono alcun suono né per comunicare né quando si muovono in volo, e agiscono preferibilmente di notte, anche se la luce del sole non li limita particolarmente.
Seppure privi di occhi e di bocca sono in grado di orientarsi e di nutrirsi senza difficoltà.
Hanno l’abitudine di muoversi a stormi e di fare il nido nei luoghi desolati dove il loro signore desidera che facciano la guardia. Se individuano un intruso o una preda, lo sollevano in volo e tendono a fare loro il solletico con la propria coda artigliata, tentativo di calmarlo di dubbia utilità.
In alternativa lo lasciano precipitare da grandi altezze, che è anche peggio.
I vampiri siderali
I vampiri siderali (Star Vampires, Shambler from the Stars) sono delle orride entità composte di materia che non esiste sulla Terra e che vivono nelle distanze tra gli astri, visitando i corpi celesti solamente quando hanno la necessità di nutrirsi.
Sono comparsi per la prima volta nella storia breve The Shambler from the Stars di Robert Bloch pubblicata nel 1935.
Sono in grado di volare senza ricorrere ad alcuna forma di propulsione grazie alla propria composizione, anomala per i nostri standard, e sono soliti produrre fastidiosi suoni simili a grottesche risatine che segnalano la loro presenza.
Essi si nutrono di cibo liquido, attraverso le proprie molteplici bocche a ventosa e agli svariati stomaci penduli: gli sventurati verso i quali rivolgono le proprie attenzioni vengono avvinghiati dalle proboscidi prensili che si tendono dal loro corpo e sventrati dalle fauci o dagli affilati artigli per ottenere il prezioso materiale.
È possibile che facciano uso di tunnel sub-dimensionali per attraversare velocemente le distanze stellari, e che abbiano una sorta di autoconsapevolezza che permetta loro di recepire i segnali telepatici con i quali vengono in contatto.
Gli stregoni più esperti possono avere l’ardire e le competenze per evocarli e scagliarli contro i propri nemici, anche se non è raro che essi attacchino i loro stessi incantatori.
Normalmente queste creature sono invisibili, a meno che non vengano appositamente ricoperte da materiali opachi, ma quando iniziano a nutrirsi assumono il colore del liquido che stanno assorbendo dentro di sé.
Non appena il liquido viene digerito, questi mostri tornano a essere invisibili come al solito.

La Nebbia Senza Nome e il Magnum Innominandum
Ti va di parlare di due entità in un colpo solo? Detto fatto.
La Nebbia Senza Nome è un Dio Esterno, il più anziano della categoria a eccezione dell’antico Azathoth creatore dell’universo, del quale è figlio: i suoi poteri sono sconfinati e comprendono la manipolazione dello spazio tempo e della realtà stessa, ed è immortale al pari degli Altri Dei che da lui discendono, Yog-Sothoth in primis.
Lovecraft ha menzionato la Nebbia Senza Nome in una scherzosa elaborazione dell’albero di famiglia del Grande Cthulhu (del quale sarebbe il bisnonno).
Il Magnum Innominandum viene menzionato nel De Vermys Misteriis nel racconto “The Shambler from the stars” di Bloch pubblicato nel 1935, in una evocazione dei vampiri stellari.
Lovecraft suggerì a Bloch la formula in latino da riportare all’interno del testo.
I Miri Nigri adoravano questa entità, che potrebbe comunque essere l’appellativo di un libro.
L’idea di questa creatura venne a Lovecraft in occasione di un sogno romano e venne utilizzata in un racconto, L’orrore dalle colline, di Frank Belknap Long pubblicato del 1931, nel quale è un epiteto di Chaugnar Faugn.
Venne menzionato nel racconto Colui che sussurrava nelle tenebre assieme ad altri Miti quali Hastur: successivamente divenne un epiteto proprio di quest’ultimo, in quanto Colui che non deve essere nominato dovrebbe essere il compagno di Shub-Niggurath.
Il Magnum Innominandum e la Nebbia Senza Nome vennero poi unificati nella stessa entità da altri autori come Lin Carter e dal manuale Il richiamo di Cthulhu.
Siamo giunti alla fine di questo video.
Noi ci vediamo alla prossima blasfema blasfemia.
Credits
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