I Miti di Cthulhu di Robert Bloch

I Miti di Cthulhu di Robert Bloch

Ben ritrovati. Tra i prosecutori letterari di Howard Phillips Lovecraft merita un posto d’onore Robert Bloch (1917-1994).

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Nel 1933 un sedicenne Bloch inizio a scrivere a Lovecraft e continuò a farlo nei successivi 4 anni. Lo scrittore di Providence fu molto gentile e, oltre a elogiare i suoi primi scritti giovanili, gli dette dei consigli su come sviluppare l’orrore in modo più graduale e consistente.

Bloch dette prova fin da subito del suo talento e nel 1934 pubblicò “The secret in the Tomb” su Weird Tales, seguita nel 1935 da “Il banchetto del Diavolo”. Bloch proseguì la sua carriera di scrittore anche nel giallo e nella fantascienza e tra le sue opere più famose vi è sicuramente “Psycho” dal quale è stato tratto il celeberrimo film di Alfred Hitchcock, altri 5 film, un documentario e una serie televisiva.

Bloch rimase profondamente grato a Lovecraft per averlo incoraggiato e aiutato e lo definì “la sua biblioteca”. Tra le loro collaborazioni si contano “I Servi di Satana” del 1935, edito Arkham House 1949, al quale lo scrittore di Providence contribuì con delle correzioni specie per aumentare il realismo storico. Ambientato nel 1693, vede lo zelante Reverendo Gideon Godfrey contrastare gli abitanti di Roodsford, nel Maine, decisi a fare avverare il ritorno del Maligno. Un’altra collaborazione di stampo più esotico è “Il Loto Nero”, pesantemente riscritto da Lovecraft, la storia di un sultano pesantemente dipendente dall’oppio.

Una famosa creazione di Bloch è il libro De Vermis Mysteriis (il cui originale titolo Mysteries of the Worm suggerì di cambiare nella versione latina) e la sua invocazione “Tibi, magnum Innominandum, signa stellarum nigrarum et bufoniformis Sadoquae sigillum”, sempre suggerita da Lovecraft. A sua volta l’autore di Providence menzionò il temuto tomo in alcuni racconti tra cui “Il diario di Alonzo Typer” e “L’ombra calata dal tempo”.

Senza di Bloch probabilmente oggi non avremmo un capolavoro di Lovecraft del calibro di “L’Abitatore del buio”.

Il suo protagonista Robert Blake è espressamente ispirato a Robert Bloch. Tra lui e Lovecraft era in corso un gioco scherzoso che prevedeva di fare morire in modo orribile il personaggio basato sull’altro nel proprio racconto. La serie comincia con “L’Orrore dalle Stelle” del 1935 (dove un equivalente di Lovecraft troppo incline a svelare i segreti redatti nel nefasto De Vermis Mysteriis fa una fine orribile). Un lettore di Weird Tales la elogiò e invitò Lovecraft a ricambiare l’omaggio: la serie prosegue quindi con L’Abitatore del Buio del 1936 (nel quale l’incauto scrittore Blake attira l’entità blasfema del titolo) e si conclude con L’Ombra del campanile (nel quale il protagonista indaga sui retroscena degli eventi del racconto precedente).

Un altro equivalente di Lovecraft appare con il nome di Edgar Gordon in “Il Demone Oscuro”, nel quale è uno scrittore dalla vivida vita onirica che lo porta a conoscere blasfemi segreti del cosmo. I suoi sogni di spingono fino a raggiungere il Demone Messaggero del quale diventa un profeta… se non egli stesso. Lovecraft stesso appare nelle sue opere in versione scherzosa di vampiro in “Quel vampiro di Lovecraft” che ironizza sulle leggende nate attorno alla figura dello scrittore di Providence, visto come recluso e misterioso, e nel quale il narratore viene invitato a cena da Lovecraft… anzi, come cena!

Molti racconti di Bloch includono le creazioni del Solitario di Providence (in primis Nyarlathotep, “demone messaggero” delle tremende potenze esterne) ma se ne distaccano per la frequente ambientazione egiziana oppure legata all’Antico Egitto. Ciò permette all’autore di riproporre divinità dell’antico credo egizio come Sebek o Bast in un’accezione particolarmente blasfema, qualificandole come entità affini a quelle dei Miti di Cthulhu. Molte volte le tremende rivelazioni sono associate al capitolo “Rituali Saraceni” del blasfemo libro proibito Unaussprechlichen Kulten di Von Juntz.

Nyarlathotep
Nyarlathotep by Emresh

In “Il segreto di Sebek” il narratore è uno scrittore che viene coinvolto a New Orleans a un ballo in maschera da Henricus Vanning, che assieme ai suoi amici ha deciso di nascondere in bella vista le proprie pratiche occulte. Egli incautamente ha fatto trasportare in città la mummia di un adoratore di Sebek, e ne paga le conseguenze quando un uomo con una maschera da coccodrillo lo addenta al collo uccidendolo. Per non parlare del fatto che, quel volto a forma di rettile, è autentico…

In “Il dio senza volto” il malvagio archeologo Carnoti mette le mani nella zona del Nilo nella statua dell’antico Dio Senza Volto associata al tremendo Nyarlathotep, che si dice tormentare i sacrileghi nella forma di un uomo con un bastone. L’archeologo si perde nel deserto e nel delirio dato dal sole cocente scorge proprio la blasfema figura che lo insegue…

In “Il Dio che uscì dalla tomba” Sir Ronald Barton e suo figlio Peter trovano in un sepolcro la statua di Anubi “colui che apre la via”. Per trovare il tesoro che custodisce, il vecchio pianifica di ipnotizzarsi per fare entrare la sua anima dentro la statua e aprile la porta: come scopre a sue spese Peter, il dio non si lascia ingannare così facilmente…

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L’Orrore dalle Stelle (“The Shambler from the Stars”)

Il narratore è uno scrittore che aspira a conoscere approfonditamente il mistero per scrivere un’opera che sia pregna di segreti innominabili e indescrivibili.

Inizia a documentarsi a fondo e a confrontarsi con mistici e illuminati, e alla fine ottiene per un prezzo irrisorio il De Vermis Mysteriis. Esso venne scritto dal detestato Ludwig Prinn, che sosteneva di essere lo stesso che partecipò alla nona crociata (nota: le crociate in realtà furono solo otto) e che studiò la magia presso maghi siriani. Alla fine si stabilì in Belgio dove dimorò in una torre, si dice servito da entità invisibili provenienti da oltre le stelle. In carcere scrisse non si sa come il De Vermis Mysteriis, che poi venne stampato a Colonia e giunto fino ai giorni nostri.

Non riuscendo a comprendere le scritte in latino, il narratore lo porta da un suo amico a Providence (un alter ego di Lovecraft).

Questi, incautamente, legge a voce alta le formule in latino e richiama qualcosa.

Si ode una sinistra risata e l’amico del narratore viene sollevato in aria da una forza invisibile, che lo uccide e inizia a berne il sangue.

Il narratore, terrorizzato, fugge dal vampiro siderale e dà fuoco alla casa.

Ma ora teme che un giorno il mostro venuto dalle stelle possa tornare per reclamare anche la sua vita, facendogli scoprire i misteri del Verme…

L’Ombra del campanile (The Shadow from the Steeple)

Edmund Fiske giunge in tassì presso una casa di Benefit Street, ma non si trova lì per ragioni piacevoli. Egli apparteneva al “Circolo Lovecraft”, un gruppo di scrittori di genere fantastico al quale apparteneva anche Howard Phillips Lovecraft e Robert Blake (di cui Fiske era un caro amico).

Lovecraft aveva ricevuto segni del deterioramento mentale di Blake durante la sua permanenza a Providence e aveva trasmesso quelle informazioni nel suo racconto “L’abitatore del buio”. Da Howard e dall’autore di “Fame of the Black Pharaoh” (ovvero Robert Bloch stesso) aveva appreso della tremenda leggenda del Faraone Nero e del Trapezoedro Brillante.

Viene a sapere che il dottor Ambrose Dexter, dopo essersi sbarazzato della gemma nella baia, se ne è andato di Providence e che nel corso di 15 anni è divenuto un esperto dell’energia atomica, facendo conferenze e consulenze per enti governativi che hanno velocizzato lo sviluppo in tale senso.

Nel 1950 il detective di Fiske lo rintraccia e apprende che tiene la luce nella sua casa accesa 24 ore su 24. Lo raggiunge quindi nella sua casa di Benefit Street e chiede di incontrarlo: nella sua dimora trova copie del De Vermis Mysteriis, il Liber Ivonis e del Necronomicon.

Dexter si dimostra cordiale, anche se ha l’aria di volerlo allontanare: gli spiega che aveva appreso da Blake del Trapezoedro Brillante e che si era premurato di gettarlo con il coperchio aperto nella baia in modo che l’Abitatore del Buio fosse inibito. Fiske però non è persuaso, perché il pescatore che l’aveva accompagnato in barca aveva riferito di averlo visto fissare la pietra e mormorare in una strana lingua.

A un tratto una tremenda rivelazione si fa strada nella sua mente.

E se l’entità della pietra si fosse fusa con il dottore? Avrebbe potuto espandere le sue conoscenze atomiche e indirizzare tramite lui la razza umana verso un tremendo futuro di agghiaccianti armi atomiche…

Sentendosi minacciato Fiske fa per ucciderlo con la pistola, ma Dexter spegne la luce e qualcosa di brillante si manifesta nel suo corpo.

Un qualche fenomeno radioattivo che lo accompagna? Oppure la presenza di una entità ben più sinistra e terribile?

Fiske cade morto a terra e il dottore, come nulla fosse, ne da la notizia al domestico, preparandosi per partire il giorno successivo.

La figura dello scienziato si rivolge alla luna mentre due pantere giungono a leccare le sue mani, proprio come si dice facciano con Nyarlathotep…

Quaderno trovato in una casa deserta

Il narratore, il dodicenne Willie Osborne, affida i suoi ricordi a un quaderno, mentre “quelli cercano l’entrata nel pozzo”.

Dopo la morte dei suoi genitori il ragazzo venne affidato allo zio Fred e a sua moglie. Sua nonna gli aveva parlato di “loro” che vivono tra le colline e le paludi, che non sopportano la luce del sole e che compiono sacrifici umani in onore di coloro che adorano.

Sembrano essere soltanto dicerie e credenze superstiziose, ma gli zii non escono mai di notte.

Un giorno, mentre si trova nel bosco, il giovane vede una cosa nera, dall’odore nauseabondo, con zampe simili a corde e braccia come rami degli alberi, tante bocche disposte come foglie.

Studiando la mitologia, sviluppa la convinzione che i misteriosi “loro” siano druidi giunti dall’altra parte dell’oceano che hanno conservato le proprie tradizioni nascondendosi nei boschi, nelle paludi e sottoterra, per continuare a eseguire i sacrifici umani.

Lo zio Fred si reca in calesse per andare a prendere il cugino Osborne giunto in visita, ma i due scompaiono e i cavalli tornano da soli, morendo poco dopo di paura. Nel pozzo rivengono della fanghiglia verde. Forse “loro” bevono e pregano con le molte bocche e adorano i vecchi dei della Terra? Anche la zia viene rapita e il piccolo rimane da solo.

Tempo dopo un uomo che si presenta come il cugino Osborn arriva in fattoria e si propone di portare via con sé Willie. Il ragazzo non crede alla sua storia e fugge con il postino. Questi però viene ghermito dalla cosa nera con tante braccia come corde e l’odore pestilenziale.

Mentre fugge per la collina vede un altare dove i druidi svolgono un sacrificio umano in onore della cosa nera: uno Shoggoth!

Il ragazzo si rinchiude nella fattoria e il giorno dopo viene raggiunto dal finto Osborne e altri uomini, che pianificano di passare per il pozzo, che è l’entrata per il mondo sotterraneo dei druidi e della cosa.

Il suo diario termina con l’esortazione a cercare l’altare contraddistinto da segni di cinquanta centimetri sulla sua superficie: le impronte digitali della cosa.

La Stirpe di Bubastis

Il narratore si reca in Cornovaglia dal suo amico Malcolm Kent, i cui antenati risalgono addirittura ai druidi. Lo trova molto interessato al folklore egizio e alle antiche usanze della zona, ma anche molto turbato. Egli ha scoperto che certe tradizioni dei sacerdoti risalgono all’antico Egitto (siccome gli Egizi hanno colonizzato la Cornovaglia) ed è entrato in possesso di una copia del famigerato “Culti Proibiti” di Ludwig Prinn.

Kent gli parla del culto della tremenda dea Bubastis, i cui templi vennero distrutti e i suoi sacerdoti fuggirono attraverso l’oceano per salvarsi dalle ire del faraone. A quanto pare erano versati nella magia nera e creavano ibridi umani-animali per creare modelli simili alle loro divinità.

All’interno di una cripta trovano i sarcofagi dei sacerdoti fuggiti da Bubastis. Sembra che nel corso delle generazioni vi siano vissute circa 1000 persone, e che per vivere abbiano praticato il cannibalismo come insegnato dalla loro dea. Esaminando i sarcofagi trovano esempi di esseri in parte umani e in parte umani, frutti degli esperimenti di ibridazioni tra bestie e donne umane perpetrati dai sacerdoti.

La cosa più preoccupante è che vi sono resti di ossa recenti, resti di sacrifici umani ancora in corso.

Kent infatti è il custode del tempio di Bubastis, da lunga tradizione familiare, e intende sacrificare anche il suo amico alla famelica dea. Il narratore riesce a scappare e ode il suo compagno venire maciullato da qualche essere innominabile.

Il protagonista, mentalmente sofferente, fugge e trascrive i suoi ammonimenti. Poiché il culto di Bubastis ancora è attivo, ogni sei mesi si tengono nuovi sacrifici.

I sacerdoti crearono in effetti una divinità a loro uso e consumo, a forza di incroci. Un essere alto oltre tre metri dai tratti felini, dall’insaziabile fame, che si nutrì di loro stessi: la dea Bast.

E con questo è tutto. Spero che questo articolo ti abbia interessato. Lasciaci un commento, noi ci vediamo alla prossima!

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