Maria Letizia Russo, consulente e formatrice specializzata in LinkedIn e Sales Navigator, con alle spalle oltre vent’anni di esperienza nel marketing aziendale e nella business intelligence, ha illustrato in una recente live una panoramica dettagliata e approfondita su come strutturare una strategia efficace e realmente performante su questa piattaforma.
Leggi tutto: Strategie di personal branding su LinkedInL’approccio strategico al personal branding su LinkedIn
Ogni percorso di personal branding efficace parte da una riflessione personale. Prima ancora di mettere mano al profilo, è fondamentale definire obiettivi concreti e mirati. La prima fase di lavoro con i clienti, secondo Russo, non si concentra sulla tecnica, ma su una fase di introspezione: chiarire chi si è, che cosa si vuole ottenere tramite LinkedIn e con quale pubblico si desidera entrare in relazione. È un momento cruciale per determinare il target e il tipo di contenuti da sviluppare, affinché questi trasmettano autorevolezza, competenza e coerenza.
Questo lavoro preparatorio si rivela spesso trasformativo: in più di un caso, durante il confronto diretto, i clienti si rendono conto che la direzione professionale su cui stavano investendo non corrisponde realmente ai loro obiettivi o talenti. Da qui la necessità di costruire una strategia autentica, che rappresenti con chiarezza la propria identità professionale.
Il profilo linkedin come vetrina e piattaforma SEO
LinkedIn si distingue da altri social network perché consente di raccontare l’intera storia professionale in modo dettagliato. Ogni sezione — dalla headline, al riepilogo, fino alle esperienze lavorative — può e deve essere ottimizzata inserendo parole chiave specifiche che descrivano le competenze distintive. Questo aspetto è cruciale non solo per farsi trovare dai potenziali clienti o recruiter, ma anche per posizionarsi nei motori di ricerca.
Russo sottolinea l’importanza di evitare diciture vaghe e generiche: competenze come “management” o “excel” non garantiscono visibilità. È molto più utile inserire strumenti e specializzazioni verticali — ad esempio, “SEO specialist esperto in Semrush” — perché è proprio tramite queste keyword che i professionisti vengono ricercati. Il valore del profilo cresce proporzionalmente alla pertinenza delle parole usate e alla coerenza dei contenuti pubblicati rispetto a esse.
Il ruolo strategico dei contenuti
LinkedIn è molto più di un curriculum online. I contenuti pubblicati — post, articoli, video, PDF sfogliabili, newsletter — rappresentano la più forte prova sociale della competenza di un professionista. Per questo motivo, ciò che viene scritto ha un valore molto superiore rispetto alla semplice descrizione del profilo. La pubblicazione di contenuti coerenti con le keyword scelte e con l’area di specializzazione aumenta notevolmente la credibilità e il posizionamento della persona nella sua nicchia.
Maria Letizia evidenzia che i contenuti non sono tutti uguali: devono essere informativi, pertinenti, costruiti in ottica di valore per il pubblico. Un professionista che si definisce esperto di LinkedIn e intelligenza artificiale, ad esempio, dovrebbe pubblicare riflessioni, casi studio o aggiornamenti che dimostrino concretamente tale competenza. Solo così il personal branding diventa efficace e coerente.
Rete, autenticità e filtro delle connessioni
L’efficacia su LinkedIn dipende anche dalla rete che si costruisce. Accettare ogni richiesta di contatto indiscriminatamente può compromettere la qualità del feed e l’efficacia dei messaggi. Russo invita a valutare i potenziali collegamenti non solo per il ruolo che ricoprono, ma soprattutto per il tipo di contenuti che producono. Se i contenuti sono stimolanti, coerenti con i propri interessi e in grado di arricchire il network, allora l’inserimento nella rete ha senso.
Questo approccio contribuisce a mantenere pulito il feed, evitando contenuti inutili, autocelebrativi o polemici, e permette di generare relazioni significative che possono sfociare in collaborazioni, clienti o nuove opportunità professionali.
LinkedIn come strumento SEO e di visibilità trasversale
LinkedIn possiede un’autorità di dominio (domain authority) che oscilla tra 98 e 100, una delle più alte in assoluto. Questo significa che contenuti come articoli, newsletter e persino post hanno un’elevata probabilità di posizionarsi nei risultati di ricerca su Google. Il profilo personale stesso è spesso tra i primi risultati restituiti da Google quando si cerca un nome e cognome. Tuttavia, come nei siti web, anche su LinkedIn non basta farsi trovare: è necessario che il contenuto sia interessante e convincente, altrimenti l’utente abbandona.
La visibilità di LinkedIn si rafforza se integrata in una strategia multicanale. Essere presenti anche su siti web, blog, podcast, YouTube o altre piattaforme, e avere una narrazione coerente su tutti questi canali, genera un ecosistema digitale solido e riconoscibile, che viene valorizzato dagli algoritmi di Google. Questo concetto di presenza diffusa aumenta la rilevanza e la fiducia percepita da parte dei motori di ricerca.
Il valore delle referenze e delle citazioni esterne
Un elemento spesso trascurato ma di estrema importanza è la referenza. Essere menzionati o recensiti da altri utenti ha un peso maggiore rispetto all’auto-narrazione. Una referenza scritta da un collega, un cliente o un ex datore di lavoro rappresenta una forma di validazione esterna molto apprezzata sia da LinkedIn, sia dai motori di ricerca. Le citazioni in articoli, video, interviste o contenuti su altri siti rafforzano ulteriormente il brand personale.
In quest’ottica, anche una live come quella di Maria Letizia Russo assume valore SEO e contribuisce a migliorare la percezione della sua autorevolezza, soprattutto se citata nei post o condivisa nei contenuti presenti sul suo profilo LinkedIn. Ogni elemento che rinforza il brand, se coerente e diffuso in più punti dell’ecosistema digitale, contribuisce a costruire una reputazione solida e duratura.
LinkedIn come asset professionale a lungo termine
L’esperienza maturata sul campo ha permesso a Maria Letizia di osservare con anticipo dinamiche oggi sempre più centrali: già nel 2017-2018 alcuni suoi articoli pubblicati su LinkedIn si posizionavano in prima pagina su Google. LinkedIn si dimostra dunque una piattaforma non solo attuale, ma anche stabile nel tempo, capace di generare risultati a lungo termine, purché venga utilizzata in modo consapevole, strategico e costante.
La coerenza nel costruire visibilità autentica
Chiedere una referenza o una recensione su LinkedIn, come su Google, può rappresentare un’opportunità efficace per alimentare la propria visibilità. Tuttavia, è essenziale farlo nel contesto di una relazione lavorativa solida e soddisfacente. Quando un cliente ha tratto beneficio da una collaborazione, è spesso disposto con piacere a rilasciare un commento positivo. Ma se la richiesta viene avanzata in modo forzato, al termine di una semplice consulenza rapida, il gesto può risultare inappropriato, soprattutto se motivato unicamente dal desiderio di sfruttare il nome altrui.
Lo stesso principio vale per le menzioni nei post su LinkedIn. Menziolare una persona che poi non interagisce col contenuto, oltre a non essere apprezzato dall’algoritmo della piattaforma, rischia di risultare poco autentico. L’algoritmo, infatti, riconosce e penalizza le menzioni non seguite da coinvolgimento, ma anche al di là dell’aspetto tecnico, ciò che emerge agli occhi di chi legge è un comportamento opportunistico, finalizzato più all’autopromozione che a valorizzare una reale connessione.
Chi lavora con LinkedIn dovrebbe mantenere una linea d’azione coerente, etica e credibile. Le menzioni devono essere il frutto di una stima reciproca, non una strategia di visibilità spinta. Il suggerimento è quello di concentrarsi sullo sviluppo delle proprie competenze e sulla qualità delle proprie attività, lasciando che siano gli altri, spontaneamente, a riconoscerne il valore attraverso interazioni e citazioni. Solo in questo modo si costruisce una reputazione duratura e solida, anziché un’immagine fragile e artificiale.
L’intelligenza artificiale come leva strategica, non come scorciatoia
L’intelligenza artificiale può rappresentare un’opportunità straordinaria per ottimizzare la presenza e la comunicazione su LinkedIn, ma il suo valore dipende interamente da come viene utilizzata. La differenza fondamentale è tra chi conosce a fondo LinkedIn e le potenzialità dell’AI, e chi invece pensa di poterla impiegare per compensare competenze che non possiede.
Se un utente ha piena padronanza della piattaforma e del proprio business, può impiegare l’AI per creare strumenti avanzati come agenti personalizzati, alimentati con contenuti originali, documentazione approfondita, casi studio, toni di voce distintivi e una strategia chiara. In questi casi, l’intelligenza artificiale non scrive semplicemente testi, ma diventa una vera estensione dell’identità professionale.
Nel momento in cui si chiede a un modello linguistico di generare contenuti partendo da brochure vaghe, generiche, piene di espressioni trite come “azienda leader di settore” o “servizi a 360 gradi”, il risultato sarà inevitabilmente superficiale. La qualità del contenuto prodotto dipende dalla qualità dell’input fornito. Quando invece l’AI viene “istruita” con dati strutturati, descrizioni puntuali delle differenze competitive, esperienze concrete e segmenti di target definiti, allora può davvero generare output validi e differenzianti, come piani editoriali completi, ottimizzazioni dei profili, revisione delle pagine aziendali.
Un esempio concreto: in presenza di dati analitici da LinkedIn, come le metriche dei follower in un certo periodo, è possibile dare in pasto uno screenshot a ChatGPT chiedendo un’analisi discorsiva che evidenzi l’andamento, la media di crescita e fornisca raccomandazioni strategiche. Questo è stato possibile grazie alla capacità del modello di leggere un’immagine, estrarne i numeri, fare calcoli, interpretare le tendenze e restituire un report pronto all’uso, riducendo il tempo normalmente necessario per estrarre manualmente dati da Excel e costruire tabelle.
Le competenze non sono sostituibili, ma potenziabili
Il valore dell’intelligenza artificiale non sta nel sostituire le competenze, ma nel potenziarle. L’AI può scrivere testi più velocemente, ma non è in grado di comprendere da sola le sfumature del pubblico, i codici comunicativi specifici di un settore, la strategia relazionale più efficace. Questi elementi restano prerogativa di chi conosce a fondo il proprio lavoro e il contesto in cui opera. Serve creatività strategica per decidere come impiegare l’AI in modo produttivo. Serve anche la capacità di riconoscere le esigenze reali del business e tradurle in prompt mirati, contestualizzati e ben calibrati.
Molti professionisti del marketing, ad esempio, faticano a ottenere il tempo necessario per elaborare report dettagliati da portare in riunione con la direzione. Ma grazie all’uso intelligente di strumenti come ChatGPT, è possibile generare analisi in pochi minuti, semplicemente a partire da screenshot di dashboard, senza nemmeno dover esportare dati complessi. Anche chi non ha competenze avanzate in Excel può così ottenere documenti professionali e utili.
Lo storytelling personale su LinkedIn
Uno dei modi più efficaci per distinguersi su LinkedIn è raccontare esperienze professionali reali in chiave personale. I contenuti educativi acquisiscono molto più valore se vengono accompagnati da un racconto diretto, che mostra il coinvolgimento attivo del professionista nella risoluzione di problemi, nello sviluppo di progetti o nella relazione con i clienti. Non si tratta di fare i “maestrini”, ma di condividere il percorso, il contesto, gli errori e i risultati.
Un contenuto scritto per LinkedIn dovrebbe riflettere il vissuto professionale e diventare una leva di posizionamento autentica. Parlare degli eventi a cui si partecipa, delle persone incontrate, dei progetti nati grazie alla piattaforma, rende il profilo più umano e al tempo stesso più autorevole. Le persone si fidano di chi racconta cosa ha fatto, non solo cosa pensa.
Le metriche da osservare su LinkedIn
LinkedIn è un social definito “passivo”, in cui l’interazione esplicita non è necessariamente un indice diretto del valore del contenuto. A differenza di Instagram o TikTok, dove il gesto del like è rapido e spontaneo, su LinkedIn ogni interazione è percepita come una dichiarazione pubblica di preferenza, e quindi potenzialmente delicata.
L’algoritmo di LinkedIn si basa oggi molto più sul tempo di permanenza su un contenuto, sulla profondità di scorrimento di un carosello, sulla lettura effettiva dei testi, anche in assenza di like o commenti. È per questo che il numero di interazioni visibili non deve essere considerato l’unico indicatore di efficacia.
Uno dei segnali più rilevanti sono i messaggi diretti che derivano da contenuti postati: richieste di call, collaborazioni, approfondimenti. Spesso arrivano da persone che non sono collegate, che non hanno mai lasciato un like o un commento, ma che hanno seguito con attenzione i contenuti nel tempo. Questo indica quanto sia difficile, ma prezioso, misurare il reale impatto relazionale di LinkedIn.
Considerazioni sulla rete e il posizionamento
Un network efficace su LinkedIn non si costruisce solo con i decision maker. È fondamentale raggiungere anche figure che possono influenzare le decisioni, attivare un passaparola interno, portare attenzione su un contenuto utile. Persone più giovani, responsabili operativi, manager intermedi possono essere veicoli di visibilità e contatto anche più efficaci di quanto si pensi.
Nel selezionare le richieste di connessione, un criterio utile è quello dei contenuti condivisi. Se una persona pubblica frequentemente post polemici, inutili o acchiappa-like, è legittimo decidere di non accettare il collegamento. Curare il proprio feed significa anche proteggere il proprio tempo e la propria attenzione.
LinkedIn, per la sua natura, porta spesso gli utenti a farsi dei “film mentali”: evitare di mettere like per non rivelare interessi, non chiedere referenze per paura di mostrare clienti ai competitor, non connettersi con persone ritenute “scomode”. Tutto questo dimostra quanto la piattaforma sia percepita come uno spazio pubblico altamente esposto, quasi da “sorveglianza industriale”, e quanto le strategie di comunicazione vadano calibrate con attenzione, conoscenza profonda e coerenza.
Gli errori più comuni dei principianti su linkedin
Tra gli ostacoli più frequenti per chi muove i primi passi su LinkedIn c’è l’atteggiamento attendista di chi aspetta il momento perfetto per iniziare a esporsi. Molti rimandano l’ottimizzazione del profilo, evitano di pubblicare post o di ampliare la propria rete, convinti che prima tutto debba essere impeccabile. Ma così facendo restano fermi, invisibili. Nella vita quotidiana siamo tutti sommersi di impegni: se attendessimo sempre la perfezione, finiremmo per non fare nulla. È molto più utile abbracciare una logica progressiva: iniziare anche se il profilo è solo “discreto”, iniziare a costruire la propria rete, condividere qualche contenuto, osservare cosa funziona, formarsi, leggere, migliorare passo dopo passo.
Un altro errore comune è quello di credere che basti inviare qualche richiesta di collegamento per vedere miracolosamente accadere qualcosa. Si creano 50 connessioni, 200 contatti, e poi ci si lamenta perché nessuna opportunità è arrivata. Il problema è che dietro quei numeri spesso manca una vera relazione. Bisognerebbe chiedersi: ho ringraziato chi ha accettato il collegamento? Ho cercato di capire perché mi ha contattato? Ho dato modo all’altra persona di conoscermi meglio?
L’atteggiamento passivo, unito alla mancata interazione, rende il proprio profilo silente. Aspettare che gli altri mettano like o commentino non ha senso, se non si è i primi a farlo con gli altri. Su LinkedIn, come nella vita, vale sempre il principio di reciprocità descritto da Robert Cialdini. Anche la simpatia gioca un ruolo importante, purché autentica e non costruita. Non significa diventare comici, ma trasmettere umanità: avere una foto profilo sorridente, rispondere con gentilezza, mostrare entusiasmo quando si entra in contatto con qualcuno.
L’autenticità è centrale. Chi si comporta in modo naturale, chi comunica senza secondi fini, ma con il desiderio di costruire relazioni reali, finisce per ottenere risultati anche commerciali, ma in modo indiretto, come conseguenza della credibilità acquisita. È tipico sentirsi dire: “sei uguale nella realtà come appari su LinkedIn”. Questo tipo di coerenza è un valore potente, perché genera fiducia.
Un altro scivolone diffuso è approcciare LinkedIn come un catalogo di vendita. Chi cerca lavoro, ad esempio, spesso commette l’errore di inviare CV a raffica ai recruiter subito dopo aver ottenuto un collegamento, senza un minimo di presentazione. È l’equivalente digitale del commerciale che consegna una brochure mentre stai bevendo un caffè. Nessuno gradisce una comunicazione così fredda e sbrigativa. Le relazioni vanno coltivate con rispetto, attenzione, e senso del contesto.
Come usare l’intelligenza artificiale per linkedin senza perdere umanità
L’intelligenza artificiale può essere un ottimo supporto nella gestione di LinkedIn, purché venga usata in modo consapevole e non impersonale. Può aiutare in tutto: dall’analisi e ottimizzazione del profilo, alla generazione di contenuti, all’individuazione delle competenze da valorizzare. Il nodo centrale è uno solo: per automatizzare bisogna prima conoscere.
Un utilizzo efficace dell’IA parte da una buona descrizione personale, anche in forma grezza. È necessario fornire input significativi: raccontare chi si è, cosa si fa, quali sono i propri obiettivi. Solo così l’IA potrà restituire un profilo ben formattato, leggibile, con un linguaggio coerente. La chiarezza iniziale nell’esprimere cosa si desidera comunicare è ciò che permette all’IA di restituire valore reale.
Può essere utile anche per fare brainstorming, ad esempio per trovare idee di contenuti da pubblicare. Anche i professionisti più esperti possono ritrovarsi con la mente bloccata davanti al “foglio bianco”. In questi casi, l’IA può suggerire spunti mirati, in linea con la buyer persona a cui ci si rivolge e con gli obiettivi prefissati.
Un altro impiego efficace è il check delle competenze: spesso si tende a dimenticarne alcune o a sottovalutarne altre. L’IA, analizzando i contenuti già pubblicati o quelli presenti sul sito web, può segnalare lacune importanti. Questo tipo di supporto aiuta a mantenere il profilo completo e competitivo, anche rispetto all’evoluzione della propria carriera nel tempo.
Strategie per chi è deluso dai risultati su Linkedin
Molti professionisti, dopo mesi o anni su LinkedIn, si scoraggiano perché non vedono arrivare opportunità concrete. In questi casi è fondamentale fare un passo indietro e avviare una revisione critica della propria presenza. Serve una vera e propria autoanalisi: chi sono? cosa voglio ottenere? che valore posso offrire?
Spesso si concentra l’attenzione sui recruiter, dimenticando che l’HR non è l’interlocutore finale. Se, ad esempio, ci si candida per una posizione nel marketing, bisogna creare contenuti che parlino di marketing, rivolti a chi già lavora nel settore, ai potenziali colleghi, ai referenti aziendali che saranno poi i reali interlocutori nel caso di un’assunzione.
Molti utenti, invece, condividono citazioni motivazionali, aforismi, post generici sulla leadership o sull’autostima, che nulla hanno a che vedere con il proprio ambito professionale. Questo tipo di contenuti può raccogliere qualche reazione, ma non costruisce una reputazione solida.
Bisogna invece chiedere referenze, da colleghi o clienti soddisfatti, e soprattutto lavorare sull’ampliamento della rete. Chi resta fermo con poche centinaia di contatti limita fortemente la portata dei propri contenuti. L’algoritmo di LinkedIn, come quelli di altri social, mostra i post inizialmente a una piccola parte della rete. Se questa interagisce, la visibilità si espande. Ma se si ha una rete limitata, le possibilità di amplificazione sono deboli fin dall’inizio.
Anche investire temporaneamente in LinkedIn Premium può offrire qualche vantaggio: permette di vedere chi ha visitato il profilo, di mandare messaggi diretti a più persone, di espandere la propria visibilità. È un investimento contenuto, ma strategico, specie nelle fasi iniziali o nei momenti di rilancio.
Occorre osservare con attenzione cosa funziona: se un post ottiene molta interazione, si può riprendere il tema in un formato diverso, o replicare lo schema su un altro argomento. L’obiettivo è sempre stimolare l’interazione, muoversi con autenticità, comportarsi online come si farebbe offline, creando un dialogo costante, fondato sulla fiducia.
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