Ben ritrovati a una nuova analisi delle fondamenta psicologiche delle opere di intrattenimento. Oggi parleremo di Naruto, celeberrimo manga realizzato da Masashi Kishimoto poi trasposto in anime e tanti altri prodotti correlati.
Perché Naruto, non è soltanto un manga e anime avvincente, una storia di formazione fantasy ricca di azione, momenti tragici e divertenti. Ma è anche un’opera sul dolore della perdita e sulla disperazione della solitudine, che sa porsi in modo straordinariamente maturo e suggerire riflessioni sulla natura e la psicologia umana che possiamo adattare anche al nostro mondo.
Leggi tutto: La psicologia di NarutoIl significato filosofico di Naruto: il chakra
Un importante aspetto simbolico di questa ambientazione è il chakra, una forza vitale che permette ai praticanti del ninjitsu – gli shinobi, o ninja che dir si voglia – di compiere tecniche magiche dai più variegati effetti.
In origine esso era custodito nel frutto di un albero sacro che cresceva alimentandosi del sangue di numerose e cruente vittime. Proprio come la mela che Eva assaggia contro la volontà di Dio, sviluppando la piena conoscenza, anche qui abbiamo una donna, Kaguya Otsutsuki, che se ne nutre, acquisendo questo potere di origine divina. I suoi due figli, in particolare Hagoromo Otsutsuki, nascono con il chakra e iniziano a servirsene come mezzo per fare comprendere le persone le une con le altre. Il figlio minore di Hagoromo a sua volta, a dispetto del fratello maggiore che credeva nella forza, si impegna nel costruire ponti che aiutano gli esseri umani a connettersi e a capirsi. Questa simbologia del ponte è ricorrente: in uno dei primi archi del manga, Naruto e i suoi compagni aiutano una comunità intenta a costruire un ponte che permetterà di attuare dei commerci contro le angherie di un imprenditore locale che intende presevarsi ogni via di accesso del luogo.
I due fratelli quindi avevano visioni del tutto opposte e finirono per scontrarsi così intensamente che nel corso dei secoli le loro entità si reincarnarono in varie figure rilevanti nel mondo dei ninja.
Questo meccanismo di odio perpetuo sembrava destinato a interrompersi quando due membri di clan rivali, Madara Uchiha e Hashirama Senju, maturarono lo stesso sogno di poter coesistere pacificamente e di fondare un villaggio dove i bambini potessero finalmente crescere felici anziché andare a morire in guerra. Ma le ferite date dalla perdita dei familiari cari non guariscono così facilmente. Madara maturò la convinzione che era il mondo dei ninja a essere corrotto dall’odio fin dalle fondamenta, e che l’unico modo per sanarlo fosse farlo sprofondare con la forza in una illusione generale che avrebbe permesso a tutti di vivere in un sogno, illusorio, ma felice. Una vera e propria Matrix formato ninja.
Madara si rivoltò contro il suo vecchio amico e tentò di distruggere il Villaggio della Foglia che aveva contribuito a fondare. Hashirama fu costretto a ucciderlo, ma Madara – grazie ai suoi poteri – sopravvisse e mise a punto le fondamenta del suo piano, che avrebbe richiesto decenni per compiersi…
Passiamo ai due protagonisti della nostra opera. Naruto Uzumaki e Sasuke Uchiha sono due ragazzi entrambi con seri problemi emozionali.
La psicologia di Naruto e Sasuke
Naruto è un orfano, aspirante ninja di scarsissimo talento, che soffre chiaramente di depressione da isolamento provocato dall’ostracismo che gli abitanti del villaggio gli rivolgono. Per uscirne, combina scherzi stupidi allo scopo di attirare l’attenzione, e sogna di diventare Hokage – il capo del Villaggio della Foglia – affinché tutti siano costretti a riconoscere il suo valore.

Sasuke è un allievo geniale, freddo e scontroso, mostra i sintomi di disturbo post traumatico da stress: ha visto i membri del suo clan e i suoi genitori uccisi da suo fratello maggiore Itachi, la sua figura maschile di riferimento, il quale lo lascia in vita – apparentemente – giudicandolo una nullità ed esortandolo a crescere il proprio odio per trovare la forza di sconfiggerlo.

Se Naruto non ha conosciuto l’affetto familiare dal principio, Sasuke lo ha conosciuto e poi l’ha perso. I due quindi sono speculari ma anche opposti dal punto di vista della reazione a tale dolore.
Naruto cerca disperatamente di stabilire un ponte con i suoi compagni e in particolar modo con il giovane Uchiha, la cui rivalità lo stimola a migliorare.
Sasuke invece vuole tagliare tutti i ponti che avrebbe modo di costruire, siccome ogni legame umano gli ricorda il dolore della perdita di genitori, del suo clan e del fratello ai quali in principio era tanto legato.
Quando uno dei tre celeberrimi ninja supremi, lo spietato e perverso Orochimaru, invita Sasuke a raggiungerlo per sviluppare il suo potenziale, Naruto lo insegue e lo affronta nella Valle dell’epilogo, in un incontro che rispecchia quello tra Madara e Hashirama, che come loro sono reincarnazioni dei figli di Hagoromo. Qui Sasuke esprime tutto il suo desiderio di tagliare quel legame che Naruto abbisogna così disperatamente, e programma di ucciderlo per ottenere un potere superiore. Omicidio che si compie simbolicamente, con Sasuke che abbandona il Villaggio della Foglia, e Naruto che si prende in carico l’onere di ritrovare e riportare a casa colui che per il Villaggio è ora un traditore e un fuggitivo.
Ed è qui che dobbiamo menzionare il potere caratteristico degli Uchiha: lo Sharingan. Si tratta di una dote genetica oculare che i membri di tale clan sviluppano in momenti di forte stress, che permette loro di apprendere le mosse altrui, di sventare le illusioni e altri vantaggi.
Lo Sharingan si evolve nella sua versione ipnotica quando il portatore uccide il proprio migliore amico, e per estensione quando subisce la perdita della figura più cara per sé. Il clan Uchiha, ritenuto da sempre spietato e per questo ostracizzato, in realtà è capace di un amore addirittura maggiore di quello dei Senju. Quando quindi perdono coloro che amano entrano nella cosiddetta “maledizione dell’odio” che li rende dei vendicatori implacabili e sviluppa in loro dei poteri ragguardevoli, come avviene per Madara e Sasuke che hanno entrambi perso dei fratelli cari.
Quando Sasuke scopre che Itachi, in realtà, ha sterminato il proprio clan perché esso stava pianificando un colpo di Stato che a catena avrebbe portato a innumerevoli vittime, rivolge tutto il proprio odio sul Villaggio della Foglia che proprio Itachi aveva voluto salvare, decidendo di annientarlo e il suo ex-amico Naruto con esso.
Come abbiamo detto, un gran numero di personaggi è segnato dal dolore della perdita di familiari o amici. Un lutto non adeguatamente affrontato può condurre alla disperazione e alle pessime scelte che ne derivano. Emblematici, in un senso e nell’altro, sono i casi di Sasori della sabbia rossa e di Neji Hyuga.
Sasori è un ninja del villaggio della sabbia che ha perso da piccolo i suoi genitori in guerra. Il dolore dato dalla loro assenza è tale che finisce per trasformare i loro corpi in marionette umane per averli sempre vicini, e in seguito trasforma se stesso in un automa per preservarsi in quella sorta di non vita, un guscio senza emozioni e senza amore che lo difende dal mondo anaffettivo in cui è scivolato.
Neji invece appartiene alla casata cadetta della prestigiosa dinastia Hyuga, che da sempre vive in funzione di quella principale. Neji ha talento da vendere ma la guida della famiglia verrà ereditata dalla scarsamente dotata cugina Hinata, timorosa e insicura. Un oltraggio per un ragazzo il cui padre si è dato la morte per salvare il suo clan da un grave scandalo, e che lui attribuisce a un destino contro cui nulla si può fare. Convinzione che si infrangerà di fronte alla coriacea determinazione di Naruto di lottare contro le consuetudini spietate che non tengono conto dei bisogni delle persone.
L’opera quindi tratta l’evoluzione dei personaggi in reazione a fenomeni dolorosi di perdita e di abbandono, facendo risalire le loro cause a un livello direttamente sociale e macroeconomico.
Il mondo di Naruto è composto da cinque Paesi ognuno dei quali ha un grande villaggio ninja, il cui potere determina il reggersi di una Guerra Fredda intervallata da varie grandi guerre ninja. Benché tutti a parole vogliano la pace, un sistema militare costoso che prevede la formazione e il mantenimento dei ninja può esistere soltanto se ci sono dei conflitti nei quali essi possono essere utilizzati. A farne le spese sono i villaggi inferiori come quello della Pioggia.
Qui vive il giovane Nagato e i suoi amici, resi orfani dagli strascichi della guerra. Nagato possiede il Rinnegan, un’arte oculare strabiliante che si dice essere appartenuta all’Eremita delle sei vie (Hagoromo Otsutsuki) e che permette anche di sovvertire il confine tra la vita e la morte.
Dopo avere conosciuto sulla sua pelle il dolore della perdita, Nagato – ora Pain – matura la convinzione che sia il mondo dei ninja stesso la causa delle sofferenze, e che – per quanto sia bello – il sogno della comprensione reciproca non sia appunto altro che un sogno.
Mette insieme quindi una squadra di mercenari – l’Organizzazione Alba – decisa a raccogliere i cercoteri distribuiti tra i vari villaggi in modo da creare un’arma tale da imporre con la forza la pace a tutte le nazioni del mondo. Una vera e propria strategia della tensione basata sul potere delle bestie codate: gigantesche entità di chakra che un tempo componevano la Decacoda, la forma mostruosa dell’albero sacro che l’Eremita ha sconfitto e sigillato dentro di sé, diventando la prima Forza Portante.
Tale condizione è quella che è ricaduta anche sul giovane Naruto. Per salvare il villaggio della Foglia da un misterioso uomo mascherato che aveva scatenato la tremenda Volpe a nove coda, il Quarto Hokage e sua moglie, sacrificando la propria vita, sigillarono la Volpe del corpo del loro neonato figlio, Naruto, con la speranza che un giorno potesse servirsi di quel potere per difendere se stesso e il villaggio.
Ciò porta paradossalmente a un diffuso ostracismo ai danni del giovane, che si vede rifiutato da adulti e coetanei senza conoscerne nemmeno la ragione.
L’opera quindi è un’immensa saga di formazione che porta i protagonisti a prendere coscienza del dolore derivante dalla perdita e ad apprendere come aprire il proprio cuore al prossimo sia la chiave per sanare, seppure a fatica e con il tempo, le ferite dell’anima. Con la determinazione e l’impegno, ci insegnano i casi di Rock Lee e di Naruto, si può colmare il divario che ci separa da individui avvantaggiati in partenza, e magari influenzare anche gli altri in una loro crescita interiore positiva.
La psicologia di Naruto e Sasuke
Naruto diventa alla fine un ninja straordinario e uno dei più grandi Hokage di sempre non perché – come credeva inizialmente – chi è Hokage guadagna la stima del villaggio, ma perché chi ha la stima dei propri compagni può diventare Hokage. Progressivamente, con l’impegno e la conoscenza del punto di vista altrui, impara tante lezioni che lo portano a maturare immensamente. Naruto probabilmente ha una personalità ENFP: è spontaneo, impulsivo, energico e idealista, è empatico, comprende e vive interiormente il dolore degli altri.
Come un eroe stoico, è disposto persino a farsi vittima del risentimento che le vittime delle azioni di Sasuke provano affinché possano liberare il proprio cuore, e riesce perfino a fare amicizia con la devastante Volpe a Nove Code che era ritenuta da tutti un concentrato d’odio.
Nell’opera sono presenti vari personaggi che rappresentano per lo spettatore gli sviluppi negativi che Naruto avrebbe preso se non avesse imparato a credere nella stima e nell’affetto reciproco.
Se Jiraiya, il maestro di Naruto, è praticamente speculare a lui per carattere e per il rapporto fraterno che lo legava al suo compagno Orochimaru, ci sono però due personaggi che rappresentano la deriva psicologica nella quale sarebbe potuto sprofondare Naruto: Gaara del deserto e Obito Uchiha.

Gara è la forza portante del tasso monocoda. Suo padre, il Kazekage del Villaggio della Sabbia, lo ha trattato sempre come un’arma e lo ha sottoposto a vari tentativi di omicidio per saggiarne il valore. Come Naruto, egli ha sempre vissuto l’ostracismo e per di più gli è stato raccontato che sua madre è morta odiandolo. Come conseguenza di ciò ha sviluppato un’indole sociopatica che lo porta a sentire emozioni soltanto quando uccide qualcuno. Al contrario di quanto ci si aspetterebbe da chi uccide senza remore, Gaara capisce perfettamente il prossimo, infatti comprende che Sasuke prova un odio feroce dato dall’abbandono proprio come il suo. Naruto, però, sfoggiando una grande determinazione nel difendere i suoi cari e dimostrando di capire fin troppo bene l’inferno della solitudine, riesce a sbloccare quella scintilla di empatia nel suo cuore che lo porteranno a maturare in uno dei principali personaggi positivi dell’ambientazione.

Obito Uchiha rappresenta un’altra declinazione negativa del protagonista. Da giovane rimase gravemente ferito nel corso di una missione e cedette il suo sharingan al suo compagno di squadra Kakashi. Ritenuto morto, venne invece recuperato da un anzianissimo Madara che condivise con lui il suo piano per gettare il mondo nell’illusione eterna di finta pace.
Obito ha visto con i propri occhi il dolore della perdita di persone care per la guerra e ha sposato lo scopo del capostipite del suo clan: nei panni dell’Uomo Mascherato sprona Pain a seguirlo e condiziona la Volpe a nove code nell’attaccare il Villaggio della foglia.
Nel corso della quarta guerra mondiale Ninja Obito appare deciso più che mai a demolire la visione di Naruto basata sulla speranza e sull’utopia della comprensione reciproca: questo perché, nel profondo, non è completamente convinto della validità della strada di sangue che ha intrapreso e ha bisogno di convincere il suo “riflesso” che le sue convinzioni non siano altro che ingenui sogni infantili.
Sasuke e Obito, almeno in certi momenti della loro vita, mostrano un tipo di personalità INTJ declinata nel modo peggiore. Accettano per buono soltanto il proprio punto di vista, sono focalizzati sui propri obiettivi, non dimostrano empatia verso il prossimo, disprezzano le emozioni altrui e hanno tendenze passivo-aggressive.
Prima che ci saltiate alla gola ricordandoci quello o quell’altro atto di pietà che hanno sfoggiato, precisiamo che ci stiamo riferendo al momento peggiore – in senso etico – del loro sviluppo mentale. Entrambi si sono fatti consumare dall’odio e dalla sete di vendetta, uccidendo e ferendo i propri stessi alleati e sono stati annoverati tra i peggiori criminali del mondo dei ninja. Tuttavia, le persone possono cambiare, e una persona motivata e dalla smisurata empatia come Naruto è in grado di leggere nel loro cuore e di sfoggiare una comprensione tale da fare breccia nelle loro difese.
In definitiva quindi, Naruto, oltre a essere un’opera avvincente, è anche un prodotto molto curato dal punto di vista delle connotazioni psicologiche dei personaggi e di come la natura umana e le connotazioni della società incidono su di esse.
E con questo è tutto. Scrivi nei commenti cosa ti ha colpito di più di quest’opera, noi ci vediamo alla prossima.