La guerra atomica ha posto fine alla civiltà, ma non alla razza umana. In un clima distopico totalmente immerso nella violenza, la forza diviene l’unica valuta rispettata dalle genti. Si formano regni più o meno grandi nei quali la legge la determina chi è il più forte, e in primis chi detiene i segreti delle più arcane arti marziali in circolazione.
Ma in questo mondo scivolato nella follia arde ancora una luce di speranza. Kenshiro, il 64imo successore della Divina Scuola di Hokuto, si muove alla ricerca della sua fidanzata Yuria, raddrizzando torti e venendo con il tempo acclamato come il salvatore della razza umana sopravvissuta.
Ken il guerriero è un manga e anime che ha segnato generazioni di spettatori, e che ancora oggi viene acclamato come un pilastro della cultura anni ‘80. Oltre a una trama accattivante, a esaltanti tecniche di arti marziali e a personaggi buoni e cattivi che hanno lasciato il segno, ha impresso nei nostri cuori importanti insegnamenti morali sul cui significato psicologico.
Il Significato Psicologico di Ken il Guerriero
Non è possibile considerare l’importanza di Hokuto no Ken trascurando le motivazioni che muovono i personaggi principali. Ciascuno di essi si sposa indissolubilmente con una inclinazione che ne determina strettamente il destino. Motivazioni come l’amicizia, l’amore, l’onore, la difesa dei deboli assumono in questo medioevo postapocalittico un valore cavalleresco inossidabile che permette all’intera umanità di andare avanti.
Le motivazioni psicologiche in quest’opera sono elementi del fato che influenzano direttamente la vita degli uomini.
I maestri delle sei scuole del Nanto Roku Sei Ken, ad esempio, sono sostenuti da altrettante stelle che influenzano il loro stile di vita.
Shin ha la stella del martirio, e infatti, guidato da un amore senza freni, finisce per autodistruggersi attirando su di sé l’ira del protagonista, la cui fidanzata ha rapito e costretto ad amarlo con la forza.
Shu ha la stella della benevolenza e indirizza la sua vita alla difesa altruistica del prossimo, fino all’estremo sacrificio. Rei è guidato dalla stella del dovere e infatti i suoi ultimi giorni saranno guidati da una tremenda agonia, sostenuto dalla missione autoimpostasi di salvare la povera Mamiya da Yuda della stella del tradimento.
Altrettanto cruciali sono le inclinazioni caratteriali dei quattro fratelli di Hokuto: Jagi è la superbia, Toki è la pietà, Ken è l’empatia e Raoh è l’ambizione. Toki e Ken sono chiaramente gli elementi positivi e i più indicati alla successione dell’Hokuto Shinken, ed entrambi agiscono per aiutare il prossimo, comprendendo le sofferenze che affliggono gli altri. I due fratelli rappresentano le due reazioni umane al dolore: il lenire, e l’opposizione. Toki è un medico nel cuore e nei fatti e persino i suoi colpi mortali sono concepiti per non fare soffrire l’avversario, anzi per fargli sperimentare piacere.
Ken invece incarna l’istinto umano all’azione che si attiva nel tentativo di evitare al male di propagarsi: i cattivi non vengono uccisi tanto come ripercussione, ma per impedire che commettano le loro azioni spregevoli ai danni di ulteriori innocenti.
Fin da piccolo, Raoh manifesta l’intenzione di estendere il suo volere con la forza, per fare rispettare la sua volontà in quanto più meritevole di quella di chiunque altro. Il maggiore dei fratelli di Hokuto manifesta chiaramente i sintomi del complesso del messia: Raoh si vede come una figura investita di potere divino destinata e legittimata a regnare sul resto del mondo, in virtù della sua presunta superiorità.
Raoh, come altri prima e dopo di lui, ha chiuso il suo cuore a ogni emozione che non sia la brama di potere, e così facendo paradossalmente si è precluso proprio quella crescita e quella forza assoluta che aveva sempre anelato.
Come suo fratello maggiore Kaioh ha vissuto la perdita della madre, e come questi ha sublimato il dolore nei progetti di grandezza. Non c’è spazio nel suo cuore per l’amore, o almeno così crede lui: perché l’amore rende deboli o, per meglio dire, rende umani.
Tuttavia, è proprio quando riesce finalmente a sviluppare empatia per la sofferenza di quella donna tanto a lungo separata dal suo innamorato, che sblocca il più grande traguardo della propria scuola, la Musou Tensei, la trasmi
Il dolore non è soltanto uno stato d’animo spiacevole ma è anche un legame che unisce tutti gli uomini: quando si riesce a comprendere la sofferenza altrui, la propria entità entra in comunione con le altre, dalle quali si è normalmente separati da paura, egoismo e altri meccanismi di difesa, e si può maturare pienamente, oltrepassando i limiti dell’auto-isolazionismo. Personaggi come Fudo e Ken, i cui occhi sono pieni di tristezza, manifestano un sentimento tanto grande persino da fare vacillare uno come Raoh, la cui ambizione è tanto grande da salire fino al cielo.
L’amore è il fulcro dell’intera opera. Se ci pensiamo, tutti i cattivi principali del manga sono individui che, per auto sostenersi, si sono preclusi ogni sentimento di amore verso il prossimo. Yuda nega la sua ammirazione per la spettacolare maestria di Rei, Souther esclude l’affetto per il suo defunto maestro, Raoh nega a se stesso di amare Julia, e Kaioh è diventato un despota sanguinario in seguito alla perdita dell’amata madre.
Julia, nata sotto la stella dell’amore materno, non è amata da così tanti uomini nella serie per via, o almeno non solo, della propria bellezza, ma perché soddisfa quel desiderio di amore e protezione insito in ognuno di noi, specie in persone come Raoh e Toki che riversano su di lei la loro nostalgia per l’amore della madre. Ella adempie pienamente a questa sua funzione, persino curando il suo rapitore Raoh dalle ferite che ha riportato, e la sua compassione non fa altro che divaricare la ferita ancora sanguinante nel cuore del tiranno.

Ken il guerriero è stato spesso contestato per la violenza rappresentata, violenza che non viene certamente adulata, ma mostrata nelle sue conseguenza disastrose per la sopravvivenza del singolo e della collettività.
La violenza è certamente un meccanismo necessario in un mondo pericoloso per difendersi e sopravvivere, ma quando viene esercitata fine a se stessa non soddisfa che superficialmente coloro che la praticano. Innumerevoli bande di predoni si abbandonano a violenze indiscriminate, come meccanismo di alienazione da quel mondo terrificante nel quale sono costretti a vivere, e ricevendo come contraltare altra violenza che non porta ad altro che alla loro dipartita, a devastazioni e a dolore che non giova a nessuno.
Diversi personaggi in particolare si abbandonano alla violenza cruda e fine a se stessa per colmare un vuoto nel proprio cuore altresì insopportabile.
Il sacro imperatore di Nanto, Souther, intende costruire un enorme mausoleo nel quale riposare una volta morto assieme alle spoglie del suo maestro, e a tale scopo rapisce ragazzi dalle comunità limitrofe per impiegarli come schiavi.
Ora, se lo scopo fosse solo quello di edificare la piramide, non sarebbe più razionale rapire uomini robusti, in grado di lavorare meglio degli infanti? Eppure Souther manifesta più volte il desiderio di nuocere ai bambini, come quando li porta affamati ad assistere ai suoi banchetti luculliani e quando li minaccia di morte per costringere Shu a portare in cima alla piramide la punta della costruzione.
Souther sembra voler punire il suo giovane sé del passato, che come parte della procedura di iniziazione fu inconsapevolmente portato a uccidere il proprio maestro per ereditare il ruolo. Non riuscendo a vincere il rimorso, espelle dal suo cuore ogni sentimento di amore e sublima il suo odio per se stesso in crudeli vessazioni ai danni dei ragazzi. Quando infine viene sconfitto da Ken, le sue difese interiori si spezzano e si ritrova, piangendo, ad abbracciare le spoglie del suo padre adottivo, chiedendogli di accarezzarlo come faceva una volta.
Ken non è il Salvatore di fine secolo perché riesce ad abbattere tutti i potenti nemici che incontra, ma perché con le sue gesta ispira un’umanità altrimenti preda della pazzia e dello sconforto a ritrovare la retta via. Una via retta dalla speranza e non costretta dalla forza, come crede Raoh sia l’unica opzione.
Tuttavia questa consapevolezza non si raggiunge gratuitamente, ma attraverso un percorso doloroso che grava sulle spalle del protagonista.
Kenshiro non sarebbe lo stesso eroe senza essere maturato, passando attraverso l’esempio di tutti i coraggiosi che lo hanno proceduto. Quando si reincontrano, suo fratello Jagi quasi non lo riconosce tanto è cresciuto: le sofferenze delle brave persone che ha conosciuto sono il bagaglio che lo hanno portato a evolversi verso un equilibrio benefico per se stesso e per gli altri.
Simbolicamente, tutti i tremendi lutti che affronta Kenshiro non sono semplicemente frutto delle circostanze di un mondo impazzito, ma sono i tasselli che vanno a comporre il cammino del salvatore, come espressione della volontà del cielo.
La determinazione altruistica di Toki nell’aiutare il prossimo e salvare un fratello preda di se stesso. La generosità di Shu che pone la salvezza di vittime innocenti prima della propria. L’esortazione di Rei a perseguire il suo cammino di speranza per gli esseri umani bisognosi di un faro di speranza.
Persino Shin, che con la sua brama per una donna ha dato il via agli eventi del manga, ha fatto capire in Ken quanto è importante l’amore per una persona e quanto è in grado di motivarla.
Comprendere il dolore proprio e altrui aiuta quindi l’eroe protagonista, e noi con lui, a crescere e a maturare, a diventare persone migliori e ad aiutare il prossimo, in un circolo a catena positivo che ad ampio raggio porterà l’intera umanità a raggiungere migliori condizioni di vita.
Spero che questo articolo ti abbia interessato. Premi lo tsubo dei commenti, noi ci vediamo alla prossima.
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