Ben ritrovati. In questo video parleremo di tutte le città perdute create dall’immaginazione di Howard Phillips Lovecraft. Preparati, sarà un bel viaggio!
La città sommersa de “Il tempio”
La città sommersa compare nel racconto “Il tempio”.
Il tenente comandante della flotta imperiale tedesca Karl Heinrich Graf Von Altberg-Ehrenstein è al comando del torpediniere sommergibile U-29, con secondo ufficiale il tenente Klenze.
Von Altberg-Ehrenstein è un tedesco autoritario che mal sopporta coloro che non reputa di stirpe pura quanto la sua.
Dopo avere fatto affondare la nave da carico inglese Victory, l’equipaggio trova il corpo di un marinaio della Victory, probabilmente greco, aggrappato alla murata. Klenze si impadronisce di una testa d’avorio raffigurante un bel giovane incoronato da allori che gli viene rinvenuta addosso.
Successivamente si iniziano a diffondere strani timori: alcuni sostengono di avere visto il morto improvvisamente rianimarsi una volta lanciato in acqua e nuotare verso l’abisso, e l’equipaggio inizia a presentare segni di malessere.
La pressione continua ad aumentare, mentre una strana corrente verso sud spinge il sottomarino, il quale inizia anche a essere circondato da insistenti delfini che lo seguono insistentemente.
Durante una tempesta il sottomarino è costretto a immergersi senza riuscire più a emergere: a bordo l’equipaggio esasperato attribuisce questa serie di sfortune all’influsso malefico della testa d’avorio in mano di Klenze. Ben presto l’equipaggio scivola nella paranoia, al punto che qualcuno sostiene di vedere i marinai uccisi nelle precedenti missioni nuotare nel fondo dell’oceano assieme a loro.
Von Altberg-Ehrenstein uccide i marinai rivoltosi e rimane da solo con Klenze a gestire il sottomarino, che inizia inesorabilmente a scendere verso il fondale.
Klenze farnetica in maniera sempre più incontrollabile, riferendosi a un qualche “Lui” che li attende nell’abisso. Esasperato, il comandante lo fa uscire dal sommergibile per concedergli di suicidarsi, anche se non vede la scena per via dei delfini che incredibilmente li hanno seguiti a quelle profondità.
Von Altberg-Ehrenstein prosegue con l’esplorazione dei fondali e incappa in una serie di complessi architettonici. Si tratta di una vere e propria città sul letto di un antico fiume, con tanto di case e templi. Tra essi si nota un titanico santuario ricavato dalla roccia circondato da colonne e sculture bellissime, sul cui accesso troneggia un viso di un dio del sole identico a quello della statuetta d’avorio.
Von Altberg-Ehrenstein apparentemente delira e avverte canti e risate e marinai morti che lo seguono.
Infine, cede al richiamo del tempio e si avvia con uno scafandro verso la misteriosa costruzione, guidato da quella che crede essere una luce di ignota origine che lo richiama inesorabilmente.
Nel gioco di ruolo Cthulhu: Now, l’entità responsabile di attrarre i personaggi nella città è identificata nel Grande Antico Gloon, il corruttore di carne, dall’aspetto di una lumaca di mare lunga tre metri che può manifestarsi come un uomo. Lovecraft invece era orientato sul modello del dio Dionisio.
In alcune altre fonti, la città viene identificata in R’lyeh o in Atlantide.
La città degli Antichi
La città degli Antichi appare nel romanzo “Le montagne della follia”.
La città è un vasto avamposto dell’artico popolato dalle creature preumane note come “Antichi” o “Quelli di prima”. Si tratta di una favolosa megalopoli labirintica che risale almeno al Pliocene, spopolata da almeno mezzo milione di anni.
Si trova a un’altezza di 7.000 metri ed è preannunciata da una serie di bastioni, mure e caverne, cubi regolari di ghiaccio aggrappati alle cime circostanti.
Gli esploratori Dyer e Danforth della Miskatonic University sorvolano in aeroplano un grande altopiano eroso dalle tempeste, circondato da monti alti anche 15 chilometri, un vero e proprio labirinto di pietre colossali immerse nel ghiaccio intervallate da altissime torri in rovina.
In termini di lunghezza sembra infinita, ma ha una larghezza contenuta. La muraglia è composta da enormi blocchi di ardesia primitiva, forse ricavata direttamente dal terreno. Gli edifici sono differenti ma di forma conica, cubica o cilindrica. La forma ricorrente è quella a cinque punti. Si possono notare torri collegate da ponti, rovine senza tetti, piazze a forma di stella. Certe alture sono state modellate per rendere dei bassorilievi. Gli edifici sono modellati spesso secondo geometrie e proporzioni pazzesche, spiacevoli per l’uomo.
La città segue un andamento molto geometrico: vi sono edifici a forma di cono, piramidi, cubi e guglie collegati da ponti tubolari, piazze a forma di stella.
Un grande fiume un tempo attraversava la città. Gli edifici appaiono scavati direttamente dal fondo roccioso di ardesia pre-cambriana. Sono presenti viottoli simili a canyon costeggiati da edifici pieni di decorazioni scultoree e bassorilievi. Si notano terrazze di ogni proporzione, pozzi stranamente illuminati, comignoli dagli allungamenti bulbosi, e diverse strutture a cinque punte.
Da un edificio dallo scopo educativo i viaggiatori apprendono il ruolo del numero cinque e della forma della stella nella matematica degli antichi abitanti. Dalle pareti scolpite comprendono che gli Antichi giunsero milioni di anni or sono, creando le prime forme di vita come forza lavoro o come cibo, compresi gli antenati dell’uomo utilizzati come buffoni.
Scendendo all’interno di un vasto edificio circolare ampio 70 metri trovano mappe astrali e bassorilievi di aree cosmiche. Gli Antichi eressero molte città nell’Artico e combatterono dure guerre contro altre specie spaziali, come la progenie di Cthulhu e i Mi-Go.
Gli Antichi si servirono degli Shoggoth, esseri protoplasmatici mutaforma, per erigere i massicci edifici e spostare i portentosi blocchi di arenaria. Con il passare dei millenni gli Shoggoth iniziarono a maturare un certo grado di intelligenza, e al contempo la civiltà degli Antichi decadeva socialmente e culturalmente. All’interno della città immersa nell’oscurità si sono adattati a vivere degli enormi pinguini albini alti due metri e senza occhi. Quello che Dyer e Danforth scoprono con orrore solo in seguito, è che nei meandri della megalopoli si annidano ancora esemplari viventi di Shoggoth.
La città degli Antichi compare in vari giochi di ruolo e da tavolo. Inoltre appare nell’universo espanso di Doctor Who.
R’lyeh
La città di R’lyeh, detta anche “la città cadavere”, è una megalopoli eretta dai Grandi Antichi in epoche pre umane (forse 350 milioni di anni fa) in una grande isola rocciosa nel Pacifico, alle coordinate 47°9′ S, 126° 43’W.
Presenta blocchi di pietra di dimensioni titaniche e alti edifici il cui stile ricorda qualcosa del futurismo. In generale la città sembra pregna di geometrie non euclidee “sbagliate” che confondono gli osservatori umani, ad esempio con gli angoli concavi che si comportano come quelli convessi e viceversa.
R’lyeh viene descritta in “Il richiamo di Cthulhu” e in “L’abbraccio di Medusa”. Viene menzionata anche in “Il tumulo”, dove si accenna all’isola di “Relex” che si inabissò con i Grandi Antichi e che dovrebbe essere stata fatta affondare da un qualche genere di “demoni dello spazio”, forse 250 milioni di anni fa.
Nel 1925, in seguito a una leggera scossa di terremoto nel New England, lo scultore Henry Anthony Wilcox sogna una metropoli da blocchi poderosi, monoliti neri e stillanti e obelischi altissimi ornati di geroglifici. Su tutto regna un’atmosfera malsana e dalle profondità si ode levarsi una voce non umana, monotona e caotica, di cui si colgono le parole “Cthulhu” e “R’lyeh”.
L’isola è contraddistinta da strutture di pietra verde enormi per i canoni umani e da angoli innaturali. Vi sono mura ciclopiche, gradini fatti di blocchi di pietra enormi per i canoni umani, statue e geroglifici riportanti creature marine. La materia sembra certe volte concava e certe volte convessa e disorienta chi vi assiste, la geometria sembra sbagliata e le prospettive variabili rendono difficile orientarsi.
Coloro che ricevono il richiamo di Cthulhu hanno una visione della città e odono la litania “Ph’nglui mglw’nafh Cthulhu R’lyeh wgah’nagl fhtagn”, che significa più o meno “nella sua dimora di R’lyeh, il morto Cthulhu aspetta e sogna”.
Nel racconto, in seguito ai movimenti tellurici il promontorio contenente il sarcofago del Grande Cthulhu torna in superficie e un gruppo di incauti marinai apre il portone monumentale del sarcofago di Cthulhu permettendo al mostro di destarsi momentaneamente.
La città, in seguito a una tempesta, si inabissa di nuovo, con il suo proprietario evidentemente rimasto intrappolato tra i resti nella sua metropoli, poiché le stelle non erano ancora propizie per il suo ritorno.
In “L’abbraccio di Medusa”, nel quadro dipinto dal pittore Frank Marsh, si può ammirare la città sempre pregna delle geometrie distorte e popolata da esseri solo in parte animali, intenti in orrendi sabba.
In senso esteso, R’lyeh viene menzionata in ogni media nel quale viene recitato il famoso proclama “nella sua città a R’lyeh il morto Cthulhu attende sognando”.
Nell’episodio 222 di Dampyr è mostrata come un’isola rocciosa colma di geometrie non euclidee che rende difficile orientarsi, abitata da Shoggoth, Prole Stellare e da Cthulhu in persona.
Essa è una manifestazione del multiverso e si materializza in vari luoghi sulla Terra.
Nella saga di Dampyr R’ylieh viene menzionata altre volte dagli Abitatori del Profondo.
Nel fumetto “Neonomicon” la protagonista, in una visione onirica, si trova su R’lyeh con Johhny Carcosa.
Nel film “The call of Cthulhu” del 2005 della HPL Hystorical Society l’isola è mostrata con le caratteristiche filologicamente corrette basandosi sulla descrizione del racconto.
Nel gioco di ruolo italiano “L’Alba di Cthulhu” è il setting dove è ambientato il gioco.
In seguito al risveglio nel 1937 (ovvero l’anno della morte di Lovecraft) dei Grandi Antichi e al loro dominio incontrastato sulla Terra, gli antichi culti prendono piede ovunque e R’ylieh diviene la capitale del nuovo regime, con il Grande Cthulhu che siede al centro dell’isola, praticamente inerte, come a sorvegliare silenzioso la propria cittadina.
Nel videogioco “Call of Cthulhu” è presente una chiave magica detta “Chiave di R’lyeh”.
Irem, la città delle Mille Colonne
Iram, o Ubar, è una città, una tribu o una regione menzionata nel Corano, dove viene definita “con alte colonne”. Lovecraft la inserì nel suo ciclo di Cthulhu con la dicitura “Irem”.
Irem, la città delle mille colonne (o “dei mille pilastri” secondo una traduzione letteraria) viene menzionata in “Oltre le porte della chiave d’argento”. Secondo alcune fonti, Irem sarebbe stata costruita da esseri di forza e dimensioni colossali. Non è noto cosa ne abbia decretato la fine: forse una guerra con la Città senza nome.
In “La storia del Necronomicon” si racconta che l’Arabo Pazzo Abdul Alazhred sosteneva di avere visitato tale luogo. In “Il richiamo di Cthulhu” si afferma che Irem è la culla del Culto dei Grandi Antichi. In “La città senza nome” un esploratore primitivo di quest’ultima trova una rappresentazione di un esploratore di Irem giunto alla città senza nome e fatto a pezzi dai suoi abitanti rettili.
Una città che è stata identificata con Iram, o Ubar, è stata scoperta nel 1992, anche se non sembra avere nessuna delle colonne che gli attribuisce Lovecraft nei suoi racconti.
La città senza nome

La città senza nome appare nel racconto omonimo. Si tratta di una città antichissima sprofondata tra le sabbie del deserto arabo della quale non si ricorda nemmeno più il nome e nemmeno chi la abitava. Nessuno osa cercarla siccome viene ritenuta abitata dai demoni.
L’arabo pazzo la sognò prima di esprimere il suo celebre dittico <<Non è morto ciò che in eterno può attendere. E, con il passare di strani eoni, anche la morte può morire.>>
Gli edifici sono stati realizzati secondo dimensioni e proporzioni anomale per i canoni umani.
La città senza nome prosperò per 10 milioni di anni in una valle fertile, combatté molte battaglie, ma poi le acque si ritirarono e iniziò l’espansione del deserto che finì per inghiottirla.
Il protagonista del racconto, un esploratore americano, nel 1922 riesce a individuarla, e, seppure terrorizzato, decide di esplorarla.
Al di sopra della sabba rinviene l’accesso ad alcuni templi, nei quali sono presenti altari e nicchie, ma l’accesso stranamente sembra pensato per esseri più piccoli degli umani.
All’interno del tempio principale trova resti di pitture preistoriche e un tunnel che conduce ancora più in profondità. Scendendo i minuscoli gradini avverte la forte corrente che sferza il deserto.
Penetrando nei livelli inferiori si stupisce di non trovare segni di una remota presenza umana. Prosegue per chilometri tra i pertugi che costringono a strisciare, e giunge a una sala delle sepolture. Al suo interno, dentro delle bare di legno, scorge delle orribili creature rettili umanoidi. Le loro teste hanno tratti di quelle di umani, coccodrilli, foche e delfini, hanno bocche da alligatori e corna da satiro, mani semiumane e fronti sporgenti. Tali corpi sono onorati con pratiche simil egizie: sono contornati di diademi, gemme preziose e stoffe pregiate. Il narratore ritiene che si tratti di creazioni artificiali degli abitanti della città rappresentanti i loro dei.
Proseguendo per il corridoio osserva un ciclo pittorico che rappresenta la decadenza della città, e il sogno di una terra promessa, una vallata immersa nella nebbia ricca di splendidi edifici e fertili colline. I disegni si fanno sempre più cruenti, e narrano dell’odio dei sacerdoti rettili per gli esseri umani e gli orrendi massacri di coloro che si sono avventurati nella città senza nome.
In fondo alla caverna si apre un accesso a una vallata sotterranea immersa nella nebbia e rischiarata da una luce ultraterrena, separata da un portone d’ottone intarsiato.
Sempre più terrorizzato, si accorge a un tratto che vi sono dei rumori, e assiste alla spaventosa visione dei rettili umani della città senza nome che si gettano verso di lui colmi di odio.
In “Il successore” si menziona che Lord Northam, una volta, si diresse in Arabia alla ricerca di una misteriosa città nel deserto che nessuno ha mai visto. Viene menzionata in “Le montagne della follia” come una città all’altezza della megalopoli degli Antichi nell’artico.
A seconda degli autori, la città ha visto all’opera occultisti come l’arabo pazzo e Ludwig Prinn. Nella versione di August Derleth, Abdul Alazhred viene trasportato alla città senza nome dopo la sua apparente morte a Damasco.
Pnakotus
Pnakotus, o la Città Biblioteca, appare nel racconto “L’ombra calata dal tempo”.
Si tratta di una colossale biblioteca della Grande Razza di Yith collocata nel grande deserto sabbioso, in Australia. Essa è composta da enormi blocchi di pietra, livelli di labirinti sotterranei che collegano le torri nere di basalto senza finestre di una precedente civiltà preumana. Le architetture sono enormi a confronto delle dimensioni umane.
Nel racconto, il professor Nathaniel Wingate Peaslee si risveglia nel 1913 dopo una amnesia di cinque anni, durante i quali il suo corpo si è comportato seguendo quella che sembra essere un’altra personalità. Come egli scopre, nella Storia ci sono stati molti altri casi simili al suo. Inizia inoltre a sognare tracce di una sua esistenza sotto forma di un essere mostruoso a forma di cono.
In realtà, gli alieni della Grande Razza di Yith hanno sostituito la sua mente con quella di uno dei loro membri, e la sua mente è rimasta imprigionata per anni nel lontano passato in un corpo della loro razza, mentre questi assumeva informazioni sulla razza umana.
Peaslee, suo figlio e altri studiosi si dirigono verso il deserto australiano alla ricerca di tracce dell’esistenza della Grande Razza.
Nel deserto, il professore trova enormi blocchi, resti megalitici della metropoli, e apprende con orrore che al suo interno oggi risiedono dei polipi volanti, mortali nemici degli Yithiani, se non altri orrori.
Per sfuggire alla decimazione, infatti, gli Yithiani hanno proiettato milioni di anni or sono la loro mente in corpi di altri esseri che esisteranno dopo la scomparsa dell’umanità, come d’altronde hanno già fatto con i propri corpi originali.
Nel videogioco “Call of Cthulhu: Dark Corners of the Earth” la città viene mostrata nei flashback del protagonista nel corpo di un abitante di Yith.
La città delle scimmie bianche
La città delle scimmie bianche appare nel racconto “Le Vicende Riguardanti Lo Scomparso Arthur Jermyn E La Sua Famiglia”.
Si tratta di una grande città di pietra nel Congo ormai dimenticata e caduta in rovina. Presenta mura e colonne gigantesche e gradini in pietra che conducono a indicibili segreti posti nelle catacombe.
La città si dice essere popolata da esseri per metà figli della giungla e per metà della città, esseri nati dopo l’arrivo delle scimmie antropomorfe, e che siano governati da un dio bianco.
La popolazione viene annientata da un conflitto con i bellicosi M’bangu, che si impadronirono della dea-scimmia imbalsamata, la quale aveva regnato come principessa tra loro.
La principessa era sposata a un qualche genere di dio bianco venuto dall’occidente che le dette un figlio: la scimmia venne mummificata e custodita in una casa di pietra. Si dice che poi il figlio la raggiunse, ignaro delle proprie origini.
Arthur Jermyn è un poeta e un intellettuale che discende da una lunga stirpe di individui fisicamente degenerati. Questa linea malsana iniziò a partire dal suo bisnonno Sir Wade, noto esploratore del Congo. Comunemente ritenuto pazzo, era sposato a una donna che nessuno aveva mai visto da vicino, e finì internato in manicomio.
Suo figlio Phillip Jermyn, agile e forzuto, scomparve dalla sua nave al largo del Congo.
Suo figlio Robert Jermyn fu un etnologo e studiò i reperti del nonno Wade. Ebbe tre figli, due dei quali troppo orribili per essere mostrati. Uno di essi, Neville, particolarmente repellente, nel 1849 ebbe un figlio, Alfred, il padre di Arthur Jermyn.
Robert raccolse informazioni sul mito di una città popolata da scimmie ibride, e a un certo punto uccise i suoi stessi tre figli.
Alfred Jermyn venne ucciso da un gorilla bianco con il quale provava una strana affinità.
Il figlio Arthur è un poeta colto a dispetto del brutto aspetto. Nel 1912 raggiunge la città perduta e riesce a entrare in possesso del corpo mummificato della principessa-scimmia.
Dopo avere aperto la cassa fugge in preda al terrore e si da fuoco: l’essere, era in realtà la moglie del suo bisnonno, dalla quale egli discendeva.
Y’ha-nthlei
Y’ha-nthlei appare nel racconto “La maschera di Innsmouth”. Nelle profondità marine sotto lo Scoglio del diavolo di Innsmouth si trova Y’ha-nthlei, una città ciclopica di terribile bellezza nella quale risiedono gli ibridi umani-Deep Ones dopo avere completato la loro trasformazione. E’ l’unica città dei Deep Ones chiamata per nome da Lovecraft, ma viene detto che ne esistono molte altre. Il nome potrebbe essere stato ideato dal personaggio ideato da Lord Dunsany e chiamato “Yoharneth-Lahai”, che significa “dio dei sogni e della fantasia”.
Si tratta di una metropoli antichissima, siccome un abitante vi vive da 80.000 anni.
La città venne attaccata con sommergibili dal governo americano e finì danneggiata ma non distrutta.
Sul finale del racconto, il protagonista conta di liberare suo cugino rinchiuso in manicomio e di immergersi per raggiungere assieme Y’ha-nthlei dove vivono i loro progenitori.
Y’ha-ntlei compare nel videogame “Call of Cthulhu: Dark Corners of the Earth”: al suo interno si trovano diversi Deep Ones e la grande madre Hydra.
Sarnath
Nel racconto “Il fato che colpì Sarnah” si dice che Sarnath sorgeva 10.000 anni fa sul lago dalle nebbie verdi di Mnar, dove prima di allora esisteva la città di Ib, eretta da coloni in cerca di preziosi metalli. Presenta mura di 3000 cubiti e torri ancora più alte.
Ib venne edificata dai Thuum’ha, delle creature anfibie giunte dalla Luna in una spirale di nebbia con la città stessa.
Di colore verde, hanno un aspetto vagamente umano, occhi sporgenti, labbra evidenti, carni gonfie e non hanno voce. Il loro aspetto li resi invisi agli abitanti di Sarnath, che mossero loro guerra e li distrussero.
Gli abitanti di Ib danzavano davanti all’idolo verde mare di Bokrug. Gli abitanti di Sarnath odiavano l’aspetto e gli idoli di Ib e li sterminarono, anche perché erano molli e deboli. I loro corpi e i monoliti vennero gettati nel lago.
L’idolo di Bokrug venne portato al tempio di Sarnath, ma quella notte si vedono luci verdi sul lago. L’idolo scomparve e il sacerdote Taranish morì dopo avere tracciato il segno della distruzione.
La distruzione di Ib divenne una festa molto apprezzata e la memoria dei loro abitanti maledetta.
Dopo mille anni si tenne una grande ricorrenza, all’insegna della denigrazione delle antiche divinità di Ib. Sarnath era diventata una città nota ovunque, e ospitava 50 milioni di abitanti.
In occasione della cerimonia, si videro delle luci dal lago, e un’orda di creature dalle labbra grosse e flaccide si abbattè sulla cittadina. I sopravvissuti raccontarono dell’accaduto, ma successive escursioni non riuscirono più a individuare la cittadina, come fosse stata inghiottita dal lago.
Venne ritrovato però l’idolo di Bokrug, che tornò a essere adorato in tutta Mnar.
Gli dei di Sarnath sono Zo-Kalar (dio della nascita e della morte), Tamash (patrono dei maghi) e Lobon (un dio pacifico con una corona di edera).
In “La città Senza Nome” il narratore giunge alla misteriosa Città Senza Nome, e ritorna con la mente al ricordo delle antichissime Sarnath e Ib nella terra di Mnar. Ib viene menzionata in “Le montagne della follia” come una città all’altezza della megalopoli degli Antichi nell’artico.
Hyan- Ho
Hyan-Ho viene menzionata in “Il Diario di Alonzo Typer”. Si tratta di una città misteriosa perduta dalla posizione innominabile il cui ricordo permane nella memoria ancestrale dell’uomo.
La città tra i due poli magnetici
La città tra i due poli magnetici viene menzionata nel racconto “L’orrore di Dunwich”.
Un giovane Wilbur Whateley riporta nel suo diario che, dopo la scomparsa dell’umanità propedeutica al ritorno degli Antichi, si dirigerà verso la città collocata tra i due poli magnetici, che è possibile vedere eseguendo la formula Dho-Nha. Con tutta probabilità è abitata da orribili mostri.
Si mormora che sia identica alla città perduta di Yian- Ho.
E con questo credo di avere riepilogato tutto quello che c’è da sapere sull’argomento. Lasciami un commento, noi ci vediamo alla prossima.